Capire il sistema bancario per non esporsi ad inutili rischi

liga8115aL’ANALISI: la ricerca di una maggior redditività delle banche condiziona le scelte dei risparmiatori

Dietro al grande boom della gestione del risparmio si celano forti conflitti d’interesse

Oggi la rubrica non verterà specificatamente sui recenti movimenti dei mercati ma su quanto sta accadendo nel mondo del risparmio gestito e su quanto ciò possa essere pericoloso per molti risparmiatori, se fossero mal consigliati da parte degli abituali intermediari finanziari. L’ultima volta in cui venne trattato in questa rubrica una tale tematica era il settembre 2012, con un articolo dal titolo “Risparmiatori in fuga dai fondi o intermediari interessati a collocare altro ?”, nel quale si evidenziava come vi fosse nel continuo deflusso di asset dai fondi un’anomala coincidenza con quella che allora identificammo come uno “spintaneo” movimento dei risparmi verso forme d’investimento che fino alla fine del primo trimestre 2011 riguardavano quasi esclusivamente le obbligazioni della propria banca ma che poi, con l’arrivo della crisi finanziaria in Italia e fino all’estate 2012, divennero casualmente i conti di deposito. Un deflusso inesorabile che portò gli asset nel risparmio gestito sotto i 1000 miliardi ed ai minimi del 1998 ma che a distanza di soli due anni vede invece mese dopo mese nuovi record di raccolta e di massimi storici per l’industria, con asset ora saldamente superiori ai 1.500 miliardi. Che incredibile inversione, no ?

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BANCHE E CLIENTI
Se pur vero che la finanza comportamentale possa in parte spiegare questi movimenti, secondo il comportamento errato di vendere nei momenti di maggior ribasso e comprare in genere in quelli di euforico rialzo, appare però ieri come oggi, non così semplice o casuale un tale ed estremo ribaltamento. Nell’articolo di allora si evidenziava come a seguito del deflusso record dai fondi vi fosse in atto un evidente giroconto verso forme di deposito vincolate ed a tassi a più alta remunerazione, ovvero verso quella che fu poi ribattezzata la “metamorfosi dei conti depositi”. Infatti in quel periodo non mancavano per i nuovi correntisti offerte con tassi crescenti ed in base all’orizzonte di vincolo temporale, tassi che sui nuovi depositi di talune banche raggiungevano finanche il 5% con cinque anni di vincolo, ovvero un’evidente metamorfosi dei conti di deposito in pseudo obbligazioni bancarie ma che sulla carta erano garantite fino a € 100.000 dallo Stato italiano e quindi eliminavano quella grande paura dei risparmiatori verso le banche ed il forte rigetto verso i “classici” ma molto più onerosi mezzi di raccolta di capitali degli stessi istituti, ovvero i bond bancari. Obbligazioni senior o subordinate che fino ad allora erano state vendute a mani basse e fino a rimpinzare all’inverosimile i dossier di tanti correntisti. Il panico però del 2011-12 portò le banche a dover convogliare la raccolta dei necessari mezzi freschi verso i “sicuri” conti deposito, attraverso un sapiente travaso dai fondi ed al fine di risolvere il loro problema di funding generato dalla crisi italiana e conseguente congelamento delle emissioni obbligazionarie. Una situazione che però non sarebbe stata sostenibile a lungo, se non fosse arrivata la BCE a cavallo di quegli anni con l’allora famigerato prestito triennale LTRO di oltre 1.000 miliardi. Ed ecco che magicamente, come evidente dal grafico ripreso dal recente report di Assogestioni “The Italian Asset Management Market” si manifestò proprio a partire da fine estate 2012 e con le ormai famose parole “whatever it takes” pronunciate da Mario Draghi, una lenta ma poi sempre più decisa inversione nella raccolta di risparmio gestito ed in particolare verso i fondi comuni di casa o round-trip delle banche italiane. Ma sarà un caso ? Sarà merito degli attenti consulenti di sportello che scrutarono nella mente di Draghi e capirono l’opportunità di far sottoscrivere nuovamente fondi ?
LA METAMORFOSI BANCARIA
E no caro lettore-risparmiatore, una così decisa inversione e che per di più si denota guarda caso proprio nei prodotti di casa o più subdolamente nei fondi di fondi della sgr semmai del gruppo o nella polizza unit linked della assicurazione partner o di proprietà dell’istituto, risponde a ben altre logiche ed esigenze del sistema. Infatti se la raccolta diretta ad esempio in fondi di diritto estero e dunque di società del risparmio internazionali non hanno avuto picchi così estremi verso l’alto o verso il basso dal 2007 ad oggi (linea azzurro chiara del grafico), come invece evidente nei prodotti di “casa” (linea blu scuro), sarebbe il caso di iniziarsi a porre la domanda di quale sia la reale consulenza che viene erogata alla clientela e di quanto sia manipolato il risparmio dei clienti in base alle esigenze delle banche. Ecco allora che se osserviamo il terzo e forse più emblematico grafico inerente il margine di interesse del sistema bancario, ovvero la differenza tra gli interessi pagati sui depositi e quelli incassati dai prestiti, si capisce bene cosa stia realmente accadendo nel sistema bancario nazionale. Una affannosa ricerca di nuova redditività. Infatti osservando il grafico si vede come si sia pressoché dimezzata tra il 2008 ed il dicembre 2012 il commercial bank gross margin, passando da un 3,2% ad un misero 1,7% annuo.

