Dalla banca centrale svizzera il primo punto di svolta

liga20115aL’ANALISI: il franco svizzero ritorna ad essere il barometro di pressione delle politiche europee

Cambio nuovamente libero, tassi di riferimento a -0,75% ed obbligazioni negative fino al decennale

Questo inizio di 2015 indubbiamente si sta presentando molto interessante dal punto di vista di chi osserva i risvolti meno apparenti, i colpi di scena e rispettivi voltagabbana ed in sostanza l’imprevedibilità del nuovo gioco in atto e successivo al 2014 di ‘bonanza’ finanziaria.

E’ sì, perché dopo il potente anestetico usato dalle banche centrali di mezzo mondo con la pluriennale immissione di moneta e tassi zero, in un’azione all’unisono che di fatto ha “sterilizzato” le capacità cognitive di molti investitori ed anche di altrettanti gestori, quest’anno si sta rivelando e si rivelerà una sonora sveglia per molti. Ovvero il ritorno (seppur doloroso) alla realtà ed al fatto che non esistono pasti gratis ‘ad libitum’ con rendimenti senza rischi. Un riequilibrio che sta iniziando a passare e passerà attraverso un ritorno di volatilità e caos, generato dall’apparente disallineamento delle banche centrali.

IL FISCHIO DI INIZIO

Con il senno del poi si capirà che il vero punto di svolta sarà da ritrovarsi a fine ottobre 2014 con la conclusione del tapering e dunque della stampa di moneta da parte della FED ma sarà ancor più chiaro che il vero fischio di inizio, in grado di svegliare i tanti partecipanti al gioco creato dai vari banchieri, è arrivato da quel piccolo paese popolato da 8 milioni di abitanti e chiamato Svizzera. Un paese che vanta oltre agli orologi, al cioccolato e tante altre eccellenze, l’invidiabile primato di centro off-shore dei capitali mondiali, con una quota pari al 26% del totale e che proietta il piccolo stato ad un rapporto attivi bancari/pil superiore al 480%. Una nazione in cui, oltre ad esservi le sedi di molte organizzazioni sovranazionali, vi è pure quella della BIS, la Banca dei Regolamenti Internazionali o anche detta “banca delle banche centrali”, in quanto in quel di Basilea, si confrontano e si tracciano le linee guida delle politiche monetarie globali. Ecco allora che quanto deciso settimana scorsa dalla Banca Nazionale Svizzera e seppur possa essere letta in molteplici aspetti ed in modo “inaspettato”, non deve però essere assolutamente sottovalutato.

GLI GNOMI ‘KAMIKAZE’ ?

La BNS ha infatti preso in contropiede gli operatori finanziari abbandonando il cambio fisso di 1,20 contro euro ed avviato nell’ormai lontano settembre 2011, nonché ha contestualmente portato i tassi di riferimento a -0,75%. Una decisione improvvisa ed apparentemente incredibile se si considera il fatto che non meno di dieci giorni prima, gli stessi vertici della banca dichiaravano fermamente la strenua osservanza e tenuta di tale rapporto.

La prima ovvia considerazione, sempre bene da ricordare, è che non bisogna mai fidarsi dei banchieri e delle loro parole o promesse e poi constatare come la caduta della linea Maginot eretta in questi anni dagli ‘gnomi’ svizzeri, stia dando il via ad apparenti e meno coordinate politiche monetarie globali. Infatti e se dopo la decisione della FED di fermare il QE si è già assistito ad una prima reazione in grande stile della BOJ giapponese, con la sua versione ‘banzai’ di stampa monetaria, quello deciso dai sempre calcolati e precisi svizzeri non può essere considerata casuale o ‘kamikaze’ e proprio alla vigilia dell’ultimo e ben più pesante attore in procinto di calcare il palcoscenico, ovvero Mario Draghi con il tanto auspicato e taumaturgico QE europeo.

LA MOSSA SVIZZERA

Le chiavi di lettura che si possono dare hanno innumerevoli risvolti e altrettante implicazioni e nulla deve essere scontato o apparire tale ma forse le prime e più “calde” interpretazioni sfornate dai media toccano sola la facciata più evidente, superficiale ed ovvia. Tra le più “gettonate” vi sono a giustificazione di una tale mossa a sorpresa, la volontà della BNS di anticipare il ‘bazooka’ BCE e le troppe fughe di capitali verso la Svizzera.

Entrambe le motivazioni ricondurrebbero al fatto che sarebbe troppo oneroso difendere il cambio fisso alla luce di un possibile (ormai quasi scontato) quantitative easing da parte della BCE ed in aggiunta alla forte pressione di capitali in entrata da parte dei tanti investitori internazionali alla ricerca di lidi sicuri, come gli spessi citati russi o greci.

