Il complesso delle materie prime ha recuperato terreno nell’ultima settimana, ma se non fosse stato per il balzo del WTI di venerdì, le performance sarebbero state negative, dal momento che i timori di guerra commerciale tra USA e resto del mondo hanno pesato su metalli industriali e commodities agricole, il Brent ha ampiamente sottoperformato il WTI e la persistente forza del US$ ha continuato a frenare l’oro.
Il vertice dei Paesi esportatori di petrolio OPEC e non OPEC di venerdì e sabato era certamente l’evento più atteso dai mercati delle materie prime. Come previsto, il consesso di Paesi ha approvato all’unanimità un aumento della produzione di un milione di barili al giorno, dopo aver ricomposto l’opposizione di alcuni membri (come Iraq e Iran). L’obiettivo è di accomodare le richieste dai Paesi importatori (in particolare gli USA) di prezzi più bassi, riportando il rispetto degli accordi precedenti al 100%, dopo che questa percentuale era salita fino al 160% per via dell’inatteso collasso della produzione venezuelana. Pertanto l’aumento di produzione effettivo dovrebbe essere decisamente più basso del milione di barili/giorno deciso, come già prezzato dai mercati. Il rally della scorsa settimana è probabilmente legato ai report settimanali USA, che mostrano una frenata dell’attività produttiva ed un forte calo delle scorte, oltre alle notizie di problemi produttivi in Canada che, uniti ai noti problemi logistici, a breve termine possono creare strozzature all’offerta negli USA. Come conseguenza il WTI ha fortemente sovraperformato il Brent e la curva dei futures sul WTI è piombata in forte “backwardation” (inclinazione negativa).
Tra le altre commodities, i timori che l’escalation della retorica protezionista USA possa sfociare in guerre commerciali con conseguenze negative per la crescita mondiale ha pesato sia sui metalli industriali (più esposti al ciclo economico mondiale) che sulle commodities agricole (nel centro del mirino dei dazi cinesi di ritorsione sulle esportazioni americane). L’oro è ancora sceso a nuovi minimi da inizio anno, non riuscendo a capitalizzare sull’avversione al rischio, probabilmente a causa della relativa stabilità dei tassi a breve USA che continuano a supportare il US$.
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