Dopo aver testato alcuni livelli chiave, il dollaro ha ripreso ad apprezzarsi nell’ultima settimana, segnando quasi +2% a livello di Dollar Index. Nonostante l’incertezza sulla “Trumpflation” dopo il fallimento della riforma sanitaria ed il miglior andamento dei dati macroeconomici europei rispetto a quelli americani, la divergenza di politica monetaria tra USA ed Eurozona pende di nuovo a favore del US$. La retorica dalla Fed sembra confermare il percorso futuro di politica monetaria emerso in marzo, con due rialzi dei tassi per il resto del 2017 e l’annuncio del “tapering” dei reinvestimenti del portafoglio titoli a fine anno. Contemporaneamente le dichiarazioni di alcuni esponenti della BCE hanno cercato di sopprime la speculazione su una svolta prematura in senso restrittivo della politica monetaria nell’Eurozona, sostenendo che tale aspettativa è infondata. EUR/US$ ha reagito tornando velocemente da area 1,0880 (dove passa la media mobile a 200 giorni) a 1,0650.
La Gran Bretagna ha finalmente attivato la procedura di Brexit, ma la reazione della sterlina è stata sopita, probabilmente a causa del posizionamento già pesantemente ribassista degli investitori che consiglia cautela prima di aumentare ulteriormente le posizioni. La perdita di impeto dei dati macroeconomici britannici rispetto a quelli europei ed il prevedibile accentuarsi del confronto tra Gran Bretagna e Unione Europea con l’inizio dei negoziati continuano a creare rischi al ribasso per la sterlina.
Nei Paesi Emergenti i rischi politici sono stati al centro dell’attenzione, guidati dal Sudafrica, dopo che il Presidente Zuma ha annunciato il rimpasto di Governo che ha indotto Standard&Poor’s a tagliare il rating sovrano a non investment grade. Il rimbalzo del petrolio ha invece sostenuto il rublo, nonostante l’attentato a San Pietroburgo.
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