IL Quantitative Easing della BCE

Il declassamento del debito sovrano della Francia e di altri otto paesi della zona euro operato da S&P ha catturato l’attenzione della stampa, ma la decisione adottata a dicembre dalla Banca Centrale Europea (BCE) di impegnarsi in operazioni di rifinanziamento a lungo termine (LTRO), è probabilmente più importante per i mercati. E questo perché segna una vera e propria

svolta nella crisi dell’area Euro. La crisi finanziaria nell’area Euro presenta tre componenti principali: 1. debito eccessivo nei settori immobiliare e corporate per diversi paesi membri, 2. debito eccessivo a livello nazionale 3. crisi della liquidità tra le banche La decisione adottata dalla BCE a dicembre non interessa le prime due componenti, ma solo la crisi bancaria. I bilanci delle banche dell’area Euro presentano una caratteristica chiave, ossia si fondano su una serie di prestiti e titoli pesantemente dipendente da finanziamenti non sottoforma di deposito, vale a dire assunzioni di prestiti sui mercati monetari a breve termine dei segmenti all’ingrosso e assunzioni di prestiti mediante emissione di debito a lungo termine. Accettando di assumere una gamma di garanzie più ampia e di minor qualità in cambio dei finanziamenti triennali, la BCE ha effettivamente smorzato gran parte delle preoccupazioni concernenti i mercati monetari a breve termine. E’ per questo che la curva dei rendimenti italiani si è invertita nel corso delle ultime due settimane, divenendo positiva a breve termine. Che queste operazioni rientrino nella definizione di Quantitative Easing è una questione di pura semantica. Il punto fondamentale è che gli acquisti o la concessione di prestiti su larga scala – in questo caso prestiti triennali per un importo pari a 497 miliardi di euro – tendono a ridurre i tassi di interesse del mercato e a incoraggiare le banche a concedere maggiori prestiti. Tuttavia, le LTRO triennali della BCE non tengono conto di tutti gli aspetti della crisi. In primo luogo, non pongono rimedio al problema delle famiglie sovra-indebitate o dei costruttori edili in forte crisi in Spagna, Portogallo e Irlanda. In secondo luogo, non risolvono il problema dell’eccessivo debito sovrano di paesi quali la Grecia o l’Italia. Tutte queste entità continuano a dover tagliare le loro spese e a dover sanare i loro bilanci. Ciò che le LTRO della BCE fanno è consentire alle banche di finanziarsi esse stesse in modo da non essere obbligate all’insolvenza immediata e a liquidare prestiti e titoli con perdite notevoli. Tuttavia hanno ancora molto da fare. In primo luogo, raccogliere capitali. In novembre l’EBA ha chiesto alle banche di raccogliere 115 miliardi di euro entro il mese di giugno del 2012. Il crollo registrato la scorsa settimana dal prezzo delle azioni di UniCredit, la maggiore banca italiana, dimostra quanto possa essere complicato il processo di raccolta di capitali nei prossimi mesi. In secondo luogo, le banche dell’area Euro avranno quasi certamente la necessità di ridurre la dimensione dei portafogli in essere di prestiti e titoli per aumentare ulteriormente la loro solidità patrimoniale. Al contrario delle banche statunitensi e del Regno Unito che hanno ridotto sia le concessioni di prestiti che i finanziamenti interbancari sull’onda della crisi di Lehman. Tocca ora all’Europa affrontare la stretta del credito. Nelle prossime settimane è prevedibile un’ulteriore flessione dell’euro, mentre la stretta creditizia rimarrà immutata, il che intensificherà la recessione dell’area Euro. Le banche hanno beneficiato di un sollievo momentaneo grazie alla BCE, ma non possono dire di essersi lasciate la crisi alle spalle.

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