Un detto spagnolo recita “la primavera la sangre altera”, che tradotto letteralmente significa “la primavera il sangue ti fa ribollire”.
La Catalogna, che ovviamente non è solo una verdura, ha chiesto più aiuti dello Stato, per pagare i propri debiti. La regione, che vale circa il 18% del Pil nazionale, ha 13 miliardi di euro di debito pubblico da rifinanziare, oltre al deficit.
Nonostante gestisca il 50% dell’Irpef, il 50% dell’Iva ed il 60% delle imposte speciali raccolti a livello nazionale, ha un debito di oltre 30 miliardi di euro.Il quotidiano La Vanguardia di Barcellona ha calcolato che il debito regionale è aumentato del 244% negli ultimi 14 anni. La notizia, che di per sé è già corposa visto che la Catalogna è una delle regioni più ricche della Spagna e le attività economiche del paese hanno il loro baricentro nella città di Barcellona, ci interessa perché evidenzia, in tutta la sua drammaticità, il problema dei costi delle strutture statali locali, siano esse regioni o comuni.
Il presidente della Generalitat, Artur Mas, ha sottolineato la delicata posizione della tesoreria e ha richiesto al Governo un aiuto per affrontare il debito in essere e i pagamenti dovuti ogni mese. Non che ci siano pericoli di default, ma c’è un problema di rifinanziamento e “non ci interessa come il governo trova i soldi, ma ci serve per i pagamenti di fine mese. La nostra economia non può recuperare se non paghiamo le fatture”. Se finora, le analisi economiche sono state focalizzate sul debito sovrano degli stati, poco si è detto sui debiti degli enti locali, che sono proporzionali a quelli degli stati.
La Spagna, a differenza dell’Italia, era già intervenuta con una riduzione media delle retribuzioni statali del 5% nel 2010, seguita da un congelamento nel 2011. Ma in Spagna la bolla immobiliare è già scoppiata, e la situazione è cupa; le banche spagnole stanno discutendo sulla creazione di una “bad bank”, dove infilare gli asset tossici, per alleviare la pressione sul settore finanziario del paese.
La settimana della passione spagnola prosegue con Bankia, la quarta maggior banca iberica che detiene circa il 10% del totale dei depositi del paese, ora ha chiesto aiuto al governo per 19 miliardi di euro (il doppio di quanto annunciato dal Ministro delle Finanze per affrontare le perdite che hanno causato il settore immobiliare, e circa 4 volte tanto il governo gli aveva già concesso non più tardi di poche settimane fa, nazionalizzandola). Bankia ha anche corretto i suoi conti precedenti, annunciando che nel 2011 ha avuto una perdita di 3 miliardi, al posto del guadagno dichiarato in precedenza.
E le agenzie di rating hanno abbassato il giudizio di affidabilità di cinque banche spagnole, in un rapporto che dipinge prospettive poco rosee, per l’economia iberica, passando a Junk (spazzatura) il giudizio sul debito dell’istituto di credito nato dalla fusione di sette banche regionali in difficoltà.
E’ vero che l’attenzione dei Leader dell’Europa si è finalmente spostata sulla crescita (l’altro misuratore del rapporto Debito/Pil) ma se non si interviene sulle rigide regole di Basilea, che hanno messo fuorigioco il credito delle banche e sul Fiscal Compact, che ipotizza parametri assurdi per paesi super indebitati come l’Italia, l’unica soluzione pare sia quella di continuare con la finanza perché il sistema è completamente indebitato.
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