Due dei maggiori trend dell’anno sui mercati finanziari, cioè l’apprezzamento dell’Euro e delle valute Emergenti contro US$, si sono arrestati nell’ultimo mese, dopo che alcuni dei loro driver sono ruotati a favore della divisa USA. In particolare il ritorno della «Trumpflation», dopo la retorica politica a Washington è diventata più costruttiva nei confronti della riforma fiscale, e la rotazione del differenziale di politica monetaria dopo che la comunicazione della Fed ha indotto gli investitori a riprezzare un percorso futuro più ripido di rialzi dei tassi, sono stati di supporto al US$. Contemporaneamente, la possibilità che il «tapering» dela «quantitative easing» della BCE sia più morbido del previsto ed il ritorno del premio per il rischio politico sugli asset europei dopo la sorpresa elettorale in Germania ed il caos in Spagna hanno indotto prese di profitto sull’Euro, che era vulnerabile anche per il posizionamento rialzista particolarmente pesante. Il potenziale di apprezzamento del US$ appare comunque limitato, probabilmente verso area 1,15 di EUR/US$, dal momento che la divergenza tra USA e resto del mondo in termini di crescita economica e politica monetaria non è più così marcata come nei rally di lungo termine del US$ e la persistenza della «Trumpflation» è poco affidabile, soprattutto verso la fine dell’anno. La sterlina ha subito pesanti perdite nell’ultima settimana, correggendo buona parte del rally seguito al cambio di linea di politica monetaria della Bank of England. La posizione del Primo Ministro britannico May sembra essere uscita indebolita dal Congresso del Partito Conservatore, con la sua leadership messa ufficialmente in discussione, alimentando così nuovi timori di instabilità politica. Forti vendite sulla lira turca nella seduta di lunedì, sulla notizia di una nuova crisi diplomatica con gli USA dopo l’arresto di un dipendente turco del consolato americano ad Istanbul.
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