Diverse dichiarazioni dell’OPEC indicano la volontà dell’Arabia Saudita e di altri Paesi esportatori di petrolio di ridurre la produzione; anche la Russia ha accennato ad una possibile partecipazione a iniziative congiunte volte a limitare l’offerta di greggio. Di conseguenza, i prezzi del Brent sono quasi raddoppiati dai minimi di metà gennaio 2016, superando USD 53/ barile, vale a dire il livello più alto nell’ultimo anno. La propensione al rischio sembra cambiata. Le borse di Europa, USA e Asia hanno evidenziato una tendenza al rialzo, come pure i titoli governativi a 10 anni dei mercati sviluppati, mentre è proseguita la rotazione dai settori difensivi verso quelli ciclici (banche comprese).
Nelle prossime settimane la propensione al rischio degli investitori potrebbe rimanere elevata; i prezzi del greggio sembrano destinati a salire ulteriormente e i segnali di crescita economica a rafforzarsi. Nello stesso tempo, i rischi politici resteranno un fattore importante e le tensioni nel settore bancario non dovrebbero attenuarsi nel prossimo futuro. In particolare, gli spread tra il Libor e il tasso OIS (overnight indexed swap) “risk-free” o tra il Libor a 3 mesi e il rendimento dei titoli del Tesoro americano con la stessa scadenza si sono sensibilmente ampliati. Entrambi gli spread possono fungere anche da indicatori dei rischi di credito sul mercato interbancario.
La distanza nei sondaggi fra Donald Trump (37%) e Hillary Clinton (46%) è recentemente aumentata, con il conseguente impatto sul mercato dei cambi. Il peso messicano, ad esempio, ha guadagnato quasi il 3% contro il dollaro. La sterlina si è notevolmente indebolita dopo che il Primo Ministro Theresa May ha annunciato che la Brexit sarà difficile, mentre gli effetti sulle valute dei Paesi emergenti per ora sembrano limitati, anche se lunedì, primo giorno di contrattazioni dopo la “Golden Week”, la Banca Centrale Cinese ha fissato il tasso di cambio del renminbi a RMB 6,70/USD (il livello più basso da settembre 2010).
Il mercato del lavoro USA si conferma solido, anche se in settembre non è stato all’altezza delle aspettative. I future sui Fed funds implicano pertanto un rialzo dei tassi in dicembre con una probabilità di quasi il 70%. Nell’area euro la produzione industriale ha superato le previsioni, mentre in Giappone l’obiettivo di inflazione si allontana (le attese di inflazione delle aziende nipponiche sono ulteriormente diminuite).
Negli USA la settimana prossima comincerà con la pubblicazione dell’indicatore anticipatore Empire State della Federal Reserve Bank of New York, che insieme a quello della Philly Fed (giovedì) ci fornirà una prima idea sulla situazione dell’economia americana in ottobre. Anche il Beige Book, la relazione sulla crescita USA, potrebbe fornire indicazioni interessanti (mercoledì). La produzione industriale dovrebbe aumentare e l’utilizzo della capacità rimanere stabile (lunedì). Insieme a un lieve aumento dei prezzi al consumo (martedì), tali dati potrebbero alzare ancora la probabilità di un rialzo dei tassi in dicembre. A completare il quadro, nei giorni successivi usciranno i dati aggiornati sul mercato immobiliare america
Regno Unito l’attenzione si concentrerà su inflazione e vendite al dettaglio .
In Asia sarà la Cina al centro della scena. Gli operatori di mercato prevedono una crescita reale del 6,7%, ma secondo il nostro AllianzGI GDP Tracker è più probabile un tasso intorno al 4%.
In Asia sarà la Cina al centro della scena, saranno resi noti i dati su produzione industriale, vendite al dettaglio e investimenti tecnici di settembre, e naturalmente sul PIL del terzo trimestre. Gli operatori di mercato prevedono una crescita reale del 6,7%, ma secondo i AllianzGI GDP Tracker è più probabile un tasso intorno al 4%.