Il punto sui mercati

Viticoltura-biologica-giovedi-il-punto-alla-Fondazione-Mach_popup Prosegue la fase di risk-off sui mercati finanziari: l’indice S&P500, dopo avere chiuso gennaio con una performance negativa del 3.6% (il peggior avvio d’anno dal 2009), ha inaugurato il nuovo mese con il maggiore ribasso giornaliero dallo scorso giugno e con la rottura della significativa area 1770. Alle tensioni sui Paesi Emergenti si sono aggiunte alcune rilevazioni non particolarmente brillanti sull’economia americana: l’ultima ieri, con l’ISM Manufacturing in calo da 57 a 51.3, nettamente al di sotto delle aspettative.

In realtà, un avvio d’anno cauto dell’economia non costituisce una grossa sorpresa considerato da un lato l’ottima crescita registrata nel 4Q che aveva ricevuto un importante contributo dalla componente scorte, dall’altro le avverse condizioni climatiche che hanno caratterizzato gli Stati Uniti in queste prime settimane del 2014 (nella parte est del paese è stato registrato uno dei dieci inverni più freddi di sempre). Un certo rallentamento in atto non dovrebbe quindi minare le aspettative di crescita sull’intero esercizio, anche perché a livello globale l’indice PMI di gennaio (52.9) si è confermato sui livelli di dicembre, il massimo degli ultimi due anni e mezzo (sostenuto soprattutto da Europa e Giappone). A questo riguardo è da seguire con particolare attenzione l’andamento dei Bond governativi: infatti, se è positivo che con l’avvio del tapering non si sia andati incontro ad un rialzo disordinato dei rendimenti, un ribasso dei tassi prolungato, che vada al di là di un semplice fase di flight-to-quality, potrebbe avere un valore segnaletico non positivo sull’effettivo stato dell’economia (da monitorare l’area 2.5% del rendimento del decennale americano).

Per il momento la correzione sui mercati azionari non allarma, tanto più se si considera il rialzo che ha caratterizzato la seconda parte del 2013 e gli elevati livelli di sentiment raggiunti alla fine dell’anno scorso. Lo strategist Ed Yardeni ha definito il movimento di ribasso in atto una “typical valuation correction”, che si trasforma in un “bear market” solo nel caso in cui si verifichi un calo degli utili per effetto di una recessione. Allo stato delle cose non vi sono le condizioni per una contrazione degli utili, anche se sinora la earning season non è stata eccezionale e negli Stati Uniti, in scia alle prudenti guidance aziendali, le attese sul 1Q 2014 sono state riviste al ribasso, riducendo la crescita ad un +3.5%.

Tornando all’indice azionario di riferimento, cioè lo S&P500, l’area 1700 continua a rappresentare un potenziale punto di arrivo del movimento correttivo in atto:

– rappresenta la parte bassa del canale ascendente;

– coincide con un supporto statico e con la media a 200 gg;

– rappresenta un ribasso di circa l’8% dai massimi, in linea con l’entità di altre correzioni registrate nel movimento di rialzo degli ultimi anni.

Il comportamento del mercato su questa area andrà pertanto seguito con attenzione considerato che può costituire un livello attraente per aumentare l’esposizione al comparto azionario.

– permangono le aspettative di un miglioramento della crescita economica nel corso dell’anno;

– le politiche monetarie resteranno fortemente espansive, tanto più con lo scenario di prolungata bassa inflazione che si sta profilando;

Al momento il principale rischio alla visione costruttiva sull’azionario resta l’evoluzione dei Paesi emergenti, non tanto per l’eventuale rallentamento dell’economia, ma per i potenziali effetti di una eventuale crisi del sistema finanziario/bancario. Il fatto che i timori di contagio abbiano portato ad evitare il primo default di un prodotto di Wealth Management cinese da 500 mln evidenzia da un lato l’attenzione delle autorità sull’evoluzione del quadro economico-finanziario, dall’altro la fragilità che ancora caratterizza il sistema finanziario del Paese. In positivo da segnalare che l’accentuazione della correzione sulle Borse dei paesi sviluppati non ha portato ad una ulteriore accelerazione disordinata del ribasso sugli assets dei Paesi emergenti.

Fermo restando che su questi ultimi resta opportuna una certa prudenza considerato che: in alcuni paesi sono peggiorati i fondamentali, permangono rischi di rallentamento dell’economia cinese e, soprattutto, l’esposizione degli investitori è ancora alta, con conseguente rischio di fuoriuscita di capitali.

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