Commodities

 Le vendite sulle commodities sono continuate nell’ultima settimana, con tutti i comparti al ribasso (ad eccezione di una relativa stabilità di quello agricolo), riflettendo la combinazione di rafforzamento del US$ e continua incertezza sull’andamento dell’economia cinese e sulle relazioni commerciali tra USA e Cina.

Il petrolio ha continuato a guidare il ribasso, con WTI e Brent entrati ufficialmente in “bear market” (correzione superiore al 20%), dopo che le quotazioni hanno testato rispettivamente quota 60 e 70 US$/barile, in controtendenza rispetto al rally degli asset rischiosi dopo le elezioni di medio termine USA. Gli investitori continuano a temere che il mercato fisico sarà caratterizzato da eccesso di offerta nei prossimi mesi, dal momento che la riduzione delle esportazioni iraniane in vista dell’entrata in vigore delle sanzioni USA (il 4 novembre) è stata più lenta dell’aumento della produzione nei Paesi esportatori OPEC e non OPEC. Inoltre la volontà degli USA di costringere gli altri Paesi a rispettare le sanzioni sembra più bassa del previsto, stando alle proroghe di 6 mesi inaspettatamente concesse ad 8 Paesi (tra cui Cina e India). La tempistica sfortunata (nel pieno della stagione di manutenzione per le raffinerie) ed i timori sull’andamento dell’economia cinese e globale hanno poi contribuito ad accelerare il movimento al ribasso. Con la riduzione del rischio legato alle elezioni di medio termine USA (Arabia Saudita e Russia avevano aumentato la produzione anche per accomodare le richieste USA di calmierare i prezzi prima delle elezioni) e con i prezzi sotto i livelli necessari per equilibrare i budget pubblici in numerosi Paesi esportatori, la probabilità che l’OPEC possa intervenire tagliando la produzione al prossimo meeting di dicembre sta aumentando, come evidenziato lunedì dalla stessa Arabia Saudita.

Metalli deboli, guidati dall’oro, principalmente come riflesso dell’apprezzamento del US$ e per la cattiva accoglienza da parte degli investitori delle nuove misure cinesi di stimolo macroeconomico (quote di erogazione del credito) che sembrano malcalibrate ed eccessive.

 

 

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