Il concomitante ribasso dei mercati azionari e rialzo dei bond governativi “core” testimonia come da alcune sedute l’ “interruttore” dei mercati finanziari si sia spostato verso la posizione “risk off”, ossia di avversione al rischio. Questa fase di “risk off” ha avuto quale elemento scatenante il comparto dei Paesi Emergenti, laddove già da alcuni mesi sono sotto pressione il segmento obbligazionario, quello valutario e quello azionario. Il contagio ai Paesi Sviluppati (in termini di avversione al rischio) si è concretizzato negli ultimi giorni con il debole PMI sulla Cina, i timori legati al primo default di un “wealth management product” in Cina (con tutte le potenziali conseguenze sulla tenuta del sistema finanziario del paese ed in particolare del shadow banking system) e con l’accentuarsi della debolezza sul fronte valutario.
Dopo oltre tre mesi di rialzo praticamente ininterrotto e con le Borse che evidenziano valutazioni piuttosto piene sui fondamentali, c’erano (ci sono) le condizioni perché si concretizzi una fase di consolidamento, che, entro certi limiti, potrebbe essere utile per rafforzare il trend di medio periodo. Lo S&P500, l’indice guida, può correggere sino in area 1700 (la media 200 gg, che tra l’altro si colloca in prossimità della parte bassa del canale ascendente) senza compromettere il movimento al rialzo di medio termine: si tratterebbe infatti di un ribasso di circa l’8% dai massimi, inquadrabile come una correzione nell’ambito di un trend al rialzo, di entità simile ad altri movimenti al ribasso registrati negli ultimi due anni. La fase di consolidamento potrebbe anche essere favorita da una earning season non particolarmente brillante: se è vero che sul fronte americano circa i 2/3 delle società ha superato le aspettative, è altrettanto vero che la earning surprise media è di entità piuttosto contenuta, tanto più se si tiene in considerazione la revisione al ribasso delle stime degli ultimi mesi.
Tra l’altro, dalle indicazioni che giungono dal fronte societario (risultati, guidance, commenti dei management) risulta evidente una maggiore cautela sulle prospettive dell’economia rispetto alla crescente esuberanza che negli ultimi mesi ha caratterizzato gli operatori finanziari. Ai fini dell’andamento di breve termine potrà assumere una certa rilevanza il FOMC che si concluderà domani. La posizione dalla FED è piuttosto scomoda in quanto:
– la prosecuzione del tapering (che, in linea con il consensus, riteniamo probabile) potrebbe allarmare coloro che temono lo scenario deflattivo ed una evoluzione disordinata sul fronte dei Paesi Emergenti;
– una marcia indietro sul tapering potrebbe far perdere credibilità alla Banca Centrale e soprattutto darebbe l’impressione di non avere la situazione sotto controllo.
Se poi le Borse dovessero arrivare all’appuntamento in recupero potrebbero aumentare le probabilità di una reazione cauta alle decisioni del FOMC. Sempre in tema di credibilità delle Banche Centrali da non dimenticare l’appuntamento di questa sera con la Central Bank of Turkey che ha indetto un meeting straordinario dopo il crollo che ha interessato la valuta. Sul brevissimo termine, acquista importanza il monitoraggio dei livelli tecnici, che sullo S&P500 sono verso il basso l’area 1770 (supporto dinamico che coincide con il minimo intraday di ieri) e verso l’alto l’area 1810/1815 (resistenza che coincide anche con la media a 50 gg).
Sul fronte domestico, considerate le caratteristiche dalla nostra economia e della nostra Borsa, la volatilità di Piazza Affari è destinata ad essere ancora maggiore ed in questo senso non sono di aiuto le novità sul fronte bancario. L’operazione di ricapitalizzazione annunciata dal Banco Popolare, per quanto presenti connotati company specific, rischia comunque di alzare l’asticella in termini di classificazione/copertura dei crediti dubbi e di grado di patrimonializzazione richiesto dall’organo di vigilanza.