Riportiamo la view sulla sterlina da negativa a neutrale dopo che la sentenza dell’Alta Corte riduce drasticamente la probabilità di “hard Brexit”, lo scenario più temuto dai mercati finanziari
Il Governo britannico ha perso ieri la causa presso l’Alta Corte inglese sulla possibilità di gestire il processo di Brexit senza consultare il Parlamento. La sentenza è vaga sui tecnicismi ma è molto chiara nella sostanza, laddove sostiene che “è stato fissato da secoli che la Corona (cioè il Governo) non può scavalcare la legislazione del Parlamento” e che “la Corte espressamente accetta la posizione dei querelanti che il Governo non ha il potere (di chiedere l’attivazione dell’Articolo 50 del trattato UE)”. Il Governo ha immediatamente annunciato il ricorso in appello alla Corte Suprema, che ha prontamente fissato le udienze delle parti per il 7 e 8 dicembre, ma parte da una posizione di debolezza, a causa della nettezza della sentenza e della seniority dei giudici che hanno partecipato (le due più alte cariche della giustizia inglese).
La retorica particolarmente aggressiva adottata dal Primo Ministro Theresa May nel congresso del Partito Conservatore di inizio ottobre, che dava la priorità al controllo dell’immigrazione a scapito dell’accesso al mercato comune europeo e fissava in marzo 2017 la tempistica per richiedere l’attivazione dell’Articolo 50 per l’uscita dall’Unione Europea, aveva drasticamente aumentato la probabilità dello scenario di “hard Brexit”, il più negativo per gli investitori poiché potenzialmente più disfunzionale per l’economia ed i mercati finanziari. Come conseguenza la sterlina era rapidamente crollata da 1,30 a 1,22 contro US$ e da 0,86 a 0,90 contro Euro. La riaffermazione dell’autorità del Parlamento nel supervisionare il processo di Brexit segna invece un drastico aumento della probabilità dello scenario di “soft Brexit”, dal momento che la posizione del Parlamento sulla questione è notoriamente più morbida di quella del Governo, soprattutto se dovesse essere richiesto un Atto del Parlamento vero e proprio che coinvolga anche la Camera dei Lord. Anche se è molto improbabile che la Camera dei Comuni o la Camera dei Lord vogliano negare l’esito del referendum, quasi sicuramente fisseranno dei paletti più stretti all’azione del Governo, come una maggiore enfasi sull’accesso al mercato comune europeo, che ammorbidiranno significativamente la linea del Primo Ministro. Inoltre la scadenza di marzo 2017 per attivare l’Articolo 50 potrebbe facilmente slittare per via del dibattito parlamentare. Bisogna infine considerare che la maggioranza del Primo Ministro May alla Camera dei Comuni è sottile (15 voti) e, anche se il sostegno e l’opposizione alla Brexit sono trasversali tra il Partito Laburista e quello Conservatore, un’eventuale mancanza di unità tra i Conservatori può portare ad elezioni anticipate, soprattutto nel caso in cui Theresa May ponesse la fiducia sul voto sull’Articolo 50.
Nel meeting di ieri la Bank of England è suonata più hawkish del previsto, di fatto adottando una linea di politica monetaria più neutrale. A causa della buona tenuta dei dati macroeconomici britannici post-referendum e delle ripercussioni sull’inflazione dalla svalutazione della sterlina, la Banca Centrale ha escluso un ulteriore taglio dei tassi prima della fine dell’anno ed ha affermato che “la politica monetaria può rispondere in entrambe le direzioni alle variazioni dell’outlook economico”. Questo sembra escludere nuove misure monetarie espansive prima che si manifestino conseguenze negative per l’attività economica dalla Brexit, che a questo punto sembrano improbabili prima del secondo semestre 2017.
La combinazione di ridotta probabilità di “hard Brexit”, dati macroeconomici più solidi del previsto, cambio di linea di politica monetaria della Bank of England in senso neutrale e posizionamento short sovraffolato sulla valuta rimuovono parzialmente i rischi al ribasso per la sterlina a breve/medio termine, pur con il rischio della Corte Suprema ancora presente. Anche se le prospettive a medio/lungo termine rimangono negative (la sterlina è la principale valvola di sfogo della tensione politica e del potenziale shock macroeconomico dall’uscita dall’Unione Europea, con scarsa propensione dei policymarkers per difenderla), una maggiore stabilità del cambio intorno a quota 1,26 contro US$ nei prossimi 2 mesi appare ora lo scenario di base (contro Euro il livello è fortemente condizionato dall’andamento del US$ che dipende dall’esito delle elezioni USA). Pertanto adottiamo una view neutrale sulla divisa britannica.
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