L’ANALISI: un fondo dalle spalle troppo strette per reggere l’intero sistema ma utile a comprare tempo
Per gli operatori è un salvagente solo per i problemi di capitale più urgenti
L’ultima ottava per la Borsa italiana è stata indubbiamente animata da forti movimenti e questo a seguito delle notizie via via trapelate prima tramite rumors e poi ufficializzate dal governo sull’imminente avvio di un progetto dalle ambizioni “sistemiche” denominato Atlante, ossia la realizzazione di un fondo il cui nome rievoca il mitologico Titano che reggeva sulle spalle il peso della volta celeste ed il cui scopo sarebbe quello di sorreggere il sistema bancario italiano.
Un sostegno sempre più impellente visto l’andamento delle quotazioni bancarie da fine novembre ad oggi, ovvero dal primo intervento governativo col decreto “salva banche” a quello attuale in forma privatistica nel quale il governo ed il Ministero delle Finanze hanno assunto solo il ruolo di “facilitatori”, come dichiarato dal ministro Pier Carlo Padoan.
COS’E’ ATLANTE
E’ un fondo che nascerà in maggio grazie all’apporto di capitali privati forniti soprattutto da Unicredit e Intesa Sanpaolo, con una partecipazione stimata in un miliardo a testa, seguito da altri enti quali Fondazioni, Cassa Depositi e Prestiti, altre banche in quota minore e dai principali gruppi assicurativi, oltre ad eventuali ed ulteriori soggetti privati. Il fondo partirà con una dotazione iniziale di 3 miliardi ma avrà un plafond stimato di circa il doppio e sarà amministrato da una società di gestione di nome Quaestio Sgr.
QUALI SCOPI
Formalmente è perciò un fondo privato ibrido il cui scopo sarà prima di tutto quello di garantire il buon esito degli imminenti aumenti di capitale di alcune banche italiane, quali Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca ed in futuro, secondo la maggior parte dei media, semmai utile anche in altre situazioni complesse come nei successivi aumenti di Banco Popolare o Carige e senza dimenticare l’annosa questione del Monte dei Paschi di Siena. Quest’ultima banca sarà probabilmente tra le prime beneficiarie dell’altro scopo del fondo, ossia quello di acquisto dei cosiddetti crediti problematici ed in sofferenza (Non Performing Loans) che appesantiscono negativamente i bilanci di molteplici banche italiane.
PERCHE’ ORA
Per molti clienti delle quattro banche fallite potrà sembrare una beffa dopo il danno subito a seguito del “salvataggio” di Popolare Etruria, Banca Marche, CR Ferrara e CR Chieti, non fosse altro perché l’urgente nascita del fondo troverebbe motivazione principale nel sostegno ad altre due banche, quelle venete per l’appunto. Atlante garantirebbe infatti l’aumento di capitale imposto da BCE, evitando così l’applicazione della direttiva europea inerente la risoluzione delle crisi bancarie nota al pubblico con il termine più generico di “bail in”. Nel documento riservato e pubblicato da Il Messaggero emerge infatti in modo evidente come siano i feedback raccolti in via preliminare da potenziali investitori istituzionali nelle fasi di pre-marketing di entrambe le operazioni e la possibilità di non attivare la garanzia da parte dei membri dei consorzi di garanzia a rendere molto probabile il fatto che una quota preponderate dei € 2,5 miliardi annunciati complessivamente dalle due banche venete non venga sottoscritta, aspetto che ha urgentemente portato alla elaborazione del progetto Atlante, non fosse altro perché l’eventuale insuccesso degli aumenti di capitale annunciati potrebbe portare ad una crisi sistemica del settore. Il documento prosegue dicendo che “si assisterebbe a rilevanti ripercussioni per l’intero sistema finanziario, per la fiducia dei consumatori, e in ultima istanza per la ripresa economica del nostro Paese” in questo scenario sono contemplati “fuga dei depositi, incremento del costo del funding, perdite sulle esposizioni dirette o indirette verso le banche, perdite sui portafogli d’investimento di imprese e famiglie, ingenti perdite per famiglie e individui sui titoli di debito delle banche in ‘resolution’, effetti negativi sull’economia reale”, insomma un disastro di proporzioni mitologiche.
