MERCATI: Bill Gross di Pimco, suggerisce di non acquistare ma di vendere gli asset rischiosi
“DOVE SI PRODUCE SI SCENDE E DOVE SI STAMPA SI SALE”
Più tempo durerà la divaricazione e maggiore sarà il rischio di aggiustamento
Settimana scorsa, c’è stato un finale col botto per la borsa americana, grazie al superamento di quota 15.000 punti per il Dow Jones e di 1.600 per lo S&P500, un movimento che ha portato a nuovi massimi storici e questo apparentemente grazie al dato migliore delle attese sull’occupazione a stelle e strisce nel mese di aprile.
Se confrontiamo però la forte crescita dell’indice USA, ormai superiore al 12% da inizio anno, con i dati macro economici, appare sempre più evidente lo scollamento tra l’economia reale e quella finanziaria. Un disallineamento che tutti i mezzi d’informazione imputano ormai in modo esplicito all’effetto della FED.
LA POLITICA FED
La causa è ormai nota ma per chi investe è importante capirne le finalità ed i rischi. L’azione della FED è ormai basata su 5 punti essenziali, in quanto l’iniziale azione di azzeramento dei tassi post Lehman non è riuscita a sbloccare l’erogazione dei prestiti e dell’indebitamento, perciò dalla fine del QE2 sta percorrendo una strada basata sui seguenti 5 punti:
1. Comprare mensilmente titoli del tesoro e obbligazioni ipotecarie fuori dal mercato.
2. Aumentare di conseguenza la liquidità per indurre a reinvestire nel mercato azionario.
3. Inflazionare i prezzi degli asset finanziari per creare un effetto ricchezza nei consumatori.
4. Indurre così una maggiore fiducia nei consumatori a spendere e creare la domanda alle imprese.
5. Generare un aumento della domanda per riportare la creazione di occupazione.
IL RISULTATO
C’è però poca evidenza che i programmi di QE abbiano raggiunto tali effetti nell’economia reale, anzì se si misura l’aumento del PIL reale per ogni dollaro di aumento del debito troviamo che è stato quasi nullo. Tali politiche non hanno perciò “incendiato” l’economia bensì hanno generato un’impennata nella capitalizzazione di mercato in percentuale sul PIL nominale ben sopra la media di lungo termine.
IL PROBLEMA
Il problema è che la liquidità rimane intrappolata nel sistema e se le banche continuano ad evitare l’erogazione del credito perché le aziende sane non lo chiedono, essendo spesso sedute su montagne di liquidità, e quelle rischiose non lo possono ottenere, allora l’ulteriore azione di stimolo non fa altro che comprime ancor più i rendimenti delle attività finanziarie più sicure (bonds), come evidente dai rendimenti del T-Bond trentennale ormai sotto il 3%, e tende a modificare in modo insano la propensione al rischio degli investitori, come evidente dall’inesorabile ascesa dell’indice azionario americano.
NON SOLO USA
In questa fase di apparente “bengodi” finanziario, quello che però sembra passare un po’ troppo inosservato è l’andamento divergente tra le economie “produttive”, i classici BRIC, e le economie occidentali fortemente indebitate, a maggior ragione rispetto a quei paesi in cui le politiche delle banche centrali hanno ormai preso esplicitamente la direzione di un quantitative easing estremo.
Dalla tabella allegata è evidente come nei paesi in cui l’economia reale e produttiva rallenta anche le borse rispecchino tale difficoltà, mentre nei paesi in cui il QE e l’azione delle banche centrali è operativa senza precisi limiti, i mercati salgono a razzo.
L’ASSURDO
Ormai lo slogan degli operatori finanziari è “chi produce scende e chi stampa sale”, un criterio d’investimento che apparirà ridicolo a molti risparmiatori ma che ormai e da inizio 2013 sembra essere il vero ed unico leitmotiv dominante.
Nelle settimane scorse infatti, la crescita economica cinese ha mostrato dati decisamente sotto le attese, presentando un PIL in crescita “solo” del 7,7% rispetto ad aspettative ben più robuste, e ciò ha ovviamente fatto registrare nuovi minimi alla borsa di Shangai ed ha trascinato con se le materie prime ed anche gli altri player della delocalizzazione produttiva mondiale, ovvero i famigerati BRIC. L’indice MSCI Emerging Markets è infatti da inizio anno negativo, con perdite cospicue nei paesi dell’area economica più dinamica del globo (Asia e America Latina). Un effetto di per se non assurdo, bensì logico, in quanto nel mondo “normale” se l’economia reale di una nazione rallenta questo ha in genere effetto sui mercati finanziari di quel paese. Mentre dall’altra parte del mondo, USA-Giappone-UK in primis, a fronte di evidenti rallentamenti negli indicatori di crescita vi è un rialzo delle quotazioni, anzi sembra quasi che più si addensino nuvoloni all’orizzonte e più si salga nelle quotazioni azionarie e non solo. E questo grazie alla convinzione che peggio appaiono i dati maggiore sarà il perdurante sostegno delle banche centrali.
FINO A QUANDO ?
Secondo A. Gary Shilling, noto analista finanziario statunitense, le obbligazioni spazzatura, del mercato del debito emergente e dei bond bancari/corporate a livelli così bassi, per non dire da record ed in molti casi ormai ben oltre i livelli pre-crisi, uniti ai rendimenti al top sui mercati azionari e obbligazionari sono in genere indicazione di un mercato toro in fase tardiva, una fase in cui è difficile stabilirne la fine esatta ma che storicamente finisce male per gli investitori. Sarà forse per questo che ha fatto molto scalpore la recente uscita via twitter del noto e leggendario gestore obbligazionario, Bill Gross di Pimco, in cui senza mezzi termini ha scritto:
“Il mondo è inondato di solidi. La Fed acquista al mese 85 miliardi di dollari (di bond). La BoJ (Bank of Japan) ne acquista 75 miliardi. E ora la Bce mostra apertura verso i tassi di interesse negativi. Non acquistate – vendete gli asset di rischio”.
In ogni modo, seppur non sia possibile sapere per quanto tempo continuerà questa divaricazione tra andamento dei mercati e andamento dell’economia, sappiamo però per esperienza, che alla fine gli esiti di questi scollamenti non sono stati fortemente favorevoli alla crescita dell’economia reale bensì e più spesso sono stati alquanto sfavorevoli agli asset finanziari e per più tempo si accentuerà e maggiore saranno i rischi di ampio aggiustamento futuro.
L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari.
Per domande e chiarimenti potete scrivere a: rubens.ligabue@gmail.com