Anche nel 2012 le banche sul listino non si sono affatto comportate bene, raggiungendo nuovi minimi, anziché nuovi massimi.
Un po’ perché si pensa faranno fatica a rispettare i parametri di Basilea 3, e poi perchè, complice la crisi economica, il flusso delle sofferenze è sempre significativo e destinato ad aumentare, infine perché non le ha aiutate la manovra del governo, con l’eccezione della modifica dell’articolo 18, che una volta approvato consentirà i licenziamenti economici, impedendo il reintegro.
Questo consentirà di chiudere alcune migliaia di filiali, licenziando migliaia di lavoratori, visto che la riforma delle pensioni ha bruciato la possibilità di esodare il personale. Questi elementi spaventano gli investitori che temono di dover concorrere a ricapitalizzare gli istituti bancari con ritorni sul capitale nell’ordine del 2%, quando va bene e con perdite certe sul valore dei titoli.
A tutto questo bisogna aggiungere il problema dell’indebitamento degli stati, dei cui bond le banche sono piene. Gli investitori retail si pongono domande più semplici, come quella se le banche italiane sono solide.
Complessivamente sì, come certificato anche dall’ European Bank Authority (Eba) a cui sono state sottoposte Unicredit, Intesa San Paolo, Mps, Banco Popolare e Ubi, ma sono poco liquide e questo potrebbe essere un problema se la crisi aggravandosi determinasse fuga di capitali, verso istituti e paesi stranieri o peggio ancora la corsa agli sportelli.
Fino a poco tempo fa le italiane erano considerate le più virtuose per lo scarso ricorso ai derivati e la bassa esposizione ai debiti dei Paesi pigs, cioè senza l’Italia. Da quando è aumentata la volatilità sui titoli del debito italiano, è contestualmente cresciuta la pressione sulle banche di casa nostra, perché, mentre non detengono titoli dei Paesi pigs, fatta eccezzione per Intesa ed Unicredit, per circa due miliardi di euro, sono al contrario molto esposte sul debito italiano. S Intesa per 81 miliardi, Unicredit 43, Mps 30 e il Banco Popolare 10.
E’ evidente che, anche modeste oscillazioni di prezzo su portafogli di questa consistenza determinano svalutazioni significative. In conclusione, possiamo dire che sulla solidità degli istituti bancari italiani al momento non vi sono dubbi, come ha dichiarato anche il Governatore Draghi, se il debito dello Stato sarà tenuto sotto controllo e questo rassicura depositanti ed obbligazionisti, in caso contrario la loro solidità non sarebbe il primo problema.
Diverso il discorso per gli azionisti: la depressione dei titoli è destinata a durare, almeno fino a quando durerà l’incertezza economica e la bassa capacità di produrre utili, ciò lascia aperta la necessità degli istituti di rafforzare ulteriormente il patrimonio, o attraverso aumenti di capitale, o attraverso l’aumento del risultato di gestione, il che non sarà tanto presto.