DEBITO USA – “The Big Illusion”

altA fine anno, l’incubo dei gestori sembrava essere il “fiscal cliff” ma poi l’accordo in extremis da parte del congresso americano, ha spazzato via tale argomento dal radar dei rischi degli investitori.

L’aver per ora scongiurato il “baratro fiscale”, ovvero un possibile choc fiscale con conseguente grave recessione e blocco del bilancio dello stato federale USA, non è la soluzione al problema bensì una posticipazione e dovrebbe essere considerato un aggravamento del rischio di instabilità.

Il temporaneo aspetto positivo, ben festeggiato da Wall Street, è perciò solo di aver evitato una rapida e dura recessione in un momento di un rallentamento globale già evidente, ma nella realtà porta in dote un aumento del debito stimato dal Congressional Budget Office di ben 4.000 miliardi di dollari nel prossimo decennio.

La “pantomima” è poi estesa anche al famoso “debt ceiling” o “tetto del debito”, ovvero il limite massimo che può raggiungere l’indebitamento degli Stati Uniti. Quel limite che una volta superato, tecnicamente rischia di veder annullata la possibilità dell’amministrazione USA di chiedere finanziamenti tramite l’emissione di bond e dunque in mancanza di aumento del tetto e senza le garanzie necessarie per l’indebitamento il governo sarebbe costretto a dichiararsi insolvente. Ed è proprio di mercoledì scorso la prosecuzione dell’illusione della sostenibilità e della perdurante euforia sui mercati azionari, generata dal cosiddetto provvedimento “No Budget, No Pay”, con cui la camera americana ha approvato un compromesso in base al quale verrà sospeso fino al prossimo 19 maggio il limite al debito federale. Ma come riporta Mauro Bottarelli su ilSussidiario.net, il senato dovrà contemporaneamente far passare il nuovo budget entro il 15 aprile e dunque nella peggiore delle ipotesi si sono guadagnati quasi altri tre mesi di tempo.

Siamo dunque sempre più prossimi ad una situazione simile a quella dell’agosto 2011, in cui si decise di alzare il tetto del debito pubblico di ben 2.000 miliardi di dollari di botto, con conseguente perdita della tripla AAA degli Stati Uniti ed il tutto sostenuto solo dal “quantitative easing” della FED di Ben Bernanke. Uno “stampaggio” che da novembre scorso è stato ampliato con l’acquisto mensile di 45 miliardi di dollari di bond del Tesoro e di altre obbligazioni simili a lungo termine a tempo indeterminato, oltre ai già fissi 40 miliardi legati ai famigerati titoli tossici subprime.

Tutto ciò, a detta di molti opinionisti fuori dal coro, appare sempre più un trucco contabile, in quanto gli Usa sarebbero tecnicamente già in default, ma finché vi sarà la consapevole illusione che tutto ciò possa continuare all’infinito, il gioco potrà andare probabilmente avanti. In ogni modo bisogna augurarsi che le parole di Herbert Stein, ex presidente dei Consiglieri economici della Casa Bianca, non diventino mai realtà, in quanto diceva che “se qualcosa diventa ‘insostenibile’ allora significa che non lo si può più sostenere”.

 

L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari.

Per domande e chiarimenti potete scrivere a: rubens.ligabue@gmail.com

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