Commissione banche. In 48 ore, l’inciucio preventivo è svelato – Mauro Bottarelli

Parliamoci chiaro: in un Paese civile, il rimpallo di responsabilità fra Bankitalia e Consob sulla mancata vigilanza nel sistema bancario non sarebbe nemmeno immaginabile, non possibile. Sarebbero volate, da tempo, teste e scrivanie: qui, invece, si invocano audizioni. Dove? Ma ovviamente in quella che è diventata il sancta sanctorum di tutti gli snodi pre-elettorali, il labirinto di ogni ricatto: la Commissione d’inchiesta sul sistema bancario, giochino a orologeria non a caso messo in campo a poche settimane dallo scioglimento delle Camere con un un’unica finalità. Ovvero, un bel pareggio sulle responsabilità politiche. Basti guardare cosa è accaduto nelle ultime ore: l’audizione del procuratore di Arezzo, dipinto come un Gatto Silvestro che durante l’audizione ha pestato la proverbiale merda, ha infatti innescato il solito rimpiattino.

Al centro della disputa, la quale dovrebbe essere sciolta nel tardo pomeriggio di oggi dal presidente dell’organismo d’indagine, Pier Ferdinando Casini, è l’opportunità o meno di audire Federico Ghizzoni,ex ad di Unicredit e al centro della diatriba che da mesi vede Maria Elena Boschi in odore di conflitto di interesse per la presunta pressione posta proprio sul banchiere, affinché il suo gruppo acquisisse Banca Etruria in difficoltà, istituto che all’epoca vedeva nel board il padre della Boschi. La quale, dopo aver fatto scadere i termini per la denuncia penale contro Ferruccio De Bortoli, reo di aver rivelato il retroscena nel suo ultimo libro, l’altro giorno ha presentato querela civile per risarcimento danni: tardiva iniziativa a tutela della propria onorabilità?

No, linea del Piave emergenziale in caso davvero si arrivasse all’audizione di Ghizzoni: con un procedimento in corso, si potrebbe eccepire un conflitto di attribuzioni fra due organi che hanno i medesimi poteri – Commissione e magistratura ordinaria -, garantendo alla presidenza un buon alibi per lasciare tranquillo l’ex ad di Unicredit. Il quale, nel frattempo, è diventato presidente di Rothschild Italia: sicuri che Oltralpe, dove un uomo della stessa scuderia è all’Eliseo a fare il bello e cattivo tempo, lasceranno mettere sulla graticola e, magari, sputtanare, un loro così importante rappresentante?
Ma poi, davvero c’è tutta questa voglia di sentire la versione di Ghizzoni? Certamente non all’interno del PD ma anche Forza Italia, attraverso il capogruppo alla Camera e vice-presidente della Commissione d’inchiesta, Renato Brunetta, non pare proprio essere pronta allo scontro fra titani per ottenere il risultato. Anzi, di fatto si fa capire che non c’è necessità, che il perimetro di responsabilità – anche politiche – attorno all’affaire Etruria è stato tracciato a sufficienza e, quindi, si vada avanti con le ultime audizioni, quelle di fatto giù decise: Visco, Vegas e Padoan. I quali, ovviamente, non avranno un cazzo da dire, per il semplice fatto che conviene a tutti stare allineati e coperti. Forse Visco avrà la tentazione di rintuzzare gli ultimi attacchi di Renzi e fargli pagare politicamente il conto per quei dieci giorni di sudori freddi prima del rinnovo della carica a Palazzo Koch ma, alla fine, prevarrà l’istinto di conservazione: chi me lo fa fare di ingaggiare una guerra di retroguardia con uno che, al netto della quasi scontata sconfitta elettorale del PD, conterà comunque, perché già d’accordo con Forza Italia per un governo di unità nazionale? tanto più che ciò che volevo, ovvero il rinnovo della carica, l’ho ottenuto.

