Pur essendo un inguaribile ottimista, solitamente propenso più al fare che all’aspettare , devo riconoscere che ho provato una sensazione di sconforto leggendo le note stampa diffuse dalla Commissione Europea riferite alle stime di crescita (? … sic!) del Pil europeo per il 2012. Sconforto per i dati che, come sempre accade quando ci sono numeri, ci palesano in maniera brutale una serie di problematiche che ben difficilmente potranno essere risolte, a mio parere,con una politica economica basata sostanzialmente sull’austerity e la conseguente contrapposizione delle parti sociali. Vediamo alcuni punti: – La previsione al ribasso – riferita al Pil dell’Eurozona – precedentemente prevista in aumento dello 0,5% (aumento?! … sic!) è stata rivista in ribasso di 0,8 punti percentuali (sic!, sic!) a causa del perdurare delle condizioni economiche critiche.
Quindi, la Commissione parla di stagnazione.
Sarebbe più opportuno, a mio avviso, usare il termine stagflazione, ovvero quel micidiale cocktail di stagnazione ed inflazione che, sebbene non imputabile all’aumento della massa di moneta circolante, avviene per effetto dell’aumento dei prezzi delle materie prime e delle accise (degli effetti di una tale situazione, ho scritto nel mio primo articolo per La Crepa). – Lo sconforto aumenta quando i numeri fotografano le previsioni dei Paesi più “chiacchierati”, tra i quali (sic!) il nostro. Una brevissima considerazione sulla Grecia è d’obbligo. Si indica un -4,4%: in questo caso, tutti i “sic!” del mondo non basterebbero! Quindi, mi limito a pormi/porvi una sola domanda: come sarà possibile che il Paese possa far fronte agli impegni presi? A mio avviso sarà molto, molto difficile. Se avete qualche idea, vi invito a pubblicarla nei commenti.
– Veniamo quindi al Belpaese, e anche qui sono dolori. Le stime della Commissione europea prevedono un calo del nostro Pil dell’1,3%. Con le dovute proporzioni, vale ahimè l’analogia con la Grecia, auspicando ovviamente una conclusione ben diversa. E’ doveroso rimarcare – ci dice sempre la Commissione – che tale stima rimane sub judice dello spread, il famigerato differenziale dei nostri titoli con il bund tedesco, ovvero che debba mantenersi attorno ai 370 punti. Questi sopra, in sintesi, i punti salienti.
Stando sulle questioni di casa nostra, cosa dire? Una diminuzione percentuale di tale portata significa in valori assoluti miliardi di euro di Pil in meno, con tutte le conseguenze negative che questo comporta in termini di occupazione, perdita di consumi, perdita di fabbisogno per il welfare e via a cascata. Nella nota della Commissione si legge che il ritocco al ribasso è causato da “un alto livello di incertezza, i consumi più cospicui e gli investimenti delle aziende vengono rimandati, con la conseguenza che le stime di crescita per la prima parte del 2012 sono peggiorate rispetto alle stime precedenti”.
Quindi, una soluzione potrebbe essere quella che l’incertezza (dei consumatori) e la mancanza di investimenti (delle Imprese) siano risolti da una bella iniezione di liquidità da parte delle Banche nel sistema della manifattura, dallo smobilizzo del free lunch che è stato il denaro prestato loro dalla Bce a tassi di favore e che avrebbe dovuto essere in gran parte destinato a dare ossigeno alle Imprese, all’economia reale, e non utilizzato per… ricomperare il loro debito! Come ho più volte sostenuto, dobbiamo guardare al denominatore nel rapporto debito / PIL.
E per quanto riguarda lo spread, siano promulgate norme chiare e severe nei confronti della finanza speculativa, sui futures, derivati e sulle vendite/acquisti allo scoperto. Altrimenti quella finanza che attraverso computers e software sofisticatissimi ed autonomi è in grado di generare, come ha fatto, disastri mondiali, sarà la causa del ritorno al Medioevo.
Superiamo quindi lo sconforto: occorre urgentemente “fare”, rimettere l’uomo al centro dell’interesse, altrimenti saremo travolti dal nostro “aspettare” nel subire passivamente gli eventi.
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