Il Credit Suisse anticipa l’Eba che il prossimo 29 luglio divulgherà gli esiti dello stress test sulle banche. Gli analisti della banca svizzera, in un report pubblicato stamani, hanno infatti iniziato la copertura di quattro banche italiane realizzando una propria analisi di qualità degli asset. Gli istituti presi in considerazione sono Intesa Sanpaolo , Unicredit , Ubi eBanca Mps .
Soltanto Intesa e Ubi hanno ottenuto una raccomandazione outperform ma il potenziale di rialzo è superiore per la banca guidata da Carlo Messina il cui target price è di 2,5 euro, con un upside del 30% sulla quotazione attuale di 1,93 euro. Ubi ha un upside del 25% a fronte di un prezzo obiettivo di 3,5 euro e dell’attuale prezzo di borsa di 2,79 euro.
Unicredit ha avuto un giudizio neutral con target price di 2,28 euro, il 5% in più degli attuali 2,18 euro. Fanalino di coda è Mps la cui raccomandazione è underperform con target orice a 0,29 euro, il 15% in meno degli attuali 0,34 euro.
“Intesa e Ubi sono in grado di contare su capitale in eccesso anche in uno scenario avverso”, spiega Credit Suisse. Se per Mps ormai sono note le criticità, anche Unicredit è a rischio carenza di capitale, non a caso le prime mosse del nuovo ad Jean Pierre Mustier sono state le due cessioni di una quota di Fineco e di Pekao incassando più di 1 miliardo di euro. “Unicredit e Mps rischiano di affrontare una situazione di carenza di capitale”, avverte Credit Suisse nel suo report.
La qualità degli asset è oggi al centro dell’attenzione degli investitori che dopo la Brexit si sono concentrati sui rischi sistemici del comparto bancario italiano, anche in vista dell’avvicinarsi della fatidica data del 29 luglio. Le banche italiane hanno un totale di 360 miliardi di non performing loans lordi, ovvero il 20% del pil dell’Italia”, sottolinea il report.
Nel dettaglio gli stress test condotti da Credit Suisse evidenziano che mentre Intesa e Ubi possono contare su risorse aggiuntive anche nel peggior scenario possibile, Unicredit ha una carenza potenziale per un valore compreso tra i 4 e i 9 miliardi di euro, mentre Mps tra 600 milioni e 3,5 miliardi, per un totale al massimo di circa 12 miliardi.
Il punto interessante è che “mentre il titolo Unicredit già sconta in gran parte un ammanco di capitale (d’altra parte di recente anche il presidente Giuseppe Vita ha detto che la banca dovrà ricapitalizzare, ndr), Mps ha bisogno di aiuti di Stato o, nell’ipotesi peggiore, della risoluzione tramite il bail-in”, evento quest’ultimo cui il governo si sta opponendo lottando con le autorità europee per una soluzione che risparmi correntisti, azionisti e obbligazionisti.
Quanto all’intero settore bancario, Credit Suisse calcola che c’è bisogno di non meno di 30 miliardi per risolvere il problema degli npl. “Stimiamo che il fondo Atlante potrebbe acquistare fino a 18 miliardi di npl, ma riteniamo che abbia necessità di almeno 30 miliardi per abbattere decisamente la dimensione degli npl italiani”, afferma Credit Suisse, che sono circa 200 miliardi.
“Data la dimensione del problema stimiamo che la dotazione di Atlante dovrebbe essere tra i 30 e i 40 miliardi per abbattere di almeno il 25%, ovvero di 50 miliardi, e fino a oltre il 60% (130 miliardi) l’ammontare totale degli npl”, precisa il report.
Il problema è proprio la capacità di Atlante di raccogliere risorse. “Crediamo che il fondo abbia un potenziale di attrarre ulteriori risorse da nuovi investitori soltanto per 5-6 miliardi. Quindi per ora pensiamo che il settore debba fare affidamento sulle misure allo studio del governo e che si debba anche aumentare il livello di copertura degli npl di un valore compreso tra gli 8 e i 10 punti base di cui 5 punti potrebbero essere forniti da Atlante e dalle garanzie pubbliche”. Ma la situazione ottimale è un’altra.
“Nel più lungo termine, sebbene le autorità non permettono una soluzione stile Tarp negli Usa, crediamo che proprio gli aiuti di Stato saranno necessari per risolvere la questione degli npl”, conclude Credit Suisse.