L’EQUILIBRIO RIPRESO

Probabilmente Mario Draghi il 22/1 girerà le carte e mostrerà al mondo cosa la BCE per mesi ha tenuto a lungo nascosto ed ha voluto far intendere dall’estate scorsa con l’apertura al QE, seppur fino ad ora sempre posticipato. Quale però sarà la forma, il modo e l’intensità non è ancora dato sapere e questo perché c’è il forte rischio di prendere sonori fischi, essendo ormai le aspettative altissime e cresciute nel tempo, non ultime le previsione di piani ‘monster’ per oltre 2.000 miliardi e ben superiori al consenso di 500/750 miliardi. Su tali aspettative però ed a ben guardare l’euro si è già molto deprezzato, dollaro americano in primis con un -17% grazie agli ultimi movimenti post BNS. Ecco perciò che i tanti decantati rischi di perdita in pancia all’enorme bilancio della banca svizzera, nella realtà erano già prezzati nella montagna di valute ormai detenute dopo tre anni di cambio fisso. Se osserviamo infatti il grafico euro/chf, dollaro/chf ed euro/dollaro sembra esservi quasi un voluto riequilibrio, seppur rapido e violento. Potrebbe quindi essere solo una decisa attualizzazione e ritorno alla realtà, seppur con picchi intraday a quasi -30%, probabilmente causati da evidenti stop loss che sono costati molto a diversi operatori forex ed hedge funds. Una ripresa quindi del suo libero status ed in attesa di potersi nuovamente giocare un suo ruolo globale quando BCE svelerà i suoi piani e la FED deciderà come muoversi sui tassi USA.

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UN PENSIERO LATERALE

Ribaltando i punti di vista più commentati si potrebbe però pensare che se davvero la BCE stampasse l’impensabile, quali sarebbero allora i rischi di insolvenza per i bond degli stati e quindi i rischi per i cittadini europei ? E se così fosse, perché dovrebbero fuggire in Svizzera facendo rivalutare ancor più il franco, come fecero i greci e non solo, nel picco della crisi dei PIIGS del 2011 ? E poi, passando ai presunti flussi di capitali portati da greci e russi, bisogna ricordarsi che la Grecia andò in crisi nel 2010/2011 e quindi a cambi in area 1,40-1,30 e da allora i soldi “veri” sono lì ed i capitali esteri dei russi tutt’al più sono scappati pesantemente in Svizzera (oltre quelli già presenti) dopo il caso Cipro, ad un cambio però già fisso a 1,20. E se si pensa che in questi mesi il rublo è collassato e se si crede possibile l’uscita della Grecia dall’euro, con ulteriore svalutazione della nuova valuta, quale miglior occasione per riportare i soldi nei rispettivi paesi da parte di questi veri ricchi ? O come già si legge, quale sconto sarebbe quello che ricevono molti capitali in odore di rimpatrio con la voluntary disclosure italiana e semmai improvvisamente rivalutati grazie al cambio ? E ribaltando nuovamente il punto di vista, essendo il franco svizzero considerato un bene rifugio, non è che ora per scappare da una vera crisi dell’euro si è fatta saltare ed in anticipo una bella via di fuga, essendo tale operazione più costosa di almeno un 20% o 30% e quindi meno appetibile per molti e semmai insostenibile per i piccoli risparmiatori europei. E sarà forse un caso che dall’estate scorsa, osservando i flussi di capitale nell’eurozona sono riprese le uscite di capitali solo dall’Italia e ben prima di quest’ultima mossa. Ed ancora non è possibile che il processo attuato dalla Svizzera di apertura alle norme OCSE non porti nel 2017/18 anche ad una integrazione del franco nell’euro, semmai dopo che i comuni cittadini elvetici avranno assaggiato sulla loro economia interna, i ‘danni’ di una tale e decisa rivalutazione (in primis il settore immobiliare) ? E si potrebbe continuare a lungo.

CONCLUSIONE

Bisogna perciò capire, come spesso accade, che dietro ogni verità o bugia vi può essere un fondo di falsità o di verità e può essere all’occorrenza interpretata in molteplici modi. E’ per questo che valutare differenti scenari nella gestione dei propri risparmi, anche i più impensabili all’apparenza, possono tornare estremamente utili. Una visione unica è spesso l’anticamera di guai e danni peggiori, a maggior ragione quando questa viene abbandonata dai suoi creatori o peggio ancora smascherata. E l’attuale ed apparente divergenze nelle politiche monetarie potrebbe presto essere messa alla prova, proprio dall’ultima via di fuga ancora percorribile, ovvero l’oro, come dimostra il grafico storico del metallo prezioso in euro a partire dal 2007. Un trend guarda caso interrotto con l’avvento del cambio fisso da parte delle BNS. Per dirla infine con le parole attribuite ad Andreotti: “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.

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L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari. Per domande e chiarimenti potete scrivere a: info@rubensligabue.com

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