Draghi garantisce altra liquidità alle banche ma per le imprese non è automatico
L’ANALISI L’Eurotower corregge al ribasso le stime del Pil 2014 e le aspettative di inflazione
D opo svariati mesi di rassicurazioni ed annunci centellinati ad arte da Mario Draghi, la Banca Centrale Europea ha dato giovedì scorso il via libera alle tanto auspicate “misure non convenzionali” di politica monetaria. Misure che la stampa “main stream” ha ampiamente lodato nei giorni seguenti assieme alla fiammata euforica dei listini azionari e dello spread dei titoli di Stato dei paesi periferici ma che, come noto e pronosticato dai principali operatori, risultavano essere misure ampiamente attese. I mercati e non solo, come manifestato sia dal Fondo Monetario Internazionale che dall’OCSE, sollecitavano da tempo azioni fin qui rimandate per ovvie ragione di carattere principalmente politico, ovvero in base all’esito delle elezioni europee e quindi quanto presentato il 5 giugno è quasi una non notizia o meglio è la conferma della necessità di un intervento della BCE a seguito della perdurante stagnazione nell’euro – z o n a . RISCHIO DEFLAZIONE Non tragga però in inganno il fatto che Draghi parli ripetutamente di rischio deflazione come la causa delle politiche annunciate, in quanto il rischio associato a tale vocabolo sarebbe per l’Italia solo un aggravamento di una situazione economica attuale ben descritta da Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, a detta del quale “ormai stiamo strisciando sul fondo”. In realtà rappresenta quell’unica paura che ha finalmente portato all’ammorbidimento delle posizioni tedesche in ambito monetario.
La preoccupazione vera è perciò una debole ripresa, nuovamente certificata dall’Eurotower con l’abbassamento delle stime di crescita del PIL dell’area euro all’1% dal +1,2% per il 2014, unite alle previsioni inflattive tagliate allo 0,7% dall’1% di marzo e ben lontane da quel 2% target della BCE. Uno scenario in cui la debolezza della domanda induce le imprese a ridurre i prezzi, avviando una spirale al ribasso dei prezzi che a sua volta spinge i consumatori a rinviare le spese, nell’attesa di prezzi futuri ancora più bassi. Un circolo di aspettative che si auto-realizzano, con le aziende che progressivamente tagliano i costi (salari, personale, investimenti, ecc.) fino all’avvitamento più estremo del fallimento. Un contesto vizioso in cui si raffreddano consumi, investimenti e PIL. LE NUOVE MISURE I provvedimenti intrapresi ruotano sostanzialmente su tre punti principali, i cui effetti sono diluiti nel tempo e nel seguente ordine delle azioni a n nu n c i at e : 1) riduzione dei tassi d’intere s s e 2) orientamento del canale bancario nella trasmissione della politica monetaria 3) misure di politica monetaria “non convenzionale” Tali obiettivi sono attuati con l’abbassamento del tasso di riferimento e di rifinanziamento, a cui si aggiunge per la prima volta un tasso negativo sui depositi che le banche detengono presso la BCE. A cui seguono sia nuovi prestiti con scadenza 2018 (cosiddetto TLTRO) e stimati in circa 400 miliardi per il sistema bancario, sia lo stop alle operazioni di riassorbimento della liquidità creata dalla BCE con l’acquisto di titoli di Stato durante la crisi del debito e pari a circa 165 miliardi di euro. Ed infine l’annuncio di misure preparatorie in merito all’acquisto di Abs (Asset Backed Securities, titoli cartoralizzati garantiti da crediti e mutui). RIDUZIONE TASSI Per il comune risparmiatore quanto precedentemente descritto apparirà forse indecifrabile, se non per quello che è di più semplice comprensione, ovvero l’abbassamento dallo 0,25% allo 0,15% del tasso ufficiale e dunque un “piccolo” miglioramento nel costo del debito (mutuo casa in primis), ma come apparirà ovvio una tale riduzione avrà un effetto alquanto marginale nel sistema, essendo un’arma ormai spuntata. Più risalto invece è stato dato al rendimento negativo sui depositi che le banche detengono presso la BCE, essendo per la prima volta sceso sotto lo zero (-0,1%), un’azione che a prima vista vorrebbe indurre le banche ad impiegare “produttivamente” la liquidità eccedente ma che nella realtà non sarà determinante nel forzarle ad aumentare i prestiti a l l e i m p r e s e , i n quanto il rischio di credito è alto ed una tale penalizzazione non potrà ovviamente convincerle o condizionarle in modo sostanziale. Per le banche sarà invece molto più semplice scaricare il costo sulla clientela e dunque ve de re c ont rar re maggiormente i tassi sui depositi.
