La “Banzainomics” del Giappone rianima la speculazione

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L’ANALISI: dopo paura ed estrema volatilità è arrivata l’eccitazione violenta dei mercati azionari

Le banche centrali comprano disperatamente tempo ulteriore

Il mese di ottobre si è alla fine chiuso meglio di quanto preventivabile solo quindici giorni prima.

Wall Street ha completamente riassorbito il maggior calo da qualche anno a questa parte, tornando sopra i 2000 punti, così come per il Nikkei ed i listini asiatici, mentre le borse europee vedono recuperi solo parziali ma comunque decisi, nonostante situazioni di forte incertezza sulla crescita economica globale e di forte pressione sulle materie prime ed in particolar modo sul petrolio (sceso fin sotto la soglia degli 80$ al barile). Questi reali motivi insieme alle incerte previsioni sull’uscita finale della FED dal tapering e sugli esiti degli Asset Quality Review della BCE, inerenti le banche europee ed attese per la fine del mese avevano messo sotto pressione i mercati finanziari globali, riaccendendone la volatilità ed evidenziandone così la sempre e maggiore dipendenza dalle politiche dei pianificatori centrali.

SOSTENERE AD OGNI COSTO

A metà ottobre, il mercato sembrava essere ad un passo da un cedimento strutturale ed in procinto di confermare gli storici precedenti negativi che hanno caratterizzato i più violenti crolli del passato ma grazie al pronto intervento di alcuni esponenti della FED, alle indiscrezioni su presunti piani segreti della BCE ed infine al colpo a sorpresa della Banca del Giappone di venerdì scorso, si è per ora evitato di far crollare la propensione al rischio degli investitori globali. Osservando il grafico allegato appare evidente come il susseguirsi di notizie e rumors abbiano riportato in alto il mercato americano e conseguentemente tutti gli altri listini. Il via all’enorme rimbalzo è stato dato dalle parole di James Bullard, presidente della Federal Reserve di St. Louis, il quale dichiarò durante la fase più acuta di discesa a metà ottobre che la Fed avrebbe potuto considerare l’ipotesi di ritardare la fine del suo programma di acquisto di obbligazioni al FOMC del 28-29. Un annuncio che ha fermato la caduta e seppur, come ormai oggi noto, sia nei fatti stato smentito dalla decisione della FED di chiudere il lungo ciclo di QE, ha consentito di invertire il trend di breve del mercato. Successivamente, l’ulteriore strappo rialzista è arrivato da un rumors, battuto dall’agenzia Reuters il 21 ottobre e riguardante la zona euro. La nota agenzia di stampa dichiarò che la BCE stesse valutando, dopo il già varato piano di acquisto di covered bond, la possibilità di acquistare anche titoli di debito delle aziende sul mercato secondario. Un’altra notizia che ha spinto ulteriormente in alto gli indici e questo nonostante la successiva smentita dell’Eurotower ma anche questo non ha fatto una gran differenza, essendosi i mercati ormai convinti dell’ineluttabile subentro della BCE nel grande casinò del QE globale post FED. Una convinzione maggiormente accresciuta dopo gli esiti degli stress test sulle banche europee e l’ulteriore crisi che ha colpito il sistema bancario nazionale. Il colpo a sorpresa ed in grado di far segnare nuovi massimi storici agli indici USA è arrivato dal Giappone e da quello che la stampa internazionale ha ribattezzato come la “Banzainomics”.

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IL “BANZAI ATTACK”

Il Giappone ha infatti stupito gli operatori già a partire dal giorno dopo la decisione della FED, presentando un’azione “banzai” incentrata su due passaggi ed annunciati prima dal più grande fondo statale pensionistico mondiale e poi dalla BOJ. Il Gpif (Government Pension Investment Fund), fondo che dispone di attivi equivalenti ad oltre 1.100 miliardi di dollari, ha comunicato il 30 ottobre di cambiare la propria allocazione strategica, tagliando la quota posseduta in titoli di stato giapponesi dal 60% al 35% ed azzerando quel 5% di minima liquidità detenibile, al fine di orientare i capitali in suo possesso verso un raddoppio degli investimenti in azioni giapponesi ed internazionali, passando così dal 12 al 25% per entrambe le asset class ed innalzando al 15% la percentuale di obbligazioni estere.

