In Europa, si stanno preparando le norme, che regolamenteranno il nostro futuro e serviranno ad evitare le prossime crisi dei debiti sovrani. Il governo italiano è riuscito a introdurre il concetto di debito aggregato, e cioè, che la salute di uno stato non è data solo dal debito, ma anche dalla ricchezza dei propri cittadini. Il rischio, per l’Italia, è l’attacco della speculazione richiamata dal nostro imponente debito pubblico. Tuttavia, se si calcola anche l’enorme ricchezza data dal risparmio personale dei cittadini italiani, da ultimi della classe passiamo a secondi della lista, dietro la virtuosa Germania. Il punto è, perché gli altri stati, Francia e Germania in primis, hanno accettato la posizione dell’Italia e non ci hanno imposto di dimagrire drasticamente dall’enorme debito pubblico arrivato oramai a 1900 miliardi di euro o 120% del PIL? Ma facciamo un passo indietro.Il termine “PIIGS” (in inglese pigs sono i maiali) sta ad indicare la lettera iniziale del nome di 5 stati sovrani europei, che hanno “mangiato” un po’ troppo e hanno problemi di debito pubblico e cioè: Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.La crisi del debito sovrano dei paesi “PIIGS” è iniziata all’inizio del 2010 con la crisi greca.Poi è stata la volta dell’Irlanda e la settimana scorsa è toccato al Portogallo, andare con il cappello in mano a chiedere gli aiuti all’UE.In tutti e tre i casi il copione è stato simile; debito e spesa pubblica del paese fuori controllo, crisi di liquidità alle aste per finanziarsi e boom dei rendimenti offerti per poter collocare i titoli del debito, declassamento da parte dalle agenzie di rating.Delle tre “piaghe” moderne di cui sopra, forse quella più devastante, per gli effetti che produce, è il declassamento del rating; chiamate le tre sorelle, Moody’s, Fitch e Standard & Poor sono agenzie che, dal ’29, danno giudizi di affidabilità a stati e società.Più è alto il giudizio, meno si paga di interessi e viceversa.Il punto è, che i fondi di investimento, usano dei benchmark qualitativi e investono per classi di merito; al di sotto di una classe di merito non scendono. E’ un meccanismo di tutela dei risparmiatori, che viene inserito nel regolamento del fondo e viene interpretato alla lettera; se uno strumento finanziario o una classe di questi scendono sotto un certo standard di rating vanno ceduti, ed alla veloce, per non andare contro il regolamento.E comunque un titolo di debito di uno stato, sotto un certo rating, diventa prima inappetibile, poi carta straccia.Grecia, Irlanda e Portogallo, tre paesi sovrani con storie diverse, ma che hanno fatto la stessa fine, andati cioè in bailout, anche a seguito dell’avvitamento prodotto dall’effetto dominio.Il piano di aiuti alla Grecia è costato 110 miliardi, quello dell’Irlanda 85, e quello del Portogallo 80 miliardi.Dopo i tre botti, il mercato teme la crisi della Spagna; disoccupazione al 20%, scoppio della bolla immobiliare, debito pubblico eccessivo, PIL fermo da tempo; ma il default spagnolo, si calcola, non costerebbe all’UE meno di 400 miliardi di euro.Anche in previsione di altri salvataggi, l’UE ha portato la disponibilità del Meccanismo Europeo Permanente di Stabilità a 700 miliardi di euro: di cui 620 miliardi fra capitale a richiesta e garanzie, e 80 miliardi di capitale in contanti, pagati dagli stati membri in 5 rate annuali uguali a partire dal 2013 e fino al 2017.Ecco, siamo arrivati al perché, in Europa, hanno accettato la nostra linea.Diciamo noi: perché se ci avessero obbligato a ridurre drasticamente il debito, non avremmo poi avuto i soldi per contribuire al fondo salva stati europeo. La quota della Banca d’Italia nella BCE è del 12%: nel fondo ESM dobbiamo però contribuire con il 17,9%. Questi sono i soliti misteri delle decisioni economiche italiane in europa; dopo il cambio lira/euro, che ancora grida vendetta, ora dobbiamo anche tirare fuori più soldi, rispetto alla nostra quota BCE.Comunque sia, il 18% di 700 miliardi sono 126 miliardi di euro.Le fredde cifre dicono poco, se non le compariamo con qualcosa di attuale; le ultime due finanziarie del governo, che ancora attirano strali da parte di amministratori di comuni, provincie e regioni, ammontavano complessivamente a circa 14 miliardi di euro.Stiamo parlando, cioè, di replicare per ben dieci volte le ultime due manovre finanziarie del governo italiano. E senza alcun tipo di beneficio per noi, ma solo per aiutare gli altri.E’ vero, che l’Italia, avrebbe dovuto sborsare solo 14 miliardi di cui metà entro il 2013 ed il resto come garanzie, ma la verità è che Grecia, Irlanda e Portogallo hanno già bruciato 275 miliardi, e Grecia e Irlanda hanno pure provato a rinegoziare gli aiuti appena concessi.Se salta la Spagna sono altri 400 miliardi ed il fondo poi chiude, perché sono finiti i soldi (110 + 85 + 90 + 400 = 685 miliardi su di un fondo di 700).A questo punto, però, per il quinto paese PIIGS, l’Italia, sono finiti gli aiuti europei.In più, l’Italia dovrà tirare fuori e prestare garanzie per qualcosa come 126 miliardi di euro.Che si vanno ad aggiungere al debito pubblico di 1900 miliardi di euro, ad una tassazione personale e del lavoro superiore di parecchi punti rispetto a quella europea, in un paese che ha un costo dell’energia circa il 30% più alto rispetto ai nostri competitors, un paese in crisi strutturale con una crescita, che è la metà rispetto al resto dell’Europa.Dal 2012, poi, l’Europa obbliga tutti i paesi UE a elevato debito pubblico ad abbatterlo in ragione di uno 0,5% all’anno, o facendo crescere il PIL o abbassando il debito.Se si abbatte il debito, visto che il PIL è al momento alquanto asfittico, sono altri 9 miliardi all’anno che si aggiungono al carico da 90 precedente.Alla fine della corsa della crisi europea, c’è un bersaglio finale, creato dall’addensarsi di diversi fattori di rischio; che si chiama Italia.Cosa fare, quindi, per non finire in una situazione di game over sotto l’attacco della speculazione e senza aspettarci l’aiuto della macchina europea, che ha le ruote sgonfie?Per prima cosa bisogna prevenire il problema del rating preparando delle soluzioni legislative, che impediscano l’avvitamento automatico.Poi bisognerà evitare di sperperare i piccoli tesoretti, che potrebbero presto servirci, quali il patrimonio della Cassa Depositi e Prestiti.Infine programmare, da subito, un piano di sviluppo, che attraverso l’abbassamento della leva fiscale, faccia ripartire l’economia nella parte del paese dove c’è l’evasione fiscale, e cioè tutto il sud Italia.