Grecia. Tornano i Colonnelli?

parelasiDopo i risultati delle elezioni del 6 Maggio scorso, in Grecia “a sòm mèss c’me tri in ‘na scrana” (stiamo messi come se fossimo seduti in tre su una sedia).

Pareva che il problema fosse a destra con i filonazisti di Alba Dorata new entry in parlamento, ma il problema maggiore è a sinistra.

Nonostante il premio di maggioranza per il primo partito Nuova Democrazia (centro destra), il crollo del Pasok (socialisti), impedisce di avere una maggioranza pro euro.Nel caso non si riesca a formare un governo di coalizione, si va dritti alle urne (e fuori dall’Europa). L’altra sorpresa elettorale è Syriza (comunisti) capeggiata dal leder radicale Alexis Tsipras; in caso di nuove elezioni questa formazione politica è accreditata dai sondaggi di un buon 24% (130 seggi circa, quando la maggioranza è di 151 seggi).

L’ordine di grandezza del problema si può desumere dai 5 punti che Tsipras ha posto come base della discussione per il programma del governo di coalizione:

– cancellazione immediata di tutte le misure che impoveriscono i greci, come i tagli alle pensioni ed ai salari;

cancellazione immediata di tutte le misure imminenti che minano i diritti fondamentali dei lavoratori, come ad esempio l’abolizione dei contratti di lavoro;

– l’abolizione immediata della legge che concede l’immunità ai parlamentari dai procedimenti giudiziari, la riforma della legge elettorale e una revisione del sistema politico;

– un indagine sulle banche greche e l’immediata pubblicazione dell’audizione sul settore bancario fatta da Black Rock;

la creazione di un comitato di revisione internazionale per indagare sulle cause del deficit pubblico della Grecia, con una moratoria su tutti i servizi del debito fino a quando i risultati verranno pubblicati.

Anche Fotis Kouvelis, leader di Sinistra Democratica, ha dettato le sue condizioni per entrare nel governo: annullare la legislazione che ha ridotto il salario minimo e facilita i licenziamenti e “sganciare” la Grecia dagli impopolari accordi con Ue e Fmi per i prestiti finanziari.

Verrebbe da chiedersi di che lavoro stanno parlando, visto che erano quasi tutti assunti dallo Stato – da qui il problema della spesa pubblica impossibile da controllare – in un paese che si poteva chiamare di pescatori, quando il pesce c’era.

La crisi greca è costata finora circa 240 miliardi di euro in prestiti dall’Europa alla Grecia e 1000 miliardi di euro dati dalla BCE alle banche europee per proteggerle dal rischio ellenico.

Dire che l’hanno gestita male, è dire poco.

L’idea che ci siamo fatti è che con i normali meccanismi democratici non si possa risolvere un bel niente, e tanto meno con nuove elezioni che rafforzerebbero la maggioranza contraria all’Europa. A forza di fare della retorica i greci si sono infilati in un tunnel senza uscita.

Già nell’aprile del 1967, i Colonnelli dell’esercito greco fecero un colpo di Stato per “salvare il paese” dalla cospirazione comunista.

Purtroppo, nel paese di Platone e Socrate, il rischio è che l’alternativa alla democrazia siano i Colonnelli.

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