Appare invece più plausibile un intervento attuato come misura prudenziale di gestione dei flussi di capitale, sulla falsariga di quanto fatto ad esempio dalla banca nazionale danese, a partire dal secondo trimestre 2012. Un’esperienza certamente nota ai banchieri europei ed attuata sempre tramite tassi negativi ma attuata per stabilizzare la corona danese rispetto all’euro, in un momento in cui gli afflussi di capitali (in fuga per la crisi del debito) mettevano sotto pressione ed al rialzo la valuta nordica. Un’ipotesi che appare ben evidente dal grafico allegato e che mostra l’oscillazione intraday nel cambio euro/dollaro all’annuncio di Draghi. Un indebolimento dell’euro sarebbe valutato con favore dalla stessa Germania, in quanto il forte apprezzamento causato dalla fuga di capitali nell’ultimo anno dai paesi emergenti, ha penalizzato le esportazioni nonché aumentato gli effetti deflazionistici. NUOVI FINANZIAMENTI Essendo la situazione reale ben più grave di com’è raccontata, a maggior ragione se consideriamo il fatto che non si è smossa l’inflazione e non si è nemmeno creato un concreto beneficio all’economia reale dopo il prestito “monster” di oltre 1 triliardo di euro della BCE (LTRO) a favore delle banche tra fine 2011 ed inizio 2012, è ora da valutare attentamente quanto presentato da Draghi con il un nuovo maxi piano di f i n a n z i a me n t o. I n s i e me al l’annuncio che i tassi resteranno bassi per un lungo periodo di tempo e che le operazioni di politica monetaria continueranno a essere illimitate fino alla fine del 2016, sono state apportate due reali novità. La prima e forse di minore richiamo è lo stop alle operazioni volte a riassorbe la liquidità creata dalla BCE con il programma SMP (Securities Market Programme) e la seconda è il cosiddetto Targeted Long Term Refinancing Operations (TLTRO), ovvero un nuovo canale di finanziamento erogabile alle banche dalla BCE ma con l’obiettivo di allentare il credit crunch. Semplificando, gli istituti potranno accedere a questo prestito con scadenza 2018, prima con due aste a settembre e dicembre 2014 e poi dal marzo 2015 fino al giugno 2016 con richieste trimestrali, in proporzione a quello che gli istituti fanno a loro volta alle imprese (escludendo i prestiti allo Stato e i mutui alle famiglie). L’idea sarebbe quindi quella di orientare (targeted) le banche ad elargire credito al fine di ottenere liquidità, è però da notare che, tale iniziative prende ispirazione dal programma Funding for Lending inglese, una misura che nella realtà non ha avuto un grande successo in UK, essendo in una prima fase avvenuto per lo più un aumento dei mutui immobiliari (poi esclusi dal programma) mentre, i dati più recenti evidenziano una non effettiva inversione nella calante tendenza dei prestiti bancari. In più, un ulteriore dubbio emergerebbe dai blandi vincoli, non essendo presenti sostanziali penalizzazioni per le banche che non erogheranno effettivamente, se non l’obbligo di rientrare anticipatamente dal prestito ottenuto. Un elemento da non sottovalutare in quanto è innegabile che le ragioni per cui i prestiti alle imprese sono in calo non risiedono nella carenza di liquidità a basso costo ma nel rischio di credito, nella bassa domanda e negli obblighi patrimoniali imposti dai regolatori e quindi potrebbe, alla prova dei fatti, non essere così immediato lo sblocco del credito da parte delle banche, un fatto che potrebbe spiegare la non esclusione in futuro di un vero e proprio quantitative easing in stile FED da parte di Dra ghi. MISURE NON CONVENZIONALI L’annuncio forse più interessante di Draghi riguarda l’accelerazione della fase di studio degli acquisti di Asset Backed Securities (titoli cartolarizzati garantiti da prestiti) da parte della Bce, in quanto la rinascita di un mercato da tempo in declino, dopo lo scoppio della crisi, potrebbe rappresentare un’opportunità d’investimento per gli intermediari non bancari ed un accesso al risparmio da loro raccolto, da parte delle imprese (anche medie e piccole). Per agevolare un tale “bazooka”, la BCE aveva pubblicato alcuni giorni prima del meeting un documento congiunto con la Banca d’Inghilterra, chiedendo l’allentamento delle regole sulle cartolarizzazioni in modo da permettere alle banche di aumentare il volume di tali titoli, così da “smuovere” un pò di liquidità. IN CONCLUSIONE Il timore è che questo sia ancora un altro esercizio di temporeggiamento da parte di una banca centrale fortemente in ritardo per un’azione efficace e così politicamente circoscritta che c’è poco che possa realmente fare e che quanto presentato è in buona parte già stato scontato dai mercati finanziari. In conclusione, mentre Draghi si barcamena nel presentare soluzioni per riattivare l’economia reale, la stessa BCE nell’ultimo bollettino trimestrale sulla stabilità finanziaria della zona euro, evidenzia come la minaccia principale sia “una brusca inversione della ricerca globale di rendite, tra sacche di illiquidità e probabile riallineamento dei prezzi dei titoli”. Tradotto per l’uomo comune, significa che l’Eurotower teme una brusca inversione dei flussi di capitale che hanno inondato l’Eurozona e lo scoppio della bolla dei titoli finanziari, perciò a buon intenditore poche p a ro l e.
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