A fine 2012, contratti per 388 miliardi di dollari contro il rischio fallimento del debito italiano
La settimana scorsa, il Tesoro ha effettuato un’asta BOT da record, con domanda in aumento e tassi in deciso calo, arrivando al minimo storico dello 0,243% per il titolo trimestrale, con una flessione dello 0,765%, rispetto all’ultima asta del 10 ottobre ed ormai incredibilmente prossimo al tasso Euribor a tre mesi dello 0,21%, nonché ha riportato la scadenza annuale sotto la soglia dell’1%.
Un abbassamento davvero impressionante, considerando la perdurante incertezza nazionale e ciò è stato giustificato fondamentalmente da un movimento di capitali provenienti dall’estero e causato dall’annuncio monster di qualitative & quantitative easing fatto dalla banca del Giappone.
Seppur l’effetto giapponese possa spiegare buona parte dei recenti movimenti sui mercati obbligazionari e non solo, in quanto gli investitori/speculatori non trovano più interesse nei bassi rendimenti del mercato obbligazionario nipponico in un contesto di forzata svalutazione dello yen e di reflazione annunciata, appare evidente che l’entrata in circolo della “nuova droga” finanziaria, sconvolga ulteriormente gli equilibri, portando euforia anche ai paesi europei “periferici” che, a dispetto del rischio strutturale delle loro economie, stanno godendo questo momento di puro “sballo”. Una situazione però che, per un buon contrarian investor, potrebbe rappresentare più un’occasione di alleggerimento delle posizioni piuttosto che di incremento delle stesse, siccome il debito sovrano del nostro paese, di quello spagnolo o di quello francese potrebbero essere nuovamente nei radar della speculazione, almeno osservano l’ammontare raggiunto dai Credit Default Swap sui debiti di tali stati.
L’allegata tabella, estratta dall’appena pubblicato “Global Financial Stability Report” del Fondo Monetario Internazionale, evidenzia il primato mondiale detenuto dall’Italia in merito al debito su cui sono stati sottoscritti più CDS, volgarmente definiti assicurazioni contro il fallimento, con ben 388 miliardi di dollari a fine 2012, un incremento di quasi il 150% rispetto al 2008.
Ovviamente un ammontare così elevato è anche da mettere in relazione alla dimensione del debito nazionale, ormai superiore ai 2.000 miliardi di euro ma evidenzia pur sempre l’indicazione di un trend, ovvero che chi compra il nostro debito sta nella migliore delle ipotesi abbinando un crescente numero di contratti contro eventuali rischi di default, oppure potrebbe rilevare l’aumento degli “avvoltoi”, e quindi di coloro che tramite questi contratti vogliono speculare sulle oscillazioni dei bond. Un’ipotesi non così impudente o stravagante, in quanto dal report dell’Fmi, emerge come la volatilità dei credit default swap italiani ha un maggiore effetto di incrementare “artificialmente” il costo del finanziamento sovrano del nostro paese. L’eccezione “anomala” dell’Italia, rispetto a quanto riscontrato nell’analisi delle altre principali economie avanzate non dovrebbe perciò essere sottovalutata. Mentre per quanto riguarda gli altri paesi della graduatoria complessiva, è da non prendere alla leggera il terzo posto della Francia. Una medaglia di bronzo che sta portando gli addetti ai lavori ad utilizzare un nuovo acronimo nel domino della crisi dell’euro, dal famigerato “PIIGS” (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) al più recente “FISH” (Francia, Italia, Spagna, Olanda). Il peggioramento dei bilanci della Francia e della meno “chiacchierata” Olanda, causati sia dalla perdurante crisi economica sia dai rilevanti sostegni ai loro sistemi bancari, stanno facendo alzare le antenne a non pochi investitori internazionali, speculatori inclusi. La quiete che l’effetto Giappone ha portato ai bond periferici, a così poca distanza dal caso Cipro, potrebbe quindi essere più effimera di quanto molti auspicano, almeno osservando l’enorme stock di credit default swap.
L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari.
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