Brexit aprire o no l’ombrello?

ombrello A quasi due mesi dall’appuntamento referendario inglese, che si terrà il 23 giugno 2016, con i mercati finanziari in recupero dai minimo dell’anno, proviamo a spendere qualche parola al riguardo e ad ipotizzare qualche scenario.

Gli elettori britannici saranno chiamati a votare il 23 giugno per il referendum sulla permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione Europea e con il termine BREXIT si intende quindi la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.

Questo fatto andrebbe a sancire una chiusura dell’Isola di Sua Maestà verso un’istituzione mai troppo amata oltre Manica, come sempre sottolineato dalla mancata adesione all’Euro da parte della Gran Bretagna stessa.

La Gran Bretagna, euro o non euro, è comunque uno Stato importante per l’ Europa, sia in materia di economia, e sia per le passate e future decisioni in ambito geopolitico.

Detto questo, i punti chiave sono:

Un voto favorevole all’uscita del REGNO UNITO quanto è probabile: gli esiti di altri referendum tra cui SCOZIA, SCANDINAVIA E SVIZZERA dimostrano che i votanti tendono a preferire lo status quo. Tuttavia In uno dei tanti sondaggi (datato 11 aprile) la percentuale di chi si è dichiarato pro Europa era al 35%, contro l’Europa al 35% e chi era indeciso al 30%. Equilibrio perfetto tra favorevoli e contrari, ma attenzione che la mina vagante sono gli indecisi. Rappresentano “quasi” la maggioranza. Sono il 30%. Il rischio è che questa percentuale di elettori, voti “di pancia” prima ancora che di testa.

I mercati finanziari non amano l’incertezza: al momento l’unico impatto rilevante è stato sui mercati valutari: la sterlina si è indebolita di quasi il 15% dal giugno 2015. Christine Lagarde Direttore del FMI ha dichiarato che l’incertezza è già di per sé negativa, “nessun operatore ama l’incertezza, perché nelle fasi di incertezza nessuno investe e nessuno prende decisioni”. Il referendum si è trasformato in un’ombra destinata a gravare sulla potenziale attività di investimento nel REGNO UNITO fino alla risoluzione del problema.

Il Regno Unito ha una economia robusta e dovrebbe essere in grado di resistere ad una ipotetica uscita dall’UNIONE EUROPEA: l’economia inglese si basa su una forza lavoro altamente specializzata e questo nel lungo periodo dovrebbe garantire una stabilizzazione; nel breve sterlina ed esportazioni potrebbero risentirne. Forte volatilità anche sui corsi obbligazionari governativi e corporate.

In questa fase è impossibile prevedere quale potrebbe essere l’impatto reale sul resto dell’Europa: Un eventuale Brexit metterebbe in dubbio non solo l’integrazione economica ma,  creerebbe il clima per la destabilizzazione dell’Unione Europea, con conseguenze sistemiche imprevedibili e pesantissime.

Gli altri mercati (fuori dall’Europa e dal Regno Unito) non dovrebbero avere ripercussioni: è vero nel medio periodo,  non nel breve qualora si creassero scenari di grande volatilità.

Ci sono ancora margini per l’azione della BCE: a mali estremi, estremi rimedi. Si parla di defiscalizzazione e cartolarizzazione delle sofferenze con controparte la BCE.

 

Commenti al riguardo:

 

Il Tesoro britannico ha pubblicato un rapporto di 200 pagine nel quale vengono mostrati gli effetti negativi di un’eventuale Brexit per l’economia del Regno Unito; in particolare l’uscita dall’Ue costerebbe alle famiglie britanniche 4,300 sterline ogni anno. Le renderebbe “permanentemente più povere”, dice il ministro delle Finanze britannico, George Osborne, commentando lo studio: entro il 2030 il Pil del Regno Unito calerebbe del 6%

Un voto favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea in occasione del referendum di giugno rischia di comportare un blocco improvviso nell’afflusso di capitali intorno al 30%; è quanto si legge in un’analisi della banca svizzera Ubs

Pur avendo bollato l’Unione Europa come “burocratica e inefficiente”, l’amministratore delegato di JP Morgan, Jamie Dimon, ritiene che la Gran Bretagna debba rimanerne un membro. “L’alternativa potrebbe essere altamente dannosa” ha detto il numero uno della banca americana nella sua lettera annuale agli azionisti, avvertendo che la Brexit potrebbe portare alla disgregazione della UE.

Nuovo alert da S&P sulle conseguenze, per il Regno Unito, che potrebbero presentarsi in caso di vittoria del fronte Brexit, nel referendum del prossimo 23 giugno, e dunque, nel caso in cui abbia la meglio il fronte contrario a rimanere nell’Unione europea. L’agenzia ribadisce il precedente alert, sottolineando che il Regno Unito potrebbe perdere il rating a tripla AAA, in caso di vittoria del fronte anti Unione europea.

Sarebbe l’inizio della fine dell’Unione Europea”, ha dichiarato a Bloomberg il professore della New York University, citando anche l’altro evento choc che potrebbe sancire la morte del progetto dell’Europa unita: la Grexit.

“Sono questi i rischi di cui ci si deve preoccupare”, ha chiosato Roubini

Morgan Stanley ha preferito concentrare il suo studio sull’impatto che un’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrebbe sul resto del mondo e in particolare l’Europa, il primo e più importante partner commerciale di Londra. Secondo gli analisti se il popolo britannico votasse si alla Brexit, l’anno prossimo l’Eurozona perderebbe circa l’1,5% del Pil. Servendosi degli ultimi dati a disposizione di Eurostat, secondo cui il Pil dell’area è pari a 10.400 miliardi di euro, 150 miliardi verrebbero spazzati via in caso di Brexit.

La Brexit farebbe sentire i suoi contraccolpi sulla sterlina e il mercato immobiliare del Regno Unito, ma non solo: indebolirebbe politicamente il premier, David Cameron, quale che sia il responso del referendum. E’ questa l’analisi del fondo più grande del mondo, BlackRock, che gestisce 4,5 milioni di miliardi di dollari. Il vice presidente del fondo, Philipp Hildebrand, scrive: La nostra conclusione è che una Brexit offre molti rischi a fronte di una piccola ricompensa. Crediamo che un’uscita dall’Unione Europea condurrebbe a una minore crescita per il Regno Unito e minori investimenti, mentre disoccupazione e inflazione più elevate.

Il G-20: Brexit sarebbe uno shock per l’economia mondiale

 

 

Occorrere approcciarsi sia ai commenti sia all’evento con molta prudenza, perché in passato a fronte di tanti problemi evidenziati e catastrofi finanziarie annunciate,  solo pochi/e si sono verificati e solo pochi hanno lasciato effettivamente il segno e guarda caso quelli/e su cui c’era la minore attenzione.

Tuttavia se, nella vostra personale e ultima valutazione, vi sentiste di non accettare il rischio rappresentato dall’evento BREXIT la soluzione percorribile sarebbe quella di RIMANERE O DIVENTARE ANCORA PIU’ LIQUIDI.

  • Alleggerendo il peso dell’azionario globale
  • Riducendo significativamente bond e azioni in sterline
  • Riducendo significativamente l’azionario europeo
  • Riducendo significativamente le obbligazioni high yield (perché sono le meno liquide)
  • Alleggerire i mercati emergenti (per l’effetto contrario al potenziale rafforzamento del dollaro)
  • Mantenere/aumentare il peso del dollaro (si rafforzerebbe / o quanto meno si indebolirebbe l’euro)
  • Mantenere il peso dei governativi sotto la protezione della BCE

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