I recenti dati macro americani sono risultati piuttosto robusti, a partire da quelli relativi al mercato del lavoro diffusi venerdì scorso (nuovi occupati di novembre pari a 203 mila, con la media degli ultimi 3 mesi che sfiora la soglia200 mila e con il tasso di disoccupazione che è sceso al 7%), ed hanno aumentato la probabilità che la FED acceleri nella riduzione del QE.
Secondo un sondaggio di Bloomberg, dopo la diffusione dei dati sull’occupazione la percentuale di intervistati secondo i quali la FED avvierà il tapering nel prossimo FOMC del 17/18 dicembre è salita al 34% dal precedente 17%, mentre sono scesi dal 53% al 40% coloro che si attendono l’avvio del tapering nella riunione di marzo. In linea con il sondaggio, ieri, nell’ambito di una conferenza, il Presidente della FED di St Louis, James Bullard, che è considerato un buon indicatore del “pensiero” della Banca Centrale, ha dichiarato che la probabilità del tapering è cresciuta dopo i dati sul mercato del lavoro (per quanto abbia poi aggiunto che la FED dovrebbe optare per una piccola riduzione degli acquisti in dicembre e poi prendersi una pausa per verificare l’evoluzione dell’inflazione).
Nonostante la prospettiva di un’accelerazione sui tempi del tapering rispetto alle aspettative di consensus di qualche giorno fa, la reazione dei mercati finanziari è stata decisamente costruttiva, con un rialzo delle Borse (lo S&P500 si è riportato sui massimi al di sopra dell’area 1800) e con una relativa stabilità o addirittura una leggera flessione dei rendimenti obbligazionari. L’impressione è che sia cambiato il paradigma di riferimento degliinvestitori che, come sottolineato dallo strategist Yardeni, sembrano essere pronti ad accettare una riduzione del QE in cambio di una maggiore crescita economica (sinora era prevalsa la logica del “tanto peggio, tanto meglio”, cioè l’economia che stentava ad accelerare veniva accolta con un certo sollievo dato che favoriva il mantenimento del QE).
Il nuovo approccio degli operatori è probabilmente la combinazione di una serie di aspetti:
– i dati macro, per quanto positivi, non sono tali da imporre alla FED un atteggiamento particolarmente aggressivo nella riduzione del QE, anche se optasse per l’avvio del tapering già a dicembre;
– la FED sembra essere riuscita nell’intento di “sganciare” il destino dei mercati dal tapering, facendo prevalere il messaggio dei bassi tassi di interesse ancora a lungo;
– a questo punto del ciclo un’economia in accelerazione è la condizione necessaria per fornire ulteriore carburante alle Borse, tanto più se questo ha luogo in uno scenario inflattivo sotto controllo.
La prosecuzione del trend positivo dei mercati è stata probabilmente anche favorita dalle aspettative di un imminente accordo tra Democratice Repubblicani sul budget fiscale: nei giorni scorsi numerosi membri del Congresso hanno espresso ottimismo sul fatto che un’intesa, seppure non di larga portata, possa essere raggiunta entro il 13 dicembre, prima che la politica americana entri nella pausa festiva.
Al di là di tutto, permangono però degli aspetti di attenzione da non sottovalutare:
– i significativi rialzi già fatti segnare dai mercati azionari;
– le corpose valutazioni di alcune Borse, per quanto non si possa ancora parlare di “bolle”;
– i livelli di sentiment pericolosamente elevati: in particolare, risulta decisamente basso il numero dei bears (ribassisti), che con un livello del 13% si collocano sui minimi registrati nel 1987.
Quest’ultimo punto fa si che vi sia già stato un importante posizionamento sui mercati azionari e, di conseguenza, sia piuttosto ampia la platea di coloro che, complici anche i due punti precedenti, potrebbero essere delusi/spaventati da eventuali soprese negative. In questa fase, riteniamo, pertanto, opportuno mantenere le scelte di asset allocation che vedono:
– sull’equity un atteggiamento un po’ più cauto a livello tattico, fermo restando un approccio costruttivo sul medio termine;
– sulla componente bond un approccio caratterizzato da bassa duration a cui si aggiunge un profilo di rischio/rendimento non così attraente per i corporate americani.
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