Il punto sui mercati

 La dinamica di mercato nell’ultima settimana è stata dominata principalmente dal flusso di notizie sul fronte geopolitico e dall’andamento del mercato obbligazionario, con ampie ripercussioni sui mercati degli asset rischiosi. In particolare, dopo aver subito una battuta d’arresto nella settimana precedente in risposta a 4 sorprese negative consecutive sull’inflazione, la combinazione di continuo rialzo del prezzo del petrolio e sorprese positive sui dati macro americani ha spinto al rialzo i rendimenti obbligazionari, guidati dai Treasuries USA, dove il rendimento sulla scadenza decennale sembra aver finalmente sfondato la soglia psicologica del 3% che finora aveva resistito a diversi tentativi di rottura nelle settimane passate. Il movimento dei rendimenti obbligazionari non sembra aver fatto deragliare la dinamica di reflazione sugli asset dei Paesi Sviluppati: l’S&P 500 non ha accelerato al rialzo, anche se rimane sopra la media mobile a 100 sedute, ma continuata la discesa dell’indice di volatilità VIX verso quota 12, gli spread corporate si sono generalmente compressi ed i settori più ciclici hanno complessivamente sovraperformato nell’ambito dei mercati azionari. Con il differenziale di rendimento e, in misura crescente, di crescita economica che si muove a favore degli USA, il US$ è rimasto ben supportato, sostenendo la sovraperformance dell’azionario europeo rispetto a quello USA e mantenendo elevata invece la tensione sugli asset Emergenti.

Il fronte geopolitico continua ad essere particolarmente turbolento, anche perché l’epicentro della tensione continua a cambiare molto rapidamente. Mentre la situazione dei rapporti USA-Iran sembra essere in stallo, un’inaspettata schiarita sembra essersi aperta sul fronte dei rapporti commerciali tra USA e Cina, a seguito dei colloqui ai massimi livelli a Pechino e Washington nei giorni scorsi tra i delegati delle due superpotenze. In particolare ci sarebbe l’impegno di entrambe le parti a ridurre il deficit commerciale americano con la Cina, con la promessa cinese di un significativo aumento delle importazioni di prodotti agricoli ed energetici americani. Considerando che nel 2017 le importazioni cinesi di queste categorie di prodotti ammontavano a 26 miliardi US$ ed il deficit USA con la Cina era di 375 miliardi, dal punto di vista pratico è difficile immaginare come gli obiettivi possano essere raggiunti, ma di fatto l’esito dei negoziati è di mettere in “stand-by” la guerra commerciale e le reciproche sanzioni sulle importazioni, e la buona fede dei partecipanti sembra essere confermata dalle successive iniziative (riduzione dei dati cinesi sulle importazioni di auto e rimozione delle sanzioni USA al colosso delle telecomunicazioni cinese ZTE).

Mentre in Asia la tensione si è significativamente allentata, i mercati finanziari sembrano essersi rifocalizzati sul rischio politico in Europa ed in particolare sulle caratteristiche populiste del potenziale nuovo Governo italiano. Gli investitori sono rimasti a lungo compiacenti sulla possibilità che dalle consultazioni politiche potesse emergere un Governo di coalizione tra i partiti anti-sistema Lega e Movimento 5 Stelle potenzialmente non “market-friendly”, e sono stati costretti a riprezzare drasticamente il premio per il rischio politico sugli asset italiani sulla base dei nuovi dettagli del programma di Governo. Anche se alcune delle proposte contenute nella prima bozza sono poi state stralciate (in particolare un meccanismo di uscita controllata dall’Unione Monetaria e la cancellazione del debito pubblico detenuto dalla BCE), il programma finale include una serie di proposte che porranno il  Governo in diretto contrasto con le autorità europee, come la richiesta di escludere dal calcolo dei vincoli fiscali il debito pubblico detenuto dalla BCE e gli investimenti pubblici e la possibilità di pagare gli arretrati della pubblica amministrazione verso i fornitori con una forma di titoli di Stato. Inoltre la linea generale di politica fiscale è chiaramente espansiva, ben oltre il margine di manovra negoziato in sede europea. Nonostante la concreta possibilità che una volta in carica l’attività del Governo sia fortemente stemperata dai vincoli costituzionali, politici e dalla pressione dei mercati finanziari, l’esito delle consultazioni politiche italiane rischia di aprire uno scenario di mercato simile a quello del Portogallo nel 2016, dove l’instaurazione di un Governo considerato non ortodosso dal punto di vista fiscale mantenne elevato il premio per il rischio sugli asset portoghesi per un anno prima che l’orientamento della nuova amministrazione non divenne più chiaro.

 

 

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