Banche,chi beneficerà di più dello scudo – Francesca Gerosa

downloadUn vasto numero di investitori istituzionali tra banche, assicurazioni, Fondazioni bancarie e Cassa depositi e prestiti ha aderito alla creazione del fondo Atlante per assicurare il successo degli aumenti di capitale delle banche più fragili e per risolvere il problema delle sofferenze.

Il fondo avrà 5 miliardi di euro di dotazione iniziale che potrebbe arrivare fino a 6 miliardi: le banche contribuirebbero per 3 miliardi di euro (Intesa Sanpaolo  e Unicredit  con 1 miliardo di euro a testa e con un impatto di -30 punti base sul Cet1, indicano gli analisti di Equita, Ubi Banca  con 500 milioni e le altre banche esclusa Mediobanca  con 500 milioni), le assicurazioni con 1 miliardo, le fondazioni con 500 milioni, Sga (una sorta di bad bank pubblica creata nel 1997) con 500-600 milioni e la Cdp con altri 500-600 milioni di euro. Naturalmente Mps , Banca Carige, la Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca non parteciperanno al progetto.

Il fondo sarà gestito da una società di gestione patrimoniale indipendente (Quaestio Sgr) e potrà intervenire nella sottoscrizione di aumenti di capitale non assorbiti dal mercato a cominciare da quelli della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Una notizia quindi positiva per tutto il settore anche in vista dei diversi aumenti di capitale, in tutto 3,5 miliardi di euro, che alcune popolari si apprestano a lanciare.

Inoltre il fondo potrà acquistare le tranche junior dei non performing loan cartolarizzati dalle banche con lo schema della garanzia pubblica (Gacs). Per facilitare la raccolta di capitale del fondo, il governo potrebbe offrire qualche vantaggio fiscale per tali investimenti e potrebbe anticipare ulteriori misure pe raccelerare il recupero dei Npl,aumentando così il valore di mercato dei crediti inesigibili.

In generale gli analisti valutano l’operazione positivamente visto che riduce i potenziali rischi sistemici. Rimane ancora da capire a quali prezzi verranno vendute le sofferenze al fondo. “Crediamo che la creazione di strumenti per gestire al meglio i prossimi aumenti di capitale e accelerare la cessione delle sofferenze sia positiva per il settore. Anche l’introduzione di nuove misure per accelerare il recupero dei crediti è positiva per il settore in quanto possono aumentare il valore delle sofferenze”, commentano stamani gli analisti di Banca Imi.

In effetti, “il sistema normativo e operativo progettato dal governo mira a eliminare uno dei principali fattori di incertezza che pesa sull’erogazione di credito interno e il recupero delle valutazioni di mercato delle banche: l’accumulo di un enorme stock di crediti deteriorati, pari a 196 miliardi di euro secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca d’Italia”, sottolineano anche gli analisti di Icbpi.

Secondo le ultime indiscrezioni di stampa, le sofferenze dovrebbero essere acquistate dal fondo a valori prossimi a quelli netti iscritti in bilancio. “Tali valutazioni sembrano lontane dalle ultime offerte da parte degli investitori istituzionali, ovvero il 17-20% del valore nominale, che si confronta con un livello di valore di libro di circa il 40-42% nei bilanci delle banche”, notano gli analisti di Icbpi.

Le banche con una più alta percentuale di non performing loan sul book value tangibile, precisano a Icbpi,  saranno dunque le maggiori beneficiarie dell’iniziativa, quindi Mps , le due banche venete prossime a essere quotate,Banca Carige , Banco Popolare , la Banca popolare Emilia Romagna  e il Credito Valtellinese .

“Mentre nel lungo termine vediamo la necessità per il settore di consolidare al fine di ristrutturare i modelli di business delle banche, il fondo Atlante aiuterà alcune banche italiane a risolvere i loro problemi nel breve termine, soprattutto per quanto riguarda il deconsolidamento dei crediti inesigibili. Ribadiamo il nostro rating buy su Unicredit  e accumulate su Intesa Sanpaolo “, aggiungono a Banca Akros.

Tuttavia per gli analisti di Berenberg la necessità di stabilire un fondo di salvataggio mostra la pressione a cui sono sottoposte le banche italiane. “Crediamo che le preoccupazioni circa la qualità dell’attivo e l’adeguatezza patrimoniale insieme ai problemi di liquidità per alcune delle banche italiane più piccole le abbiano portate a questo punto”, osservano a Berenberg.

Questo è un momento cruciale per il settore bancario italiano. “Rimaniamo preoccupati del fatto che un fallimento nella raccolta di capitale da parte di una banca italiana possa alimentare le preoccupazioni sulle regole del bail-in. In effetti temiamo che, se qualsiasi banca italiana dovesse diventare oggetto di un bail-in, questo possa sconfinare in altri Paesi europei, con un ulteriore impatto sui costi di finanziamento delle banche”, avvertono gli analisti di Berenberg.

Da: Milano&Finanza

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