SISTEMA SOLIDO ?
A leggere la bozza riservata viene da pensare che di solido vi sia ben poco se tali fossero gli effetti reali innescabili e forse le dichiarazioni più appropriate in merito al fondo Atlante sono da ritrovarsi nelle parole del professor Carlo Alberto Carnevale Maffé, docente della Bocconi che all’ANSA ha detto “Atlante ha le spalle strette e le gambe molli. Il fondo è una mossa della disperazione – messa in atto grazie alla residua credibilità della “vecchia guardia” della governance bancaria italiana – davanti all’urgenza e alla gravità del riassetto del sistema bancario, che oggi raschia il fondo del barile finanziario nazionale per provare a sostenere le crisi più urgenti e acute”. Secondo il professor Alberto Bagnai, il fondo Atlante sarebbe una operazione impostata in fretta e furia per puntellare il sistema a fronte del rifiuto dei mercati di sostenere le banche italiane più o meno decotte/deficitarie di capitale e di fatto sposterebbe perdite in conto capitale da una parte all’altra del sistema finanziario, con l’unico scopo di far sopravvivere il sistema in attesa della “ripresa”.
“FURBATA ITALICA”
Lo schema del fondo sembrerebbe avere più che altro le caratteristiche di una partita di giro, ossia voler realizzare un veicolo finalizzato a:
- spostare l’impegno diretto e formale dei due principali gruppi bancari dal loro bilancio a quello del fondo Atlante. In caso di mancato successo negli aumenti di capitale per Popolare Vicenza e Veneto banca, sarebbero infatti scattati gli impegni in extremis del gruppo Unicredit e di banca Intesa per il tramite di banca IMI ma stando alle dichiarazioni di Ghizzoni, la sottoscrizione diretta dell’inoptato da parte di Unicredit e la partecipazione diretta al fondo Atlante non possono coesistere, “una esclude l’altra” ha sottolineato l’amministratore delegato. Fatto non secondario visto e considerato che la partecipazione al fondo è di 1 miliardo a fronte di un aumento di capitale per Popolare Vicenza pari a 1,75 miliardi.
- il fondo Atlante poi risulterà essere, se rimarranno fondi sufficienti post aumenti vari, un veicolo alimentato prevalentemente dalle banche al fine di comprare dalle stesse banche gli NPL, ossia quei crediti deteriorati presenti nei loro bilanci. Togliendoli però a prezzi semmai prossimi ai valori registrati in bilancio e dunque ben superiori e quasi doppi, rispetto a quelli stimati dopo i casi Etruria & c. e molto lontani dai prezzi offerti per il tramite dei cosiddetti “fondi avvoltoio”, quali ad esempio il fondo USA Apollo su banca Carige. Per Guzzetti, presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo, grazie ad Atlante “le nostre banche non vengono depauperate delle loro sofferenze, attraverso l’azione di questi speculatori” un fatto potenzialmente vero, dietro cui però si cela il reale vantaggio per il sistema bancario, ossia la possibilità di vendere tali crediti al fondo d’emergenza a prezzi “calmierati” e meno compromettenti. Un artificio contabile in grado allontanare nel tempo il rischio di ulteriori aumenti di capitale o di più drastiche risoluzioni bancarie.
CONCLUSIONI
La “deadline” per Atlante è fissata per fine mese e salvo imprevedibili stop europei, quello che appare all’orizzonte non sembra perciò essere una vera e propria soluzione per il settore ma piuttosto uno strumento mirato a risolvere un problema immediato, ossia gli aumenti di capitali di talune banche mentre per il più annoso e strutturale problema del credito ci vorrà ben più di qualche miliardo, seppur potenzialmente dopabile dalla leva finanziaria, per far fronte al moloch delle sofferenze e senza considerare un altro aspetto che per ora si fa finta di ignorare, ossia l’enorme stock di debito pubblico detenuto dal sistema bancario.
