Nonostante i dati sfavorevoli dagli USA, le quotazioni del petrolio sono tornate ai massimi dell’anno e da metà 2015, con il WTI sopra quota 58 US$/barile ed il Brent oltre quota 63 US$/barile, in attesa del vertice OPEC di giovedì. Il consenso degli investitori prevede un prolungamento di 6-9 mesi dei tagli alla produzione oltre la scadenza prevista di marzo 2018, dopo che la retorica dei Paesi OPEC e non OPEC nell’ultima settimana sembra puntare più chiaramente ad un accordo tra Arabia Saudita e Russia. Considerando l’outlook instabile per alcuni produttori come Venezuela, Libia e Nigeria ed i rischi per la produzione iraniana dalle sanzioni USA, l’attenzione dei mercati sarà particolarmente alta per le quote di produzione che saranno decise. Nel frattempo i report settimanali USA sembrano confermare che i produttori di “shale oil” americani, grazie agli accresciuti flussi di cassa generati dai prezzi di vendita più elevati, stanno aumentando l’attività, con il numero di impianti di trivellazione attivi in deciso aumento e la produzione di greggio USA oltre i massimi di giugno 2015.
Alla luce della maggior reattività dei produttori USA, del posizionamento rialzista record degli speculatori e ribassista record degli operatori commerciali e del premio per il rischio politico mediorientale già riflesso nelle quotazioni, un annuncio nel meeting di giovedì in linea con il consenso può attirare prese di profitto tecniche ma le quotazioni dovrebbero stabilizzarsi nei mesi successivi intorno a 60 US$/barile per riflettere le prospettive di smaltimento di scorte per il 2018.
I metalli industriali hanno beneficiato del rally del petrolio e del ribasso del US$ riportandosi verso i massimi dell’anno, in attesa degli indici PMI cinesi in pubblicazione questa settimana. Più modesto il recupero dell’oro, tornato sopra quota 1290 US$/oncia.
Devi accedere per postare un commento.