- Portiamo la view sull’oro da neutrale a positiva, con l’avvicinarsi della fine del ciclo monetario restrittivo della Fed e come protezione dai rischi al ribasso per l’economia mondiale. Tra febbraio e settembre 2018 la combinazione di stress finanziario nei Paesi Emergenti, accelerazione della crescita economica negli USA e restrizione monetaria della Federal Reserve è stata molto penalizzante per l’oro, che, in linea con l’esperienza storica, non è stato efficace come bene rifugio in un contesto di rischi al ribasso per la domanda finale di metallo nei Paesi Emergenti, aumento del costo-opportunità di detenere oro rispetto alla liquidità in US$ ed apprezzamento del US$. Verso la fine dell’anno, tuttavia, i driver dell’andamento dell’oro sono cambiati ed all’inizio del 2019 il rapporto tra i fattori di rischio è diventato più favorevole per il metallo giallo.
- A partire dal quarto trimestre 2018, lo stress finanziario sui Paesi Emergenti ha cominciato a ridursi ed i mercati hanno iniziato a prezzare il rischio di un rallentamento sincronizzato dell’economia globale ed una crescente probabilità di recessione negli Stati Uniti tra il 2019 ed il 2020. In questo contesto, la Federal Reserve ha adottato una linea di politica monetaria chiaramente più accomodante. Queste condizioni macroeconomiche sono molto più favorevoli per l’oro, che tende a sovraperformare con l’aumento del rischio di recessione negli USA ed in anticipazione di un ciclo di ribasso dei tassi della Fed.
- Inoltre, nell’attuale scenario, la view positiva sull’oro non è in contrasto con le pressioni di apprezzamento del US$. L’oro è generalmente correlato negativamente con il US$ e con i tassi d’interesse reali USA, ma tale correlazione è instabile e tende a diventare positiva nelle fasi finali del ciclo economico, come quella attuale, quando l’aumento dei tassi reali diventa esso stesso un rischio per l’economia, i mercati finanziari anticipano un cambio in senso espansivo della politica monetaria americana ed aumenta la domanda di beni rifugio, che supporta sia il US$ che l’oro. Per gran parte del 2018 la divisa USA è stata il bene rifugio per eccellenza, ma su di essa grava un crescente rischio politico domestico, di cui lo “shutdown” è probabilmente solo la prima manifestazione e che potrebbe acuirsi in vista delle scadenze fiscali e politiche più importanti nei prossimi mesi (soglia massima di debito pubblico, “fiscal cliff” a fine anno, indagini del procuratore Mueller e campagna elettorale per Presidenziali 2020), rispetto al quale l’oro non è correlato.
- Alla luce di queste considerazioni, in ottica di asset allocation consigliamo di inserire in portafoglio una componente di oro fisico poiché il suo appeal per fornire diversificazione e protezione è ora significativamente aumentato, come evidente dai forti acquisti degli ETF, soprattutto in dicembre. Poiché nell’attuale scenario la domanda di beni rifugio dovrebbe beneficiare sia l’oro che il US$, non è necessario coprire l’esposizione valutaria, soprattutto rispetto all’Euro, dal momento che la valuta unica europea soffre per fattori specifici (sia macro che politici), a meno di un improbabile rapido miglioramento degli indici PMI dell’Eurozona. Tecnicamente a breve termine il movimento può estendersi fino alla resistenza in area 1350 US$/oncia, soprattutto nel caso in cui il rally di sollievo dell’S&P 500 dovesse perdere vigore, con forte supporto in area 1250 US$/oncia.

- Anche se preferiamo l’investimento diretto nella materia prima, la view positiva sull’oro potrebbe riportare interesse anche sull’equity aurifero. Nel 2018 le azioni aurifere hanno sottoperformato il metallo, seguendo un trend calante che persiste da metà 2016; inoltre, al contrario dell’oro, il settore è stato fortemente penalizzato durante il rally di sollievo degli altri asset rischiosi di gennaio. L’equity aurifero ha progressivamente perso appeal per gli investitori, dal momento che la riduzione della leva finanziaria tra il 2013 ed il 2015 ha diminuito la sensibilità all’andamento del prezzo dell’oro, il principale motivo di interesse degli investitori per il comparto, e le quotazioni del metallo tra 1150 e 1350 US$/oncia negli ultimi 3 anni hanno compromesso la crescita della produzione e la sostituzione delle riserve. Recentemente, tuttavia, il ritorno dell’attività di M&A (Barrick – Randgold e Newmont – Goldcorp già annunciate, potenzialmente AngloGold Ashanti – Gold Fields) sta rianimando il comparto: in attesa che prezzi più elevati della materia prima favoriscano gli investimenti, i maggiori player hanno iniziato ad ovviare alla carenza di riserve con nuove acquisizioni.
- Operativamente, consigliamo di posizionarsi per un rialzo delle quotazioni dell’oro con i seguenti strumenti:
Per la materia prima: ETC ETFS Physical Gold (PHAU, JE00B1VS3770), quotato a Milano.
Per l’equity aurifero: Bgf World Mining Hedged C2 Eur (LU0326424974); Franklin Gold And Precious Metals A Eurh1 Acc (LU0496368142).
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