Commento ai cambi monetari

euro-dollaro-ansa-258 Nonostante il flusso di notizie sia rimato intenso negli ultimi giorni su più fronti, dalla Cina alla crisi ucraina ai dati macroeconomici, la volatilità dei mercati valutari è rimasta contenuta (addirittura in ribasso per le valute del G7) e la correlazione tra i cross molto bassa, segnalando che i mercati sono mossi principalmente da fattori di rischio idiosincratico. L’imminenza del referendum sulla separazione della Crimea dall’Ucraina ha alimentato movimenti di avversione al rischio alla fine della scorsa settimana, di cui hanno beneficiato principalmente lo yen giapponese ed il franco svizzero.

Il dollaro è invece rimasto debole: il rialzo dei rendimenti che dovrebbe fare da catalizzatore al recupero della valuta americana continua ad essere rimandato alla comparsa di più solidi segnali di accelerazione del ciclo economico dopo la pausa invernale, anche se il flusso di dati macroeconomici inizia ad essere incoraggiante. L’attenzione degli investitori è tutta concentrata sul FOMC che si concluderà questa sera. Sulla base delle dichiarazioni pubbliche dei membri del comitato rilasciate di recente, la Federal Reserve considera solo temporanea la recente debolezza dell’attività economica e non dovrebbe quindi apportare significative variazioni all’outlook macroeconomico, proseguendo quindi con il ritmo del “tapering” di 10 miliardi US$ a meeting, a 55 miliardi US$ di acquisti mensili di titoli. Molto più interessante nella prima conferenza stampa della nuova Governtrice Janet Yellen sarà la probabile revisione delle guidance, in particolare del loro aspetto qualitativo, aumentando il peso nelle decisioni di politica monetaria dell’inflazione, ancora inferiore al target, e dell’eccesso di forza lavoro inutilizzata che non è riflessa dal tasso di disoccupazione.

Anche la stima dei membri del FOMC sul primo rialzo dei tassi sarà monitorata con attenzione. Difficile tuttavia prevedere l’impatto sul mercato valutario: attualmente i mercati monetari già prezzano al 2016 un tasso sui Fed Funds inferiore alla stima centrale della Fed ed è improbabile che la Banca Centrale risulti più “hawkish” del previsto. Nell’attuale contesto, la divisa americana è particolarmente debole contro Euro, con EUR/US$ che punta a quota 1,40 sulla scia dell’inattività della BCE, anche se sulla base delle ultime dichiarazioni di membri del Board (tra cui Draghi) la retorica della Banca Centrale Europea sembra diventare più aggressiva nei confronti dell’apprezzamento dell’Euro, che potrebbe pesare negativamente sulla dinamica dell’inflazione. EUR/US$ è attualmente ai margini superiori del canale discendente instauratosi nel 2008; una chiusura settimanale forte, superiore a quota 1,3920 aprirebbe la strada verso la rottura del range con primi target a 1,4170 e a seguire 1,43. Da lì in poi l’Euro potrebbe puntare ai massimi del 2011 contro US$ in area 1,49, ma i rischi di intervento almeno verbale della BCE salirebbero esponenzialmente.

 I movimenti di avversione al rischio e la percezione che la “Abenomics” stia perdendo impeto stanno sostenendo lo yen giapponese, apprezzatosi nuovamente in area 101,50 contro US$; dopo l’aumento dell’IVA di aprile, tuttavia, la probabilità di un’espansione del “quantitative easing” da parte della Bank of Japan crescerà notevolmente e, combinata all’attesa ripresa dell’economia USA, dovrebbe riaffermare il trend di debolezza dello yen.

 Sul fronte delle valute emergenti, il rublo rimane sotto pressione ma è estremamente volatile sulla base degli sviluppi della crisi ucraina: in particolare le vendite sembrano essersi placate dopo le blande sanzioni occidentali contro la Russia. La People’s Bank of China ha ufficialmente aumentato la banda di oscillazione dello yuan a +/-2%, con l’intento di aumentare la volatilità del mercato valutario in vista della sua liberalizzazione e scoraggiare le operazioni lunghe di carry trade. In realtà la manovra sta venendo letta come una svalutazione mascherata, co