L’ANALISI: un fondo dalle spalle troppo strette per reggere l’intero sistema ma utile a comprare tempo
Atlante, fondo con ambizioni mitologiche
Per gli operatori è un salvagente solo per i problemi di capitale più urgenti
L’ultima ottava per la Borsa italiana è stata indubbiamente animata da forti movimenti e questo a seguito delle notizie via via trapelate prima tramite rumors e poi ufficializzate dal governo sull’imminente avvio di un progetto dalle ambizioni “sistemiche” denominato Atlante, ossia la realizzazione di un fondo il cui nome rievoca il mitologico Titano che reggeva sulle spalle il peso della volta celeste ed il cui scopo sarebbe quello di sorreggere il sistema bancario italiano.
Un sostegno sempre più impellente visto l’andamento delle quotazioni bancarie da fine novembre ad oggi, ovvero dal primo intervento governativo col decreto “salva banche” a quello attuale in forma privatistica nel quale il governo ed il Ministero delle Finanze hanno assunto solo il ruolo di “facilitatori”, come dichiarato dal ministro Pier Carlo Padoan.
COS’E’ ATLANTE
E’ un fondo che nascerà in maggio grazie all’apporto di capitali privati forniti soprattutto da Unicredit e Intesa Sanpaolo, con una partecipazione stimata in un miliardo a testa, seguito da altri enti quali Fondazioni, Cassa Depositi e Prestiti, altre banche in quota minore e dai principali gruppi assicurativi, oltre ad eventuali ed ulteriori soggetti privati. Il fondo partirà con una dotazione iniziale di 3 miliardi ma avrà un plafond stimato di circa il doppio e sarà amministrato da una società di gestione di nome Quaestio Sgr.
QUALI SCOPI
Formalmente è perciò un fondo privato ibrido il cui scopo sarà prima di tutto quello di garantire il buon esito degli imminenti aumenti di capitale di alcune banche italiane, quali Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca ed in futuro, secondo la maggior parte dei media, semmai utile anche in altre situazioni complesse come nei successivi aumenti di Banco Popolare o Carige e senza dimenticare l’annosa questione del Monte dei Paschi di Siena. Quest’ultima banca sarà probabilmente tra le prime beneficiarie dell’altro scopo del fondo, ossia quello di acquisto dei cosiddetti crediti problematici ed in sofferenza (Non Performing Loans) che appesantiscono negativamente i bilanci di molteplici banche italiane.
PERCHE’ ORA
Per molti clienti delle quattro banche fallite potrà sembrare una beffa dopo il danno subito a seguito del “salvataggio” di Popolare Etruria, Banca Marche, CR Ferrara e CR Chieti, non fosse altro perché l’urgente nascita del fondo troverebbe motivazione principale nel sostegno ad altre due banche, quelle venete per l’appunto. Atlante garantirebbe infatti l’aumento di capitale imposto da BCE, evitando così l’applicazione della direttiva europea inerente la risoluzione delle crisi bancarie nota al pubblico con il termine più generico di “bail in”. Nel documento riservato e pubblicato da Il Messaggero emerge infatti in modo evidente come siano i feedback raccolti in via preliminare da potenziali investitori istituzionali nelle fasi di pre-marketing di entrambe le operazioni e la possibilità di non attivare la garanzia da parte dei membri dei consorzi di garanzia a rendere molto probabile il fatto che una quota preponderate dei € 2,5 miliardi annunciati complessivamente dalle due banche venete non venga sottoscritta, aspetto che ha urgentemente portato alla elaborazione del progetto Atlante, non fosse altro perché l’eventuale insuccesso degli aumenti di capitale annunciati potrebbe portare ad una crisi sistemica del settore. Il documento prosegue dicendo che “si assisterebbe a rilevanti ripercussioni per l’intero sistema finanziario, per la fiducia dei consumatori, e in ultima istanza per la ripresa economica del nostro Paese” in questo scenario sono contemplati “fuga dei depositi, incremento del costo del funding, perdite sulle esposizioni dirette o indirette verso le banche, perdite sui portafogli d’investimento di imprese e famiglie, ingenti perdite per famiglie e individui sui titoli di debito delle banche in ‘resolution’, effetti negativi sull’economia reale”, insomma un disastro di proporzioni mitologiche.
