Commodities

 Le perdite sulle materie prime nell’ultima settimana sono state fortemente concentrate sul comparto energetico, mentre metalli e commodities agricole hanno chiuso le contrattazioni generalmente stabili o al rialzo, supportate principalmente dalla speculazione su una tregua nella guerra commerciale tra USA e Cina.

Il petrolio ha ampiamente sottoperformato il complesso delle materie prime nonostante il miglioramento della propensione al rischio sui mercati, I report settimanali USA hanno riportato il sesto aumento consecutivo delle scorte, a fronte di un nuovo aumento della produzione. Inoltre l’aumento della produzione OPEC continua a ritmo sostenuto, giungendo sul mercato prima dell’uscita del petrolio iraniano per effetto delle sanzioni americane, che sono entrate in vigore il 5 novembre. Infine gli Stati Uniti sembrano propensi a concedere una moratoria sull’entrata in vigore delle sanzioni ad almeno 8 Paesi alleati importatori di petrolio iraniano. Riflettendo i rischi di un eccesso di offerta nel breve termine, le quotazioni del WTI hanno rotto al ribasso il limite inferiore del range 65/75 US$/barile prevalente da maggio e quelle del Brent si avvicinano al limite inferiore del range 70/80 US$/barile. Con le posizioni nette rialziste sui mercati dei futures scese ai livelli più bassi da luglio 2017, le quotazioni del petrolio potrebbero recuperare rapidamente, superati i due eventi cruciali dell’imposizione delle sanzioni USA all’Iran e delle elezioni di medio termine americane, al primo segnale di ritorno in attività delle raffinerie USA o di riduzione rapida della produzione iraniana.

Le notizie che gli USA cercheranno di riattivare i negoziati commerciali con la Cina in occasione del G20 di fine novembre e quelle di nuovi stimoli macroeconomici dal Governo cinese hanno spinto al rialzo i metalli industriali e preziosi e le commodities agricole. Nonostante le pressioni di apprezzamento sul US$ anche in conseguenza del solido report sul mercato del lavoro USA di ottobre, le quotazioni dell’oro hanno tenuto quota 1230 US$/oncia, probabilmente riflettendo un crescente premio per il rischio politico americano in caso di “Congresso diviso” dalle elezioni di medio termine del 6 novembre.

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