Secondo un’analisi di Hugh su Economonitor, l’uscita della Grecia potrebbe essere imminente.
Sembra che la tragedia greca si stia oramai avvicinando all’ultimo atto. Gli ammonimenti arrivati da Berlino durante tutta la settimana sono difficili da ignorare: “La Grecia o sopporta o va fuori” sembrerebbe essere lo schietto messaggio.
Solo ieri, il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble ha informato i membri della Commssione parlamentare del bilancio che la Grecia ora si trova “filo del rasoio”. Questo segue suggerimenti di altri leaders politici tedeschi (tra cui Angela Merkel stessa) che un’uscita della Grecia dall’euro non è più quell’impensabile tabù che è stato finora.
Se la Grecia non soddisfa le condizioni che ha accettato, valutate dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Centrale Europea e dalla Commissione Europea, allora i pagamenti si fermeranno, ha detto Wolfgang Schäuble alla radio Deutschlandfunk durante l’intervista di oggi. “Poi la Grecia dovrà vedere come fare a ottenere l’accesso ai mercati finanziari senza l’aiuto dell’eurozona”, ha detto. “Questo è il problema della Grecia.” Mr. Schäuble ha fatto notare, tuttavia, che allo stato attuale non esiste un meccanismo legale per espellere un paese della zona euro.
Il fatto che un meccanismo di espulsione attualmente non esista non significa che non può essere creato, possibilità sostenuto esplicitamente questa settimana dal Primo Ministro Olandese Mark Rutte, in un articolo sul Financial Times.
Tutte queste pesanti affermazioni si inquadrano, ovviamente, nell’improvvisa sospensione della revisione del programma trimestrale da parte dei rappresentanti della Troika (FMI, BCE, Commissione, ndt), alla fine della scorsa settimana. Il messaggio che viene trasmesso all’amministrazione Greca è che per Lunedi prossimo, quando riprenderanno le discussioni sulla revisione del programma, dovranno aver mantenuto gli impegni.
Naturalmente, la cosa più facile da pensare è che tutto questo è semplicemente un attacco di retorica per cercare di costringere il governo greco ad allinearsi. Ma c’è un altro problema incombente che potrebbe anche rischiare di sconvolgere le carte sul tavolo, ed è il bond swap che costituisce il nucleo del coinvolgimento del settore privato (PSI), incluso nel secondo programma di salvataggio della Grecia dietro l’insistenza della Merkel.
Una delle caratteristiche poco discusse di questo swap, che coinvolge circa 135 miliardi di euro di debito greco, è l’effetto che avrà sul quadro normativo che disciplina le obbligazioni greche. Allo stato attuale, circa il 90 per cento di tali obbligazioni sono regolate dalla legge Greca, uno stato di cose che evidentemente darebbe un certo vantaggio alle autorità greche se mai dovesse esserci un hard default.
Stando a come l’ha messa Lee Buchheit, avvocato sui debiti da lunga data (e attuale consigliere del governo Greco) in un documento del 2010 sulla ristrutturazione del debito Greco: “Nessun paese debitore nella storia moderna è stato in grado di incidere in modo significativo sull’esito di una ristrutturazione del debito sovrano cambiando qualche aspetto della legge che regola la maggior parte degli strumenti. “
Detto questo, è difficile capire perché qualcuno che si trova in una posizione unica e favorevole di fronte alla possibilità, anzi alla probabilità, di un atterraggio duro, dovrebbe volontariamente rinunciarci. Eppure è proprio questo quello che accadrà se lo swap bond del PSI va avanti, dal momento che i nuovi titoli saranno regolati dal diritto internazionale e non dalla legge Greca.
Tutto questo spiega perché io personalmente non sono rimasto sorpreso dalla dichiarazione odierna del capo economista dell’OCSE Pier Carlo Padoan, che il piano non ha funzionato come previsto, dal momento che vi è stato solo un 75 per cento di sotttoscrizioni. Il governo greco, in una lettera inviata ai Ministri delle Finanze alla fine di agosto, ha fissato un minimo del 90 per cento di partecipazione come condizione per procedere. In teoria il termine per rispondere sarebbe domani (9 settembre), ma tale è il disordine che regna oggi ad Atene, e anche nella sede dell’Ufficio del debito pubblico, che anche questo non è più molto chiaro. Secondo un rapporto del corrispondente in Grecia di Reuters, la data di accettazione sarebbe rinviata, ma poi più tardi nel pomeriggio il corrispondente stesso è uscito con questa storia, che suggerisce chiaramente che l’intenzione è quella di mantenere i termini, anche se si stima che solo il 70% degli obbligazionisti hanno risposto positivamente: secondo una fonte interna che vuole restare anonima “Il 9 settembre resta il termine ultimo, ed è molto probabile che l’ultimo giorno si possa avere una maggiore percentuale di risposte, dato che i possessori di obbligazioni si affretteranno,”
Se il PSI cade, cadrà anche il secondo piano di salvataggio, e, a giudicare dallo stato d’animo prevalente nel Nord Europa al momento, sembra improbabile che tutte le parti siano nello stato d’animo di rimettersi da capo al tavolo a fare nuovi programmi. Così, quando gli ispettori della Troika saranno sull’aereo per tornare ad Atene, non è difficile immaginare che avranno nella mente ben più che lo squilibrio di bilancio implicato dal previsto calo del 7,3 per cento del PIL Greco del secondo trimestre.
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