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Il giorno successivo è poi toccato ad Haruhiko Kuroda, governatore della banca centrale, il compito di rendere possibile tutto ciò, grazie al nuovo ampliamento del piano di allentamento quantitativo qualitativo denominato QQE. La BOJ ha così deciso di accelerare l‘espansione della base monetaria nell’ordine di altri 10-20mila miliardi di yen l’anno, raggiungendo così la cifra monster di 80.000 miliardi di yen annui, ovvero oltre 720 miliardi di dollari. Una decisione ufficialmente presa a seguito del rallentamento nel trend dell’inflazione, il cui obiettivo è fissato al 2%, al netto della variazione dovuta alle imposte indirette. I bond nel portafoglio della banca centrale aumenteranno ulteriormente, così da garantire la sostanziale monetizzazione dell’intero debito emesso mensilmente dal governo, nonché ed in un evidente giro contabile, si permetterà al fondo pensione di poter alleggerire la sua detenzione di bond a favore dei nuovi obiettivi strategici, senza “turbare” troppo il mercato obbligazionario privato. Un mercato che, sarà un caso, a metà ottobre aveva proprio mostrato una prima “falla”, quando la BOJ non era riuscita per la prima volta da aprile 2013 (inizio del QQE), a raggiungere il suo obiettivo di acquisto mensile di obbligazioni. Infatti solo 2,6 trilioni contro i 3 preventivati furono monetizzati, evidenziando così un rischioso gap tra ciò che desiderava la banca centrale e ciò che il mercato privato era disposto a concedergli. Ecco quindi spiegata la doppia mossa, ovvero, se da un lato è più difficile iniettare liquidità nel sistema, si passa a maggiori acquisti soprattutto su titoli di stato a lunga scadenza e che di fatto le saranno venduti dal fondo pensione nazionale, così da generare l’auspicata inflazione. Inoltre e dopo il tentativo finora non troppo efficace di smuovere i risparmiatori giapponesi dalla loro immensa liquidità, tramite l’introduzione ad inizio 2014 di incentivi fiscali volti a favorirne gli investimenti finanziari con i cosiddetti Nippon Individual Savings Account (NISA), si è deciso di agire con ancor più determinazione nel reflazionare gli asset azionari, al fine di generare un maggior “effetto ricchezza” ed una maggior propensione all’investimento. Lo scopo e la speranza della BOJ è dunque quella di mettere in circolo anche tale enorme liquidità. Una disponibilità privata stimata in oltre il 50% dei 1.600 trilioni di yen di attività finanziarie detenute dalle famiglie nipponiche e che, nei 10 anni pre-Abenomics, ha visto contrarre la componente azionaria fino all’attuale 8% del peso medio in portafoglio. Considerando una tale disaffezione ed il non ottimo andamento del Nikkei da inizio anno, ecco allora che l’Abeconomis entra nella Banzainomics, decidendo non solo di stampare come se vi fosse più un domani, pur di immettere tutta la liquidità ritenuta necessaria dai pianificatori centrali ma indirizzando anche una quota pari al 50% dei risparmi di milioni di pensionati giapponesi nel magico mondo dei mercati azionari. Ed ovviamente il casinò globale ha ampiamente ringraziato, spedendo in orbita il Nikkei di oltre 1000 punti in poche ore ed a nuovi massimi il mercato azionario USA, grazie al potenziale “boost” offerto dai circa 32 trilioni di yen di attivi che verrebbero spostati dalla liquidità e dalle obbligazioni verso altri investimenti da parte del Gpif.

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CONCLUSIONE

La sperimentazione dunque prosegue sempre più affascinante ma resta da capire come finirà per loro e per il resto del mondo. Certamente ed al termine di questo gigantesco esperimento di ricomposizione di attivi e passivi del sistema Giappone, avremo un legame sempre più tenue tra valore intrinseco della moneta ed attività reali sottostanti, ma questo è forse già una realtà ed una decisione presa anche in altre parti del mondo, UK ed USA in primis, in attesa dell’Eurozona e della BCE. Ecco spiegato il perché di tanta euforia sui mercati azionari, l’illusione di liquidità prosegue ed il mondo continua ad essere quel luogo dove le banche centrali acquistano disperatamente tempo, in attesa di una resa dei conti, ormai sempre più prossima. Il vero grande rischio è che i mercati possano perdere fiducia nell’efficacia delle politiche monetarie e quindi, se dovessero manifestarsi tali incertezze, scenderebbero decisamente anche con i tassi a zero, come “timidamente” dimostrato a metà ottobre. Visti i recenti movimenti di scendi e sali, ci sarebbe perciò più di un motivo per temere già ora che qualcosa non funzioni come dovrebbe e forse si dovrebbe aver il coraggio di scendere dalla giostra finché si è in tempo.

L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari. Per domande e chiarimenti potete scrivere a: info@rubensligabue.com

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