Il Dollaro ama l’Euro?

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Si sprecano i gesti di affetto, sostegno e vicinanza devoluti da Obama e Bernanke ai leader di Bruxelles e Francoforte, perché l’Europa è necessaria per i democratici equilibri del pianeta, parola degli amici a stelle e strisce. A guardare come realmente stanno e vanno le cose, viene però il dubbio che sotto l’idillio euroamericano si celi in realtà l’astio recondito tipico dei parenti-serpenti, il cui legame di sangue è più spesso catena che abbraccio. Per andare alla radice di questo legame, si può guardare al rapporto fra dollaro ed euro, ovvero alla storica sudditanza dell’euro al dollaro. Trascuriamo, per un attimo, le speculazioni che hanno originato l’euro e quelle che oggi vorrebbero fargli il funerale, che già tutto spiegherebbero di questo presunto idillio. Ciò trascurato, da Francoforte vogliono illuderci che la moneta unica europea viva di vita propria, ma sappiamo tutti che così non è, non solo per le ragioni tutte interne all’Unione Europea, che pretendono la moneta unica continentale in assenza di una politica economica europea. Ragioni che, ad ogni buon conto, alimentano l’intimo desiderio del governo americano con riguardo alle sorti politiche ed economiche dell’Europa.

Perché, tutto sommato, ad Obama come a Bernanke sta molto bene in questo frangente che la BCE non stampi moneta, lasciando che gli interessi sul debito pubblico degli stati europei più bisognosi crescano sino a livelli di insostenibilità per i popoli di quelle nazioni, che saranno concorrenti in meno sul fronte della competizione industriale e commerciale a livello globale. Come non bastasse, il blocco della massa monetaria agevola gli investitori americani che comprano debito pubblico europeo, i quali ben sanno che potranno richiedere tassi spropositati in funzione del fatto che mai il debito europeo da loro detenuto potrà svalutarsi, perché i tedeschi sognano ancora di notte le carriole di marchi ai tempi della crisi del ’29 e mai potranno permettersi, di giorno, di incrementare di un millesimo l’inflazione attraverso l’incremento del volume di Euro in circolazione.

Peccato che, temendo l’inflazione di derivazione domestica, si trascura quella che arriverà dagli Stati Uniti fra qualche anno, a causa delle politiche di abnorme espansione monetaria portate avanti dalla FED, in accordo con il governo americano, per far fronte al disastro del debito pubblico ed all’anemia del PIL e della domanda interna che attualmente contaminano la salute dell’economia e del welfare statunitensi. Evidentemente, a Bruxelles e Francoforte – nonostante il saggio monito di connazionali illuminati al comando, fra gli altri, della nave Europa – si è convinti che non siamo poi in un mondo così globale, che tanto l’Europa riuscirà a mantenere bassi i tassi di interesse, creando sviluppo, senza iniettare nuova liquidità nel sistema; che tanto i dollari iniettati nel sistema globale (non solo negli Stati Uniti, of course, essendo il dollaro moneta di scambio internazionale) dall’altra parte dell’Atlantico, non avranno impatto sul costo della vita a tendere degli europei, mentre oggi danno ossigeno ai soli americani.

Come non bastasse, l’Euro forte che deriva dal dollaro debole aiuta la bilancia commerciale degli Stati Uniti. Tanto per fare un esempio, molti italiani medi si chiedono perché il gruppo FIAT faccia faville in America e buchi in Italia ed Europa. Certo, ha ragione Marchionne quando parla di sistema Italia ingessato ed ipergarantista, ma la ragione profonda del differente destino delle imprese che operano in Europa o in America sta proprio nelle politiche economiche e monetarie dei due sistemi. La ragione per cui a Marchionne fanno festa in America e vorrebbero fare la festa in Italia non sta tanto e solo a Torino o Detroit, quanto a Bruxelles come a Francoforte: sta nelle politiche economiche, sociali e monetarie che fanno felici Obama, Geithner e Bernanke, a scapito del popolo europeo.

Per non parlare poi dei rapporti con Cina, Gran Bretagna, Russia, Giappone, Iran, Siria. Difficile stabilire, alla luce del sole, se l’Euro sia amante o terzo incomodo nel rapporto fra dollaro e monete/economie di questi Stati. Occorre guardare nella penombra, per capire che tutti questi stati utilizzano, per ragioni diverse, la carta dell’Euro come moneta di scambio per abbassare le pretese degli Stati Uniti in fatto di dominio politico ed economico del pianeta. La Cina, tanto per dirne una, non si sobbarca del debito Europeo per ragioni umanitarie, come la Russia – per dirne un’altra – non vende gas e petrolio all’Europa a un prezzo inferiore a quel che potrebbe far pagare perché gli europei gli stanno simpatici.

Parimenti, i giapponesi acquistano debito europeo per non far troppo dipendere il debito nipponico dalle sorti e dal capriccio degli States. Quando la Siria e l’Iran litigano con la Clinton, ad esempio, i regimi dei due paesi fanno affari in Euro con l’Europa, anche se converrebbe farli in dollari con gli ebrei che comandano negli Stati Uniti.

Ci sono quindi tante buone ragioni, tanto velate quanto effettive, per ritenere che il dollaro e l’euro si amino come la suocera ricca e indebitata può amare la nuora poco abbiente quanto parsimoniosa. Peccato che, nel caso dell’Europa, la parsimonia dei governanti agisca a scapito del popolo, che con la propria ricchezza fa fronte alla povertà – di mezzi capacità e competenze – di chi dall’alto delle torri di Bruxelles vorrebbe governare il continente senza essere stato scelto da chi lo abita. Se il dollaro non amasse l’Euro come potrebbe sembrare, in fondo una grossa mano gliela starebbe dando proprio questa Europa, a dispetto e scapito degli europei.

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