Alain Dupuis, gestore di Oddo European Banks
Dall’inizio dell’anno il settore bancario europeo ha corretto del 25% contro un ribasso del 14% del mercato. Il suo valore assoluto è leggermente superiore ai livelli del 2011 2012 quando tutto il mondo si interrogava su un eventuale fallimento di un stato europeo. In termini relativi le banche non sono mai state trattate a livelli così bassi (PE relativo 0,6x). Anche sul lato obbligazionario si riscontrano delle tensioni fortissime con un allargamento degli spread. Questa correzione non attesa e molto forte è stata causata dall’accumulazione di notizie negative ma anche da scorciatoie e confusioni comunicative. Vediamo principalmente tre motivi per il ribasso del settore: Rischi macroeconomici: con un rallentamento più forte atteso in Cina le prospettive economiche globali si sono oscurate. Il settore bancario è il secondo settore più ciclico dopo quello automobilistico. Tuttavia non ci aspettiamo una recessione globale e l’Europa è una delle poche aree del mondo per la quale le prospettive economiche non sono state abbassate. Rischi regolamentari: alla fine dell’anno scorso la BCE ha inviato una lettera di richiesta di capitale 2019 alle banche che supervisiona. Questa nuova esigenza di capitale chiamata SREP (Supervidory Review and Evaluation Process) è uscita al di sopra delle aspettative e ha avuto due conseguenze negative: 1. Preoccupazioni su eventuali aumenti di capitale per certi gruppi bancari dove il gap tra l’esigenza di capitale 2019 e il livello attuale è significativo (BNP, HSBC, Deutsche Bank). Gli investitori temono la possibilità di una nuova ondata di aumenti di capitale. Dal nostro punto di vista non è il caso. In media il settore si posiziona al di sopra dell’esigenza di capitale 2019. Solo un piccolo gruppo di banche non sembra di essere in grado di chiudere questo divario. Deutsche Bank ne fa parte ma la generalizzazione del suo caso all’insieme del settore non è giustificata. 2. Questa nuova esigenza di capitale 2019 viene anche utilizzata per definire la capacità delle banche di distribuire dividendi e di pagare le cedole di strumenti ibridi AT1. Con la richiesta di un rapporto di solvibilità più elevato del previsto il detentore di questi titoli si è trovato con un cuscino di protezione nettamente più debole. La probabilità dell’investitore di non essere pagato è quindi aumentata. A questo si è aggiunta una forte incertezza specifica su DB che ha messo in dubbio la sua capacità di pagare i dividendi. Un dubbio che il gruppo ha eliminato nel frattempo. Per l’insieme del settore il cuscino di protezione è elevato. Rischi specifici: due fattori hanno impattato negativamente sul sentiment: 1. La forte esposizione al settore petrolio e materie prime. Se l’esposizione assoluta è elevata la parte a rischio (high yield) è nettamente più debole (10/20%). Anche applicando dei stress test severi nessuna banca europea dovrebbe affrontare una riduzione non controllata dei suoi ratio di solvibilità. 2. In Italia l’introduzione di strutture di risoluzione ha messo alla luce lo scarto tra il valore di mercato degli attivi sofferenti e il suo valore nei libri delle banche che avrebbe come implicazione perdite latenti significative che richiederebbero delle ricapitalizzazioni in alcuni casi (MPS, Banca Popolare). Complessivamente il ribasso del settore ci sembra esagerato sia per quanto riguarda le azioni sia per quanto riguarda le obbligazioni bancarie. L’attuale livello di capitale delle banche non ha niente a che vedere con quello del 2008. E lo stesso vale anche per le riserve di liquidità. Nel 2008 RBS aveva una riserva di liquidità per circa sei settimane, oggi detiene una riserva per due anni. Se la situazione della liquidità delle banche dovrebbe peggiorare non abbiamo alcun dubbio sul supporto della BCE. Inoltre la qualità degli attivi resta buona e non abbiamo nessun segnale di un deterioramento salvo certe attività nel settore petrolio e gas. Se la crescita europea resta al di sopra dell’1% la traiettoria di riduzione dei crediti sofferenti rimane confermata. In Italia deve essere presa una decisione tra una rapida ristrutturazione che avrebbe come conseguenza degli accantonamenti massicci e in alcuni casi senza dubbio delle ricapitalizzazioni oppure un scaglionamento nel tempo. Dal punto di vista borsistico preferiamo la prima soluzione.