Una volta le guerre si facevano con le armi; lo stato soccombente diventava una colonia di quello più forte. Poi si è passati alle guerre commerciali; l’hanno chiamata globalizzazione, ma erano gli americani che ci vendevano i loro prodotti. In un monopolio di due tipi, quello dell’innovazione e quello dalla prestazione continuata e cioè i farmaci, le armi, i software, la finanza eccetera. La testa è in America, le braccia si sono spostate nei paesi in via di sviluppo e la Cina, con i suoi due miliardi di abitanti, è diventa la principale officina del mondo. Ora siamo arrivati alla guerra finanziaria, solo che stavolta ci sono anche i cinesi che competono. Tengono lo Yuan sottovalutato per esportare i loro prodotti; gli USA stampano moneta per tenere basso il valore del dollaro. I commentatori la chiamano ‘guerra delle valute”. La conseguenza, è che i cinesi continuano a crescere con un PIL quasi a doppia cifra, e le multinazionali americane continuano a inanellare trimestrali record. Nel mezzo ci sta l’Europa, unione di paesi sovrani ma con debiti diversi e perciò prezzati diversamente dai mercati finanziari. Se da una parte la crisi dei PIIGS danneggia l’euro, dall’altra la svalutazione consente alle ditte europee che esportano, di aumentare i loro fatturati. Le ditte tedesche stanno macinando utili record, ma anche le industrie italiane globalizzate, anche per merito della situazione finanziaria attuale. Il disordine della Merkel, è funzionale al sistema economico della Germania, quindi continuerà con la sua tentennante linea pro e contro l’Europa, almeno finchè il gioco continuerà a rendere. Dal punto di vista macro, la domanda è, riusciranno i paesi in via di sviluppo a raggiungere una produzione tecnologica propria prima che i paesi sviluppati riescano ad abbassare i propri costi di produzione? Il paese Italia, intanto, soffre; Confindustria dice che l’anno prossimo entreremo in recessione con una crescita stimata per il 2012 del PIL di -1,6%. Non abbiamo né materie prime, né tecnologie, ma abbiamo tanti debiti; 1900 miliardi di euro lo stato e poi ci sono i debiti delle imprese, degli enti locali e quelli dei cittadini. Putroppo, il governo Monti, ha già cominciato a ridimensionarsi rispetto alle forti attese, che aveva creato non più tardi di pochi giorni fa. E’ cominciato il logorio ai fianchi del governo da parte dei partiti, che poi detengono i numeri per votare i provvedimenti, da parte dei sindacati che detengono il monopolio del mondo del lavoro, da parte delle lobby che hanno altri poteri. Speriamo almeno, che abbiano il buon senso di lasciarlo fare per un po’, perché se c’è un paese che ha bisogno di forti riforme questo è l’Italia, e se il Bel paese va a picco trascinerà con sè anche questi politici, questi sindacati e queste lobby.