Come previsto, il vertice dei Paesi OPEC ed esportatori non OPEC ha deciso di prolungare di 9 mesi fino a fine 2018 i tagli alla produzione attualmente in essere, rimuovendo potenzialmente dal mercato globale 1,7 milioni di barili al giorno anche per il prossimo anno. La partecipazione di Libia e Nigeria (escluse finora a causa della lontananza del loro livello di produzione dalle quote) all’accordo è giunta invece a sorpresa, e l’aggiunta di altre 6 nazioni in qualità di osservatori indica la possibilità di un’ulteriore estensione dell’accordo in futuro. Inoltre è stato deciso di rivedere la politica di produzione al meeting di giugno 2018 sulla base dell’andamento del mercato. Ciononostante, la reazione delle quotazioni del petrolio è stata neutro-negativa. L’esito del vertice era in gran parte scontato ed il massiccio posizionamento rialzista sul mercato del futures è di ostacolo alla prosecuzione del rally. A medio termine, i rischi al rialzo per le quotazioni del greggio legati all’accordo sono compensati dagli effetti sulla domanda mondiale (in ribasso) e sulla produzione USA di “shale oil” (in aumento) dei prezzi elevati degli ultimi mesi. Dopo una fase di moderate prese di profitto a breve termine, pertanto, le quotazioni dovrebbero stabilizzarsi in area 55/60 US$/barile per il WTI nel corso del 2018. La risposta del settore petrolifero USA si sta già intensificando, come mostra il continuo aumento anche la scorsa settimana della produzione e del numero di impianti di trivellazione in attività. Deboli i metalli industriali nonostante la solida batteria di indici PMI Manifatturieri globali, probabilmente a causa della tensione sui tassi d’interesse in Cina che alimenta i timori di rallentamento dell’economia. Inoltre il Dipartimento del Commercio USA ha lanciato un’inchiesta per dumping sulle importazioni di alluminio dalla Cina, che può potenzialmente spingere i prezzi al rialzo. Oro poco mosso in assenza di catalizzatori.
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