Il punto sui mercati

 Nonostante il flusso di notizie molto negativo sul fronte della politica commerciale ed estera americana, la dinamica di mercato nell’ultima settimana è rimasta generalmente caratterizzata dalla propensione al rischio sulla maggior parte dei mercati degli asset rischiosi. L’S&P 500 nella seduta di venerdì ha superato quota 2800 punti per la prima volta da marzo ed alcuni segmenti della Borsa americana hanno nuovamente aggiornato i massimi storici (come l’indice Nasdaq ed i settori tecnologico e dei consumi discrezionali). Gli spread corporate si sono compressi, tornando negli USA nella parte bassa della fascia di oscillazione prevalente dopo la correzione di febbraio. Le pressioni di apprezzamento del US$ hanno continuato a smorzarsi, ora che gli investitori prezzano il percorso di rialzi futuri dei tassi della Fed almeno per il resto del 2018, favorendo la prosecuzione del rimbalzo delle asset class dei Paesi Emergenti, soprattutto del debito in valuta forte, che effettivamente mostrava il miglior potenziale di recupero. Le tensioni non sono tuttavia svanite e rimangono latenti, in linea con la nostra view secondo la quale, mentre continuiamo a non ritenere necessario ridurre significativamente l’esposizione sugli asset rischiosi in questo contesto di mercato, una maggiore prudenza è appropriata per i mesi estivi. Complice anche un report sull’inflazione USA di giugno senza sorprese particolari, il rendimento dei Treasury decennali rimane ben al di sotto del 3% e la curva dei rendimenti continua ad appiattirsi. Alcuni asset percepiti come strettamente legati al rischio di “guerra commerciale” sono prossimi ai minimi degli ultimi 12 mesi, come lo yuan cinese ed i metalli (industriali ed anche preziosi). Infine, ad eccezione del citato debito dei Paesi Emergenti in valuta forte, il recupero degli asset Emergenti è molto meno vistoso relativamente all’andamento degli asset dei Paesi Sviluppati, in linea con la loro maggiore sensibilità all’andamento dell’economia cinese e del commercio internazionale. La stessa discesa del VIX a livelli precedenti la correzione di febbraio non è un buon segnale di propensione al rischio, poiché maschera un’elevata decorrelazione tra i vari comparti del mercato azionario, che comprime la volatilità a livello di indice.

Nel corso della settimana, la Presidenza Trump ha istruito il Rappresentante al Commercio di predisporre una proposta di nuovi dazi al 10% su altri 200 miliardi US$ di beni importati dalla Cina, che potrebbero iniziare ad entrare in vigore a partire da settembre. L’assenza di risposta del Governo cinese è probabilmente uno dei motivi principali del tono generalmente positivo dei mercati degli asset rischiosi a dispetto dell’inasprimento della retorica USA, insieme all’inquietudine che sta emergendo nel partito repubblicano ed alla possibilità che il Congresso intervenga per limitare i poteri della Presidenza in materia di commercio estero. E’ probabile che le autorità cinesi stiano valutando quali misure di ritorsione adottare, o che preferiscano attendere per tenere aperto il canale della negoziazione, o che la svalutazione recente dello yuan sia per ora ritenuta sufficiente come contromisura, ma l’escalation delle iniziative protezionistiche americane continua a consolidarsi come rischio al ribasso per lo scenario economico mondiale. Il flusso di dati macroeconomici finora non segnala un deterioramento dell’attività globale: negli Stati Uniti rimane coerente con un ritmo di crescita annuo dell’economia intorno al 4%, soprattutto dopo la pubblicazione dei dati molto positivi sulle vendite al dettaglio di giugno. In Europa una certa stabilizzazione sembra emergere, grazie al rimbalzo della produzione

industriale di maggio, mentre in Cina il rallentamento della crescita del PIL nel secondo trimestre dal 6,8% al 6,7% su base annua era ampiamente atteso. Ad attirare l’attenzione è stato invece un dettaglio del report sull’inflazione USA di giugno, che mostra chiaramente le potenziali conseguenze negative di uno scenario di dazi all’importazione a largo spettro per l’economia: il prezzo delle lavatrici, uno dei primi beni sottoposti a dazi già in febbraio, sta registrando un aumento del 19% rispetto a giugno del 2017.

L’altro motivo per la relativa resilienza dei mercati degli asset rischiosi è l’attesa per la stagione degli utili trimestrali, iniziata ufficialmente la scorsa settimana. Il consenso degli investitori si attende per gli USA un aumento degli utili per azione nel secondo trimestre del 19% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente; considerando che circa 10 punti percentuali derivano dalla riforma fiscale, la base di aspettative è sufficiente bassa da poter essere facilmente superata ed infatti molti analisti si aspettano ritmi di crescita superiori al 20%. Più interessanti saranno probabilmente le guidance aziendali, che dovrebbero iniziare a riflettere i timori dei management per l’impatto sull’attività economica delle misure protezionistiche: diversi esponenti della Fed hanno segnalato di aver raccolto preoccupazioni in al senso dai loro contatti sul territorio nelle ultime settimane, ma gli indicatori di fiducia delle imprese finora non ne hanno recato traccia.

 

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