E il clima di inciucio già imperante ce lo dimostra anche l’esito della riunione dei capigruppo tenutasi ieri al Senato per decidere la calendarizzazione degli ultimi provvedimenti d’Aula prima dello scioglimento delle Camere, atteso a questo punto per metà gennaio: era la prima prova da attore ufficialmente di parte per Pietro Grasso e tutti gli occhi erano sul destino delle due leggi più calde, il biotestamento e lo ius soli. La capogruppo di “Liberi e uguali”, Cecilia Guerra, prima di entrare in sede di capigruppo, sparava la bombetta: “Bene il biotestamento subito in aula ma vogliamo anche lo ius soli”. Come dire, tana per il PD. E invece come è andata a finire? Biotestamento subito in aula, con solo gli alfaniani a porre un minimo di resistenza sul nodo eutanasia e ius soli ultimo della lista. Ovvero, affossato. Duplice mossa strategica di Grasso, come dice qualcuno? Ovvero, dimostrarsi indipendente e, contemporaneamente, far litigare sul tema Renzi e Pisapia? No, semplicemente paraculaggine diffusa ed ennesima conferma che Stefano Ricucci meriterebbe l’intitolazione di vie e monumenti: in questo Paese con lo ius soli degli altri, sono accoglienti tutti. Ma con le gente incazzata e le urne a uno sputo, meglio evitare grane accessorie. Alla faccia dell’allarme fascismo e neo-imperialismo prussiano.
Ora il giochino è facile, su tutti i fronti. Il biotestamento ha la strada spalancata dall’accordo PD-Cinque Stelle, numeri pressoché garantiti e in Commissione d’inchiesta la minaccia PD di chiedere l’audizione del governatore del Veneto, Luca Zaia, relativamente alla questione delle popolari di quel territorio, Vicenza in testa, fa capire che l’inciucio è in atto: tu minacci Ghizzoni, io rilancio Zaia e alla fine sentiremo Vegas che ci dice come Consob sia sempre stata sveglia come un grillo, in attesa che lo nominino alla guida della Federcalcio (ho detto tutto). La solita presa per il culo all’italiana. Spero di sbagliarmi, spero che questo pomeriggio Pier Ferdinando Casini e soci mi ricaccino queste parole in gola e dicano sì alla convocazione di Federico Ghizzoni.

Perché, altrimenti, il gioco sarà svelato: le urne di primavera saranno solo un tagliando formale, reso tale da una legge elettorale voluta dal PD che è garanzia ontologica di ingovernabilità, per il Nazareno 2.0, tanto negato nelle parole, quanto ormai palese nei fatti. Non a caso, a sinistra si è consumata la scissione formale, mentre a destra Salvini e Meloni mandano sempre maggiori segnali di malcontento nei confronti di Silvio Berlusconi. La logica pare chiara: ministeri e sottosegretariati ce ne sono, quindi evitiamo di romperci troppo i coglioni. Tanto, numeri alla mano, a marzo (o quando si voterà) dalle urne non uscirà alcuna maggioranza in grado di governare da sola: salvo miracoli plebiscitari dei 5 Stelle, tutto sarà nelle sapienti e istituzionali mani del presidente Mattarella. E con il PD “ripulito” dalle scorie di sinistra, Renzi avrà mano libera sul governo di larghe intese.

Benedetto dall’Europa, oltretutto, visto che ormai in Germania pare chiaro il cambio di intenzioni della SPD e una Grosse Koalition anche in Italia vedrebbe tutti felici e contenti a Bruxelles, con Roma e Berlino anatre zoppe e Parigi sempre più leader (prova ne sia l’attivismo unilaterale di Emmanuel Macron in questo periodo, dalla Libia al Libano, fino allo Yemen e alla questione di Gerusalemme capitale unica d’Israele). Lo so, avete ragione voi: chi non vota delega ad altri il suo futuro. E, quindi, è un coglione. Sono un coglione, lo ammetto. Ma non un complice. Perché qui siamo nella categoria del crimine istituzionale via morphing della governabilità, non più della politica parlamentare e parlamentarista. Ci penseranno i 5 Stelle a far saltare il banco? Ve lo auguro. Personalmente, attendo solo lo schianto. Schumpeterianamente. Ed, egoisticamente, non avendo più un cazzo da perdere, casomai fosse un po’ di caos a prevalere

 

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