All’inizio dell’ultimo trimestre del 2018, lo scenario macroeconomico globale rimane relativamente stabile. Il flusso di indicatori di attività economica è coerente con un ritmo annuo di crescita intorno al 3%, in linea con i livelli prevalenti nella prima parte dell’anno. La divergenza geografica si è ulteriormente accentuata e l’eccezionalità della crescita USA (superiore ad un ritmo annuo del 3% per 3 trimestri consecutivi) si dovrebbe confermare anche nell’ultima parte dell’anno. In linea con le attese, invece, il rallentamento dell’attività economica in Cina è accelerato nel terzo trimestre, inducendo il Governo ad intensificare le misure di stimolo macroeconomico, sia monetarie che fiscali. Le prospettive di crescita nei Paesi Emergenti hanno continuato a deteriorarsi, con la contrazione delle economie di Turchia e Argentina. Infine, non ci sono segnali di recupero per l’Eurozona, sulla quale pesa sia la debolezza importata dai Paesi Emergenti che il recente stress finanziario in Italia.
L’inflazione globale è ai massimi dal 2014 e raggiungerà probabilmente il 3% entro la fine dell’anno, complice anche il recente rialzo dei prezzi del petrolio. Nei Paesi Sviluppati le pressioni inflazionistiche cominciano a manifestarsi anche a livello salariale, grazie alla generale discesa della disoccupazione. La combinazione di posizione nel ciclo economico, divergenza di crescita e velocità di convergenza ai target d’inflazione determina una vistosa divergenza di politica monetaria. Gli USA si avviano ad essere l’unico Paese Sviluppato con politica monetaria esplicitamente restrittiva, mentre Eurozona e Giappone sono in una fase molto più arretrata di normalizzazione. Nei Paesi Emergenti le Banche Centrali stanno alzando i tassi d’interesse (ad eccezione della Cina) per fronteggiare l’inflazione importata dalla svalutazione dei cambi, anche se la crescita economica è inferiore al potenziale.
Nonostante la relativa stabilità dello scenario macroeconomico, il rapporto tra fattori di rischio è al ribasso. La restrizione delle condizioni finanziarie continuerà a mantenere sotto pressione le economie Emergenti, ma gli effetti inizieranno a farsi sentire anche negli USA, dove l’effetto positivo dello stimolo fiscale si esaurirà nel corso del 2019. La probabile vittoria della maggioranza alla Camera dei Rappresentanti da parte dei Democratici alle elezioni di medio termine di novembre implica che sul fronte fiscale nel 2019 solo un aumento della spesa in infrastrutture o per la difesa ha chance ragionevoli di essere approvato. D’altro canto l’attivismo della Casa Bianca in rimarrà elevato e destabilizzante in quegli ambiti che non richiedono il coinvolgimento del Congresso, come la politica estera e commerciale. Proprio sul fronte commerciale, tuttavia, si registra un approccio più diversificato da parte della Presidenza Trump: la retorica protezionistica è ora più aggressivamente focalizzata nei confronti della Cina, mentre l’atteggiamento verso gli altri Paesi Sviluppati ed il Messico sembra più accomodante. Mentre la probabilità che nel corso del 2019 la totalità delle importazioni dalla Cina siano sottoposte a dazio, la prospettiva di dazi sulle importazioni di auto sembra perdere vigore.
Un’eventuale variazione dello scenario dipende strettamente dall’andamento dell’economia cinese. Di fronte all’intensificarsi dei rischi al ribasso legati alla restrizione importata delle condizioni finanziarie ed al protezionismo USA, la politica economica cinese sta diventando chiaramente più espansiva ed i primi segnali di miglioramento dell’attività economica dovrebbero comparire nel corso del quarto trimestre, a partire dalla spesa per infrastrutture. Questa dinamica sarà rilevante anche per l’Europa, che sembra particolarmente danneggiata dal rallentamento dei Paesi Emergenti.
La correzione che sta colpendo gli asset rischiosi sembra simile a quella di febbraio, innescata dal rialzo dei rendimenti dei Treasuries USA, e rimane coerente con una dinamica di fine ciclo, con maggiore volatilità e crescente probabilità di correzioni. Poiché i principali indicatori, come quelli del mercato del lavoro e l’inclinazione della curva dei rendimenti, non segnalano rischio di recessione imminente, non riteniamo opportuno alleggerire aggressivamente il posizionamento sugli asset rischiosi in queste condizioni di mercato. La tenuta dei dati macroeconomici e degli utili aziendali nel corso del quarto trimestre sarà cruciale per convalidare questo scenario, come avvenuto già in febbraio.
Manteniamo la view neutrale sull’equity dei Paesi Sviluppati e la preferenza relativa rispetto all’equity dei Paesi Emergenti ed una view positiva sul credito corporate, concentrata sull’high yield. Qualora, tuttavia, il differenziale di crescita dovesse iniziare a ruotare a sfavore degli USA, soprattutto come conseguenza delle iniziative di policy in Cina o di picco ciclico degli utili aziendali, un’inversione dei macro-trend quali la sovraperformance degli asset USA o dello stile «growth» rispetto a quello «value», diventerebbe più probabile.
Manteniamo la view negativa sulla duration, poiché i rischi di surriscaldamento dell’economia USA e politica monetaria più restrittiva possono facilmente spingere il rendimento dei Treasuries decennali a testare quota 3,5%. In Europa il rendimento del Bund sembra eccessivamente compresso dalla ricerca di beni rifugio dallo stress italiano. La parte breve della curva USA è invece attraente, tanto più in abbinamento con la view neutrale sul US$. I mercati sono stati colti di sorpresa dalla proposta di budget 2019 eccessivamente espansiva del Governo italiano e gli asset italiani rischiano ora di rimanere sotto pressione fino a quando la tensione sui mercati non costringerà il Governo ad adottare una retorica più accomodante.
I Paesi Emergenti non sono all’epicentro dell’attuale fase di stress e le asset class del debito stanno sovraperformando quelle dei Paesi Sviluppati, ma questo sembra dovuto in gran parte al venir meno dei fattori di rischio idiosincratico che avevano alimentato ampi premi per il rischio politico piuttosto che ad un cambio di trend macro. Per tale motivo manteniamo la view negativa sull’equity dei Paesi Emergenti, che è quella che maggiormente riflette i fattori di rischio al ribasso per lo scenario macroeconomico, ma positiva sul debito in valuta forte; sul debito in valuta locale l’approccio sta diventando selettivamente più costruttivo, in particolare sull’America Latina.
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