La decisione dell’OPEC di non tagliare la produzione di petrolio, nonostante il calo dei prezzi, se da un lato favorisce i paesi consumatori tra i quali spicca l’India, dall’altro danneggia paesi come Brasile e Russia i quali accusano il contraccolpo maggiore in quanto grandi produttori ed esportatori. Mentre i governi di New Delhi e dell’Indonesia hanno approfittato di questa congiuntura favorevole per liberalizzare i listini del gasolio, una mossa che dovrebbe da un lato ridurre il deficit pubblico e, dall’altro, favorire l’intero comparto dell’energia con evidenti ripercussioni positive sulla divisa, la CBR ha smesso di intervenire a sostegno del rublo, il quale, continua a precipitare sul mercato dei cambi. La Banca centrale russa ha ribadito che interverrà a sostegno del rublo solo se il calo della moneta metterà in pericolo la stabilità finanziaria del paese, e poiché un rublo debole aiuta il bilancio russo perché aumenta le entrate petrolifere espresse in valuta locale, è piuttosto difficile prevedere fino a dove può cadere la moneta russa.
Per quanto riguarda l’area euro, nonostante il calo dei prezzi del petrolio abbia un impatto positivo sulla domanda interna nel medio termine, nel breve, l’inflazione rimane pericolosamente vicina allo 0%, giustificando l’adozione di nuove misure espansive da parte della BCE nei prossimi mesi. In attesa che la BCE vari un programma di QE basato su titoli di stato, l’euro ha accentuato il suo deprezzamento contro il dollaro, mentre il cambio EUR/CHF si è allontanato dalla soglia di 1.20 dopo la bocciatura del referendum svizzero sull’oro che ha fatto tirare un sospiro di sollievo alla BNS. Nessuna sorpresa da parte della Banca centrale australiana la quale ha confermato al 2.5% il tasso di riferimento, poiché l’economia del paese continua a mantenersi incerta a causa del calo dei prezzi delle materie prime e la perdurante forza del dollaro australiano.