Entro la metà di ottobre si riuniranno a Parigi i ministri finanziari del G20 per verificare l’approvazione del nuovo capitale in dotazione all’EFSF (lo European Financial Stability Facility) da parte dei 17 Governi nazionali appartenenti all’area euro. I leader europei avevano, infatti, approvato lo scorso 21 luglio un innalzamento delle garanzie governative godute dall’EFSF da 440 a 780 miliardi di euro. Ciascun Parlamento nazionale appartenente alla zona euro avrebbe dovuto approvare quanto prima l’azione dei rispettivi Governi, nell’ottica di un rafforzamento della capacità finanziaria del cosi detto “fondo salva Stati”. La quota di partecipazione di ciascun Paese dell’area euro sarebbe rimasta inalterata e pari alla percentuale di partecipazione nel capitale della Banca Centrale Europea. Questo percorso legislativo europeo si presentava relativamente agevole in quanto il perdurare della crisi dell’area euro determinava la necessità di provvedimenti forti e condivisi. I paesi che mostravano le resistenze maggiori erano due Stati della zona euro con rating tripla A, ovvero Germania e Finlandia. Entrambi i parlamenti hanno tuttavia approvato l’accrescimento della propria quota di fondo di garanzia nel corso dell’ultima settimana di settembre. Nei prossimi giorni i parlamenti nazionali che non hanno ancora ratificato l’incremento della propria quota contributiva dovranno affrettarsi a farlo.La prima versione dell’EFSF, datata maggio 2010, combinava una capacità di credito di 750 miliardi provenienti da tre fonti diverse. 60 miliardi erano garantiti direttamente dalla Commissione Europea, 250 miliardi dal Fondo Monetario Internazionale e 440 miliardi dai 17 Governi dell’area Euro. La struttura giuridica dell’EFSF è quindi quella di una società in cui i Governi europei sono azionisti con una responsabilità limitata al capitale versato (sotto forma di fondi di garanzia). Il merito di credito del fondo salva Stati è stato valutato come il massimo possibile, pari ad una tripla A. Gli interventi dell’EFSF, a partire dalla sua nascita, sono stati tre. Due a favore del Portogallo, per complessivi 5,9 miliardi ed uno a favore dell’Irlanda per 3,6 miliardi. Tutte queste operazioni di prestito sono state concluse nel corso della prima metà del 2011 e hanno garantito ai paesi membri beneficiari tassi d’interesse privilegiati rispetto a quelli che avrebbero dovuto pagare sui mercati finanziari. Tuttavia, la crisi del debito greco non è stata affrontata con le risorse dell’EFSF. I 110 miliardi previsti per il Paese ellenico nella primavera del 2010 e i successivi 109 del luglio 2011 rientrano infatti in un piano di aiuti parallelo all’attività del fondo salva Stati.Nonostante le emissioni obbligazionarie dell’EFSF siano state solo tre per complessivi 13 miliardi di euro, le tensioni sui mercati finanziari hanno spinto i leader europei, in accordo con il G20, ad un aumento massiccio della dotazione finanziaria dell’EFSF che ha portato agli accordi del 21 luglio scorso. L’obiettivo dichiarato di questa decisione è creare un paracadute di dimensioni adeguate per eventuali interventi futuri. Dal dibattito del G20 del 26 settembre è stato ipotizzato che in futuro il fondo salva Stati possa essere spinto su cifre ben superiori. Un nuovo possibile restyling dell’istituzione potrebbe prevedere una capacita di credito fino a 3.000 miliardi di euro. Tra le nuove prerogative dell’EFSF c’è anche la possibilità di comprare titoli di Stato sul mercato secondario, in linea con quanto fatto dalla BCE nelle ultime settimane. La reazione dei mercati finanziari di fronte a queste ipotesi è stata estremamente positiva. I grandi investitori internazionali sono tornati a comprare titoli denominati in euro.La sensazione di fiducia ritrovata nei confronti dei paesi europei è il risultato di una valutazione positiva sia sul volume del potenziale intervento, ampliato dal così detto effetto leva, sia sulle nuove modalità operative ipotizzate dai leader del G20. Nuove ombre però sono apparse in seguito all’analisi delle ripercussioni che il nuovo assetto del fondo potrebbe avere sugli Stati garanti. Due sono gli aspetti particolarmente rilevanti. I paesi con rating tripla A potrebbero subire un downgrade proprio a causa del loro massiccio impiego di risorse verso l’EFSF. Inoltre, alcuni degli Stati garanti (Italia e Spagna) sono essi stessi paesi in difficoltà finanziarie. I mercati finanziari continueranno a giudicare l’azione dei leader europei di fronte ad ogni notizia resa loro disponibile. La nostra speranza è che nelle prossime settimane non ci siano condanne definitive per nessuno dei paesi che condividono la nostra stessa moneta.
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