SISTEMA SOLIDO ?
A leggere la bozza riservata viene da pensare che di solido vi sia ben poco se tali fossero gli effetti reali innescabili e forse le dichiarazioni più appropriate in merito al fondo Atlante sono da ritrovarsi nelle parole del professor Carlo Alberto Carnevale Maffé, docente della Bocconi che all’ANSA ha detto “Atlante ha le spalle strette e le gambe molli. Il fondo è una mossa della disperazione – messa in atto grazie alla residua credibilità della “vecchia guardia” della governance bancaria italiana – davanti all’urgenza e alla gravità del riassetto del sistema bancario, che oggi raschia il fondo del barile finanziario nazionale per provare a sostenere le crisi più urgenti e acute”. Secondo il professor Alberto Bagnai, il fondo Atlante sarebbe una operazione impostata in fretta e furia per puntellare il sistema a fronte del rifiuto dei mercati di sostenere le banche italiane più o meno decotte/deficitarie di capitale e di fatto sposterebbe perdite in conto capitale da una parte all’altra del sistema finanziario, con l’unico scopo di far sopravvivere il sistema in attesa della “ripresa”.
“FURBATA ITALICA”
Lo schema del fondo sembrerebbe avere più che altro le caratteristiche di una partita di giro, ossia voler realizzare un veicolo finalizzato a:
- spostare l’impegno diretto e formale dei due principali gruppi bancari dal loro bilancio a quello del fondo Atlante. In caso di mancato successo negli aumenti di capitale per Popolare Vicenza e Veneto banca, sarebbero infatti scattati gli impegni in extremis del gruppo Unicredit e di banca Intesa per il tramite di banca IMI ma stando alle dichiarazioni di Ghizzoni, la sottoscrizione diretta dell’inoptato da parte di Unicredit e la partecipazione diretta al fondo Atlante non possono coesistere, “una esclude l’altra” ha sottolineato l’amministratore delegato. Fatto non secondario visto e considerato che la partecipazione al fondo è di 1 miliardo a fronte di un aumento di capitale per Popolare Vicenza pari a 1,75 miliardi.
- il fondo Atlante poi risulterà essere, se rimarranno fondi sufficienti post aumenti vari, un veicolo alimentato prevalentemente dalle banche al fine di comprare dalle stesse banche gli NPL, ossia quei crediti deteriorati presenti nei loro bilanci. Togliendoli però a prezzi semmai prossimi ai valori registrati in bilancio e dunque ben superiori e quasi doppi, rispetto a quelli stimati dopo i casi Etruria & c. e molto lontani dai prezzi offerti per il tramite dei cosiddetti “fondi avvoltoio”, quali ad esempio il fondo USA Apollo su banca Carige. Per Guzzetti, presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo, grazie ad Atlante “le nostre banche non vengono depauperate delle loro sofferenze, attraverso l’azione di questi speculatori” un fatto potenzialmente vero, dietro cui però si cela il reale vantaggio per il sistema bancario, ossia la possibilità di vendere tali crediti al fondo d’emergenza a prezzi “calmierati” e meno compromettenti. Un artificio contabile in grado allontanare nel tempo il rischio di ulteriori aumenti di capitale o di più drastiche risoluzioni bancarie.
CONCLUSIONI
La “deadline” per Atlante è fissata per fine mese e salvo imprevedibili stop europei, quello che appare all’orizzonte non sembra perciò essere una vera e propria soluzione per il settore ma piuttosto uno strumento mirato a risolvere un problema immediato, ossia gli aumenti di capitali di talune banche mentre per il più annoso e strutturale problema del credito ci vorrà ben più di qualche miliardo, seppur potenzialmente dopabile dalla leva finanziaria, per far fronte al moloch delle sofferenze e senza considerare un altro aspetto che per ora si fa finta di ignorare, ossia l’enorme stock di debito pubblico detenuto dal sistema bancario.
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