Prosegue la volatilità sui mercati finanziari, alimentata dal rialzo dei rendimenti sul comparto obbligazionario.
Il nervosismo che sta interessando il segmento dei bond deriva dai timori legati all’evoluzione futura della politica monetaria delle Banche Centrali, in particolare della Fed, in un contesto dove l’abbondante liquidità e la conseguente ricerca di rendimento aveva fortemente ridotto il valore della maggior parte degli asset obbligazionari.
Il nervosismo è anche conseguenza di uno scenario macroeconomico di non chiara lettura: da un lato se vengono diffusi dati macro positivi si rafforza tra gli operatori la convinzione della bontà della ripresa in atto, ma anche il timore di una accelerazione sulla cosiddetta exit strategy; dall’altro se vengono pubblicati dati macro deboli aumenta sul mercato la preoccupazione per la tenuta del ciclo, ma si allontanano i timori di un rapido rientro della politica monetaria espansiva.
Questa confusione di fondo si riflette sull’andamento dell’euro che sta testando contro dollaro la parte alta del canale di trading range in cui oscilla da settimane, la cui rottura potrebbe spingere il cross EURUSD verso area 1,3530. Da un lato la paura di manovre restrittive da parte della Fed dovute ad un miglioramento dell’economia americana dovrebbe far rafforzare il dollaro ma la riduzione delle massicce posizioni lunghe di dollaro accumulate dall’inizio dell’anno, l’immobilismo di Draghi nell’ultima riunione della BCE, oltre al timido miglioramento dei dati macroeconomici europei (senza contare il surplus di bilancia commerciale che vanta l’Eurozona rispetto agli Stati Uniti) stanno dando forza alla moneta unica.
Il generalizzato ribasso del dollaro contro le valute forti e la forza verso le valute emergenti è anche imputabile alle vicende giapponesi. La convinzione che la politica monetaria di Abe possa effettivamente riportare inflazione in Giappone sta conducendo verso il disinvestimento sui titoli di stato JGB, inoltre la massa di liquidità attesa non si è ancora riversata sui mercati esteri, in maniera particolare sui mercati emergenti, e non permette di compensare l’eventuale tapering (diminuzione del QE e successivo aumento dei tassi) da parte della Fed.
Dopo aver deluso le aspettative di mercato sul fronte delle riforme strutturali, nella giornata di ieri la Bank of Japan non ha preso provvedimenti per arginare la volatilità del mercato dei JGB (che aveva essa stessa creato comunicando obiettivi di policy contrastanti nei mesi scorsi), favorendo la prosecuzione del recupero dello yen, tornato contro USD sotto 97. Dal momento che in un ambiente di maggior volatilità sui mercati finanziari domestici gli investitori giapponesi non esporteranno i capitali all’estero ed anzi li rimpatrieranno, rischia di crearsi un circolo vizioso che richiede l’intervento della BOJ per interromperlo.
Nel corso della scorsa settimana il cross USDJPY sulla scia del sell-off sul listino azionario e sui titoli di stato nipponici ha subito un tracollo, toccando un doppio minimo a 95,80; se il livello non dovesse tenere il prossimo target è 93 / 93,50. Le valute emergenti rimangono al centro del deleveraging nel mercato valutario insieme con le valute commodities-related, poiché su di esse si erano concentrati i flussi di safe-heaven durante la crisi europea e quelli alla ricerca di carry dall’inizio del QE della Fed.
Al contrario EUR, GBP e CHF, su cui le posizioni erano molto leggere dopo il rally degli asset rischiosi degli ultimi 6 mesi, sono generalmente forti.
Devi accedere per postare un commento.