La situazione della Turchia è migliorata a partire dall’autunno
Il riaggiustamento macroeconomico sembra essere più rapido del previsto: l’entrata in recessione dell’economia nel secondo semestre dello scorso anno e la politica monetaria fortemente restrittiva stanno iniziando a frenare l’inflazione, mentre il deficit delle partite correnti è in contrazione grazie al collasso delle importazioni, alla svalutazione della TRY che ha sostenuto l’export ed al ritorno del turismo. La politica fiscale è rimasta relativamente restrittiva e Governo e corporate sono riusciti a rifinanziare buona parte dell’indebitamento in valuta estera (sebbene il debito complessivo rimanga rilevante).
L’interferenza governativa in politica monetaria può diminuire ora che il Governo Erdogan si è assicurato il controllo del Paese; dopo le elezioni locali del 31 marzo si aprirebbe un periodo di 4 anni senza elezioni, durante il quale il riaggiustamento macro economico ed il recupero di credibilità delle istituzioni possono continuare. Anche se i rischi politici interni sono diminuiti, quelli esterni rimangono elevati, con la Turchia impegnata su multipli fronti.
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Il rapporto tra i fattori di rischio per la TRY è ora più equilibrato. Il rischio di crisi finanziaria sembra passato, il processo di riaggiustamento strutturale è iniziato, la CBRT sta ricostituendo la sua credibilità e la Federal Reserve ha adottato una retorica più accomodante. Per contro, la politica estera è un rischio imprevedibile e la Turchia è molto sensibile alle condizioni finanziarie esterne, di cui la valuta è la principale valvola di sfogo.
Inoltre i mercati finanziari già prezzano un rapido taglio dei tassi che difficilmente si concretizzerà prima del secondo semestre, rendendo i bond in TRY con scadenze superiori ai due anni non attraenti dal punto di vista della duration né del carry, che è ben inferiore all’inflazione. Alla luce di queste considerazioni, a meno di drastiche variazioni nelle condizioni finanziarie internazionali, una relativa stabilità del cambio è sufficiente per rimanere investiti sulla valuta e beneficiare del carry sulla parte più breve della curva (1-2 anni).

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