Il punto sui mercati

 La continua escalation delle tensioni commerciali tra USA e Cina e l’esplosione di rischi idiosincratici in Turchia e Italia hanno prodotto due settimane molto turbolente per i mercati finanziari. Lo stress sui mercati è connesso principalmente ai seguenti fattori, che sono almeno in parte correlati tra di loro:

  • La fase di crescita economica globale non sincronizzata iniziata nel primo trimestre del 2018 sembra destinata a durare più del previsto, con il ruolo di leadership dell’economia USA che si sta consolidando mentre i rischi al ribasso si affollano per il resto del mondo. Anche se il flusso di dati macroeconomici USA non è uniformemente positivo e qua e là emergono segnali di inquietudine degli operatori economici per le politiche commerciali dell’amministrazione Trump, i dati sono coerenti con una crescita annualizzata del PIL nel terzo trimestre superiore al 3%, il doppio del potenziale e non lontano dal record del 4,1% del secondo trimestre. In linea con questo scenario, gli investitori continuano a prezzare due rialzi dei tassi della Fed per quest’anno (al 100% quello di settembre, al 70% quello di dicembre), con conseguente nuovo appiattimento della curva dei rendimenti. Al contrario degli USA, in Eurozona non vi sono segnali particolari di miglioramento, nonostante la crescita del PIL sia stata rivista al rialzo per il secondo trimestre da +0,3% trimestrale a +0,4%. Infine le situazioni di rischio idiosincratico e la restrizione generalizzata delle condizioni finanziarie implicano probabilmente che le revisioni al ribasso della crescita nei Paesi Emergenti saranno destinate ad intensificarsi nei prossimi mesi.
  • Le tensioni commerciali tra USA e Cina rimarranno elevate, soprattutto con l’entrata nel vivo della campagna per le elezioni di medio termine USA di novembre. Nel frattempo, la batteria di dati di attività reale in Cina per il mese di luglio è stata uniformemente inferiore alle attese, segnalando un ripiegamento della crescita potenzialmente più rapido del previsto dal ritmo del 6,7/6,8% annuo del primo semestre, con gli effetti dei recenti stimoli di politica economica che non si dispiegheranno pienamente prima del quarto trimestre.
  • Una serie di scelte mal calibrate di politica monetaria (mancato rialzo dei tassi all’ultima riunione della Banca Centrale) ed estera (crisi diplomatica con gli Stati Uniti che ha portato a sanzioni e dazi USA) sta spingendo la Turchia sempre più vicina ad una crisi della bilancia dei pagamenti, con gli asset turchi (Borsa, debito sovrano, Borsa di Istanbul) in caduta libera nelle prime due settimane di agosto e ampi segnali di contagio sugli asset degli altri Paesi Emergenti e su quelli europei. Le recenti iniziative del Governo hanno fermato la spirale al ribasso ma, trattandosi principalmente di misure tecniche che hanno costretto gli investitori esteri a coprire le posizioni ribassiste, difficilmente produrranno effetti durature. Per essere arrestata, la crisi richiede verosimilmente un piano di risanamento macroeconomico con una combinazione di restrizione monetaria, restrizione fiscale e supporto pubblico per il sistema finanziario, che avrebbe come conseguenza una profonda recessione economica: un “hard landing” simile a quello della Russia e del Brasile del 2015/2016 piuttosto che al “soft landing” gestito dall’India (2013/2014) e dall’Indonesia (2013/2015). La situazione è resa più complicata dall’ostilità del Governo ad aumentare dei tassi d’interesse (anche se la Banca Centrale li sta di fatto organizzando, avendo costretto le banche a finanziarsi al tasso “overnight lending” al 19,75% piuttosto che al tasso ufficiale del 17,25%) e dall’elevato costo politico per il Governo di Erdogan nel richiedere supporto al Fondo Monetario Internazionale.
  • Infine, le prime settimane di agosto hanno visto il ritorno del premio per il rischio politico italiano, con lo spread BTP-Bund che è tornato a testare i massimi dalla crisi politica di maggio, in area 280 bp. I mercati finanziari avevano già iniziato a mostrare cautela sull’Italia a seguito dell’orientamento abbastanza evidente del Governo di adottare nel negoziato con l’Unione Europea sul budget 2019 la stessa strategia implementata con successo sull’immigrazione. La catastrofe del crollo del ponte autostradale di Genova sembra aver accelerato il processo, poiché il Governo è stato rapido a puntare sull’esigenza di aumentare la spesa in infrastrutture per aver maggior margine di manovra sui target di bilancio. Se l’Unione Europea in passato ha concesso ampie deroghe al raggiungimento dei target fiscali, queste erano generalmente legate a negoziati costruttivi con una retorica conciliante ed alla buona fede dei Governi negli impegni di lungo termine, tutti elementi che nel caso del Governo italiano non sono per il momento scontati.

Se la dinamica di mercato è stata chiaramente improntata all’avversione al rischio, come mostra il generalizzato aumento della volatilità e la discesa del rendimento del Treasury decennale americano verso il 2,8% e di quello del Bund tedesco verso i minimi dell’anno allo 0,30%, l’interazione di questi elementi sta producendo una significativa dispersione delle performance. In particolare gli asset USA continuano a sovraperformare, sia a livello di equity che di credito, riflettendo la solida crescita degli utili aziendali (+25% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente), il flusso di dati macroeconomici ed un generale isolamento dalle fonti di stress idiosincratico e dai timori di rallentamento dell’economia globale. Nonostante un picco del VIX oltre quota 16 rapidamente ritracciato, l’S&P 500 è a meno dell’1% dai massimi storici di gennaio, seguendo quindi abbastanza fedelmente lo scenario di mercato di fine ciclo in cui l’aumento della volatilità e la maggior frequenza delle fasi di correzione non impediscono necessariamente il proseguimento della fase positiva, almeno fino all’imminenza della prossima recessione. Sul credito corporate, mentre negli Stati Uniti l’avversione al rischio ha pesato maggiormente sul comparto high yield rispetto a quello investment grade, in Europa è avvenuto il contrario, con l’investment grade colpito dalle vicende idiosincratiche negative di due emittenti come l’italiana Atlantia (dopo la catastrofe di Genova) e la tedesca Bayer (rischio di cause legali miliardarie per i pesticidi della neo acquisita Monsanto). Il contagio dalla Turchia e l’aumento del premio per il rischio politico italiano stanno pesando sugli asset europei, come equity ed Euro, mentre l’avversione al rischio sta colpendo più duramente gli asset Emergenti e le materie prime, che sono vulnerabili sia sul fronte delle divergenza di crescita, che del rischio idiosincratico della Turchia, che delle tensioni commerciali tra USA e Cina. Il US$ è attualmente il principale beneficiario dell’attuale fase di mercato, anche se la prevista maggior turbolenza politica domestica americana con l’avvicinarsi delle elezioni non è di supporto ad un rafforzamento sostenuto della divisa USA.

 

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