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E siccome l’attività tradizionale di credito delle banche è stata dal 2012 compromessa pesantemente a causa dell’impennata degli incagli e delle sofferenze, le cui cifre oggi sono da capogiro e ben superiori ai 175 miliardi di sole sofferenze lorde, con una crescita nell’ultimo anno di oltre il 20%, come evidente nell’ultimo rapporto dell’ABI, è scattato l’allarme rosso per la ricerca di redditività ed utili. Margini che possono arrivare solo da due variabili, ovvero dalla riduzione dei costi o dall’aumento dei ricavi e siccome il fronte costi, non riguarda i risparmiatori ma solo le banche ed i loro costi fissi (in primis personale e filiali), le banche hanno iniziato ad agire, con una mossa a tenaglia anche sull’aumento della loro redditività. Un redditività che stanno recuperando tramite l’opportuna spinta commerciale nella gestione “professionale” del risparmio degli italiani, in quanto dall’attività tradizionale del credito non possono estrarre più nulla, visto il contesto ed il ciclo economico reale che tocca il paese ed i loro bilanci. L’unica valvola di sfogo è perciò rimasta la vendita di prodotti e strumenti ad alta redditività o ad alto costo, se vista dal lato clienti e che, tramite le sempre più diffuse e famigerate unit linked, i sempre verdi fondi di fondi ed i servizi accessori d’investimento, stanno ricreando parte di quella loro redditività evaporata in questi anni ma con un sempre e più elevato conflitto d’interesse.

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RISPARMIO A RISCHIO
Come spesso accade, l’inesperto ed ingenuo risparmiatore o il più “furbo” ed avido piccolo investitore, troverà terreno fertile nei consigli interessati dei suoi abituali referenti finanziari, in quanto in entrambi i profili vi è una forte richiesta di rendimento per il proprio risparmio depositato in banca. Nel primo caso, al cliente più cauto e forse più prudente a causa dell’ignoranza in materia, verranno in genere proposti strumenti dai nomi quasi esotici e che dovrebbero garantire nel tempo interessanti guadagni a basso rischio ma che però, in un mercato in cui al basso rischio corrispondono ormai solo rendimenti reali negati è difficile dare vera risposta. Ecco allora che il marketing finanziario ha negli ultimi anni sfornato sempre più strumenti con nomi del tipo total o absolute return, flexible o dynamic, long-short o unconstrained, multistrategy o fund of funds, market neutral o alpha plus, aggregate o diversified e chi più ne ha più ne metta ma che dietro a tali ed accattivanti nomi non vi è altro che prodotti con un grado di ingegneria finanziaria sempre maggiore e più complessa. Strumenti costruiti in “laboratorio” e spesso tramite un elevato uso di derivati nella recondita speranza di poter creare con tali formule degli extra guadagni su quei mercati in cui il rendimento reale è orami basso o nullo ma che per consentire costi di gestione spesso più elevati del rendimento stesso, devono pur essere giustificati con argomentazioni altrettanto complesse, così da renderli accettabili agli occhi dei risparmiatori e dunque consoni alla redditività richiesta dalle banche. Una moda commerciale iniziata ad esplodere proprio sul finire del 2012 ma che poi negli ultimi 12-18 mesi ha visto anche il ritorno all’acquisto di prodotti i cui rischi sono invece ben più noti, quali i fondi high yield ed i vari strumenti azionari e per i quali fino a poco tempo fa vi era una certa riluttanza all’acquisto, non fosse altro per le cicatrici conseguite nelle passate crisi del 2007 o del 2000. Un cambio di sentiment reso però possibile solo grazie al fantastico mondo di liquidità “ad libitum” ed a tasso zero creato dalle banche centrali ed a partire dal famoso QE3 della FED, grazie al quale si è assistito all’impennata dei rendimenti di qualsivoglia attività rischiosa ma senza quel rischio o volatilità tanto odiata dai risparmiatori. Un apparente e magico mondo di facili guadagni che ha fatto ritornare la domanda e la conseguente raccolta su tali prodotti e che non ha visto alcuna resistenza o eccessiva avvertenza dal lato dell’offerta, in quanto tali prodotti comportano decisi e maggiori costi e dunque superiori redditività per gli intermediari stessi. E se qualcuno non avesse ancora capito l’evidente rischio insito nell’estremo conflitto di interesse che regna oggi tra la ricerca di redditività della banca e quella del cliente è forse il caso di capire che il punto di cointeressenza è stato sorpassato in questo 2014, con l’estinzione del rendimento su qualsivoglia asset class di liquidità o di breve/medio termine. Una distorsione creata in primis dalle banche centrali e poi dall’annosa ricerca di redditività a bassissimo rischio da parte delle banche. E sì, perché il rischio in caso di crollo dei mercati è per lo più e come sempre solo a carico dei risparmiatori, a differenza del normale rischio d’impresa che le banche corrono nella concessione di quel credito e che ha generato così tante sofferenze anche nei loro bilanci e non solo in quello delle imprese. Il risparmiatore è dunque avvisato ma come sempre è accaduto in passato, al luccichio degli attuali ed apparenti rialzi perpetui e davanti alle aspettative o alle promesse di facili guadagni da parte degli intermediari, sarà impossibile non cedere ancora alla tentazione di restare al tavolo da gioco. E’ però sempre il caso di rammentare ai più o meno esperti giocatori che, il banco vince sempre, in particolar modo in questo gioco.

L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari. Per domande e chiarimenti potete scrivere a: info@rubensligabue.com

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