Dopo diverse settimane di vendite violente, culminate nella pesante seduta di martedì scorso, le materie prime sembrano iniziare a stabilizzarsi, con le pressioni al ribasso sul petrolio che paiono in attenuazione e la sovraperformance dei metalli che si sta intensificando.
Il flusso di notizie è rimasto uniformemente negativo per il greggio nell’ultima settimana, per cui la mancata rottura al ribasso di 55 US$/barile per il WTI e 65 US$/barile per il Brent potenzialmente segnala che un tentativo di stabilizzazione è in corso, tanto più in relazione all’intensificazione del sell-off sugli altri asset rischiosi. I report settimanali USA sono stati decisamente sfavorevoli, con nuovi massimi storici per la produzione, un nuovo aumento del numero degli impianti estrattivi in attività e scorte in aumento ai massimi da dicembre 2017. Inoltre la retorica politica è confusa: dopo aver segnalato la volontà di proporre un taglio della produzione al prossimo vertice OPEC di dicembre, Arabia Saudita e Russia sembrano aver smorzato i toni, verosimilmente su pressione della Casa Bianca. Mentre le attuali quotazioni sembrano scontare uno scenario macroeconomico eccessivamente negativo, è necessario un miglioramento nel mercato fisico, che attualmente è in eccesso di offerta, o dei mercati finanziari per innescare un recupero significativo.
La debolezza del US$, in parte legata ai dati macroeconomici USA ed alla possibilità che la retorica della Fed possa diventare meno restrittiva, l’aspettativa che al G20 di fine mese ci possa essere un tregua sulla guerra commerciale USA-Cina ed i primi segnali di miglioramento dell’attività economica in Cina (grazie al rialzo degli investimenti in infrastrutture) stanno sostenendo le quotazioni dei metalli preziosi ed industriali, che potrebbero essere tra i principali beneficiari di un miglioramento delle relazioni commerciali tra USA e Cina.
Devi accedere per postare un commento.