Banche, stress e malagestione

14300J1KQZOG9Z1_stress-test-4-banche-italiane-non-li-superano Gli stress test sulle maggiori banche dell’Unione sono passati e in Italia hanno lasciato diversi feriti e due caduti: Mps e Carige. Ora, prima di parlare di casa nostra, è opportuno vedere come sono stati fatti questi test.  Il metodo era di misurare gli attivi rischiosi (Rwa) e calcolare su di essi il fabbisogno di capitale, ma non tutti gli attivi sono rischiosi allo stesso modo, infatti nella composizione dell’Rwa, il credito pesa per l’ 80%, i rischi di mercato  per il 6% e quelli operativi  per l’11%. Il Sole 24 ore fa qualche esempio:  Deutsche ha Rwa per appena il 22% del suo bilancio di ben 1.580 mld, Commerzbank  per il 38%, Credit Agricole per il 40%, mentre la miglior banca Italiana, Intesa, pur avendo un’ eccedenza di capitale di oltre 10 miliardi, presenta un attivo a rischio del 60%. Questo perché i test hanno punito le banche commerciali, che fanno più crediti e hanno più sofferenze, in particolare le italiane e risparmiato le grandi banche d’affari ,che hanno alti rischi di mercato, nei loro immensi portafogli, fatti di bund, ma anche di azioni, strutturati, cds, derivati, futures. Solo Deutsche ha titoli illiquidi, cioè senza prezzo di mercato , 30 mld contro un capitale di 47. Mentre Eba e Bce valutano tutti i crediti e le sofferenze, chi stabilisce il valore degli assets finanziari? La banca stessa, con validazione della banca centrale del Paese di residenza, in questo caso Bundesbank. Il metodo ha vergognosamente favorito le banche del nord, in particolare francesi e tedesche, che erano già state salvate dallo Stato nelle crisi precedenti , la Germania ha impiegato più di 200 mld di euro per salvare le sue banche e l’Italia 4 mld, mentre i francesi hanno salvato Dexia per ben tre volte e le banche spagnole sono state ricapitalizzate con i soldi del fondo salva Stati per quasi il 20% versati dall’Italia. Se Renzi cercava una ragione per cambiare verso all’Europa, questa era eccellente, ma dubitiamo si sia accorto di ciò che è successo. Comunque, non tutto il male viene per nuocere, grazie a questa operazione le banche italiane si rafforzeranno patrimonialmente e faranno pulizia, per quanto possibile di sofferenze e incagli, infatti diverse hanno superato l’asticella di poco. Una banca in salute come il Credem ,ha già collocato sul mercato primario, quello degli investitori istituzionali, un bond da 700 milioni di euro, segno di preveggenza e prudenza e molte altre la seguiranno, attraverso questa e altre forme, come aumenti di capitale, dismissioni di assets e fusioni. Tutto bene, dunque? No. Restano i problemi di due banche importanti distrutte dalla mala gestione di ristretti gruppi di potere, alleati o subalterni alla politica: Mps e Carige, in entrambe  era socia la cooperazione rossa , il che porta a pensare che quantomeno porti sfortuna,  in entrambe la politica la faceva da padrone e il management faceva gli affari propri, nel senso letterale del termine, come dimostrano indagini e sentenze. Il caso più grave è Mps ,la più antica banca italiana è di fronte all’alternativa della vendita, magari a pezzi o alla nazionalizzazione, ipotesi che considero sciagurata, vorrebbe dire riconfermare la politica sulla plancia di comando e, visti i risultati, sarebbe un’autentica follia. Il ventre molle del sistema è però rappresentato dalle banche di piccole e medie dimensioni, la cui vigilanza è rimasta alla Banca d’Italia, tra di loro diverse sono commissariate de jure o de facto: Cassa di Ferrara, Banca Marche, Popolare dell’Etruria, Marostica, ecc.., più uno stormo di rurali. La buona notizia è che la nostra “spazzatura” è ben visibile, mentre le grandi banche del nord, alla prossima crisi finanziaria scopriranno che i tappeti non bastano a nascondere la sporcizia, ma purtroppo se non pagheranno gli Stati, pagheranno  i clienti e  i risparmiatori. Insomma, in questo caso l’Europa ha cambiato verso e Renzi è contento, anche se non è quello giusto.

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