I dieci errori da evitare per chi investe in bond

errore La ricerca ossessiva del rendimento persiste. Agli investimenti in obbligazioni dovrebbe però essere applicato lo stesso rigore che si userebbe per decidere se e come dare in prestito i propri soldi. Ecco dieci errori da evitare secondo Kevin Corrigan, responsabile fixed income di Lombard Odier Investment Managers.

1) La bolla del debito. La storia dimostra che investire in indici di mercato porta verso i debitori e i settori che più fanno ricorso alla leva finanziaria, ma questo approccio ha spesso conseguenze disastrose, come la crisi Lehman ha insegnato.

2) Seguire la massa. Oggi più che mai il denaro è investito in meno posizioni, più concentrate. Gli indici di debito basati sulla capitalizzazione di mercato incoraggiano la tendenza. Meglio non lasciarsi intrappolare da questa logica.

3) Non essere rigorosi. Il modulo per la richiesta di un mutuo ipotecario pone moltissime domande. Chi investe nel fixed income dovrebbe applicare lo stesso rigore a tutto il portafoglio, ma la maggior parte degli investitori non segue la logica di base che il direttore di banca adotta per decidere se concedere un prestito oppure no.

4) Solo grandi numeri. Più grande non è necessariamente meglio, se parliamo di obbligazioni. I recenti episodi di avversione al rischio hanno mostrato che anche le società più grandi sono sensibili alle condizioni di mercato. In periodi di questo tipo la diversificazione orientata alla qualità può servire da argine.

5) Oltre i rendimenti. Gli investitori in obbligazioni si sono abbuffati di rendimenti per molti anni. Il forte picco di zuccheri dato da alti rendimenti, debito periferico e capitale bancario non può sostenere i rendimenti per sempre. Meglio concentrarsi su parametri più equilibrati per misurare il credito societario, piuttosto che guardare a chi emette più carta.

6) Escludere Cina e India. Perché gli investitori tradizionali non investono in due delle più grandi economie dei mercati emergenti? Sia Cina che India sono tradizionalmente escluse dagli indici tradizionali, con la motivazione che sono di difficile accesso per gli investitori. Questo però non rende meno importanti le loro economie.

7) Trascurare il prezzo. Il quantitative easing ha gonfiato i prezzi del debito per la maggior parte dei debitori, non sempre i migliori. Questo aumenta la perdita potenziale in caso di default e la capitalizzazione di mercato non discrimina. Meglio seguire un indice che tenga conto dei fondamentali di un debitore e non solo del prezzo.

8) La trappola della capitalizzazione. Le capitalizzazioni degli emittenti ignorano i driver fondamentali che determinano l’abilità e volontà di un debitore di pagare. Ma un investitore non può affidarsi alla gestione attiva in una asset class illiquida per risolvere il problema.

9) Ascoltare le sirene. Nella mitologia greca l’eroe Ulisse riesce a salvarsi dal richiamo del canto delle sirene legandosi all’albero della sua nave. Forse non ci sarà corda a sufficienza perché tutti gli investitori possano fare lo stesso quando scoppierà la prossima bolla. Meglio concentrarsi su una diversificazione basata su qualità, bassa concentrazione e fattori fondamentali.

10) Dimenticare il buon senso. Dareste più denaro a banche e assicurazioni solo perché hanno bisogno di prendere più soldi in prestito?Finendo così con un portafoglio completamente disallineato dal mondo reale? O dareste invece più denaro adaziende, come i retailer, che magari non hanno bisogno dei vostri soldi ma è più probabile che vi ripaghino?

 

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