Il punto sui mercati

L’avversione al rischio ha continuato a dominare i mercati finanziari nella prima parte della scorsa settimana, seguendo principalmente le vicende della crisi politica italiana: la concreta possibilità di nuove elezioni molto ravvicinate ha spinto gli asset italiani in picchiata, con ampio contagio sugli altri asset rischiosi europei (dai titoli di Stato degli altri Paesi periferici, all’azionario, al credito corporate, all’Euro) e forte rally dei tradizionali beni rifugio come Bund tedesco, Treasuries USA, US$, yen e franco svizzero. Con la dinamica di mercato che diventava pericolosamente simile a quella della crisi del debito sovrano europeo del 2012 (di fatto, alcuni movimenti sono stati addirittura più forti), nella seconda parte della settimana l’eliminazione del rischio di elezioni anticipate in Italia ha determinato un ampio rally di sollievo sugli asset rischiosi, che hanno risentito solo marginalmente del nuovo deterioramento della retorica commerciale USA, e che è stato poi supportato dal flusso di dati macroeconomici. L’aspetto positivo della turbolenza è che l’impatto fuori dall’Europa è stato comunque contenuto: a parte il ripiegamento del rendimento del Treasury decennale USA sotto il 3% (che tuttavia riflette probabilmente anche le minute della Fed relativamente “dovish” della settimana precedente), l’equity USA ha ampiamente sovraperformato, con alcuni segmenti tornati ai massimi dell’anno come il Nasdaq ed il Russell 2000 delle small-cap, mentre l’indice VIX della volatilità implicita dell’S&P 500 ha chiuso la settimana in area 13, al di sotto del range 15/25 prevalente durante la correzione tra febbraio e aprile.

Dopo il veto del Presidente della Repubblica al primo candidato al Ministero dell’Economia proposto da Lega e Movimento 5 Stelle e con la probabilità remota che un Governo del “Presidente” affidato a Cottarelli potesse ottenere la fiducia in Parlamento, i mercati finanziari hanno reagito in modo molto negativo al crescente rischio di elezioni anticipate molto ravvicinate ed alla conseguente prospettiva di due mesi di campagna elettorale con una retorica infuocata e, soprattutto, alla possibilità che le elezioni fossero interpretate come un referendum sull’adesione dell’Italia all’Unione Monetaria Europea. La riedizione della coalizione Lega+M5S, con una figura percepita più “market friendly” al Ministero dell’Economia ed un forte impegno dei leader politici nel Governo, ha il vantaggio di stabilizzare a breve termine la situazione politica, eliminando il rischio di elezioni ravvicinate, ed è infatti stata accolta positivamente dai mercati finanziari, come evidente dal rimbalzo dell’indice FTSEMIB e dalla contrazione dello spread dei BTP rispetto ai Bund su tutta la curva. Un elevato premio per il rischio politico sugli asset italiani rimane comunque appropriato: il nuovo Governo è potenzialmente instabile sia perché M5S non ha esperienza di coalizioni di Governo, sia perché la Lega mantiene un forte incentivo ad andare ad elezioni per cristallizzare il suo forte incremento nei sondaggi. Inoltre la posizione del nuovo Governo si prospetta conflittuale con le autorità europee su diversi fronti, a partire dall’immigrazione e soprattutto dalla politica fiscale, analogamente a quanto successo con il Portogallo nel 2016. Lo scenario Portogallo 2016 implica che lo spread BTP-Bund sia destinato a rimanere volatile e tendenzialmente crescente per lungo tempo, fino a quando eventualmente il nuovo Governo non sarà più considerato una minaccia per la stabilità europea.

La politica commerciale USA rimane più imprevedibile che mai. A meno di due settimane dall’annuncio che la “guerra commerciale è in stand-by”, l’orientamento sembra essersi ribaltato e gli Stati Uniti sono tornati aggressivamente attivi su tutti i fronti. In particolare i mercati sembrano essere stati colti di sorpresa dall’entrata in vigore dei dazi alle importazioni di acciaio e alluminio da Canada, Messico e Unione Europea, per i quali erano state concesse esenzioni in attesa di negoziati e che hanno subito risposto promettendo dazi di ritorsione sulle importazioni dagli USA. Mentre l’impatto sull’economia globale è irrilevante, l’impatto principale è sulle implicazioni future per l’orientamento di policy USA. La risposta complessivamente modesta dei mercati finanziari ai continui cambi di retorica americana sia in politica estera che commerciale si basa molto probabilmente sull’idea che la strategia generale USA sia di introdurre cambiamenti dirompenti per rinegoziare i rapporti con gli altri Paesi da una posizione di maggior forza. Questa tesi rimane in essere ed un accordo eventuale con la Corea del Nord al meeting di Singapore del 12 giugno potrebbe addirittura fornire una spettacolare conferma della sua efficacia, ma occorre ora considerare che gli Stati Uniti sono disposti a spingersi molto più avanti di quanto ci si potesse aspettare. Come conseguenza, i rischi sono più elevati che il trattato NAFTA (proprio con Canada e Messico) non venga rinegoziato prima delle elezioni messicane di luglio (la scadenza iniziale di fine maggio è già saltata) e che i dazi USA su 50 miliardi US$ di importazioni dalla Cina entrino in vigore entro giugno (con altrettanti dazi cinesi di rappresaglia).

Uno dei motivi per cui i mercati finanziari sono parsi disposti a sorvolare sulle rinnovate tensioni commerciali è il miglioramento del flusso di dati macroeconomici, in una settimana particolarmente pesante su questo fronte. La batteria mondiale di indici PMI ha sostanzialmente confermato il quadro già emerso nelle settimana passate: se la crescita mondiale non è più in accelerazione e non è più sincronizzata, rimane comunque a livelli relativamente elevati, con il buon andamento di USA e Cina che compensa la debolezza in Europa ed in una buona fetta dei Paesi Emergenti. Negli Stati Uniti, in particolare, il flusso di dati macro è coerente con un tasso di crescita annualizzato nel secondo trimestre intorno al 4%, dopo una raffica di sorprese positive sulla spesa per consumi e per l’edilizia, sulla produzione industriale e sugli indici di fiducia delle imprese.

 

 

 

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