Polonia
- Nel 2015 la crescita del PIL in Polonia è migliorata (+3,6% annuo rispetto a +3,3% nel 2014), guidata dai consumi privati, che sono stati sostenuti dalla discesa del prezzo del petrolio, dall’aumento dei salari reali e dalla riduzione della disoccupazione; gli investimenti hanno beneficiato dei fondi europei ed il contributo della bilancia commerciale è stato modesto ma positivo. All’inizio del 2016 la crescita dovrebbe essere rimasta intorno a questi livelli, come segnalato dall’elevato livello degli indicatori di sentiment, delle vendite al dettaglio e della produzione industriale. Le pressioni deflazionistiche tuttavia non si attenuano, guidate principalmente dall’andamento del petrolio, e la Banca Centrale ha un atteggiamento più neutrale, con la possibilità di ulteriori tagli dei tassi spostata nel secondo semestre. La bilancia delle partite correnti rimane prossima alla parità.
- Gli ultimi 6 mesi sono stati particolarmente turbolenti per la Polonia dal punto di vista politico, poiché come previsto l’insediamento del nuovo Governo non è stato completamente indolore. I rapporti tra il Governo di destra e l’Unione Europea sono più conflittuali ed i cambiamenti delle leggi sulla libertà di stampa e sulla Corte Costituzionale creano il rischio di una procedura d’infrazione. La politica fiscale sta virando in senso meno ortodosso, con un aumento selettivo delle imposte (sul settore bancario e potenzialmente della grande distribuzione) per finanziare una serie di misure populistiche (in particolare l’assegno di sostegno per le famiglie con figli e la riduzione dell’età pensionabile). A sorpresa in gennaio S&P ha tagliato il rating di un livello a BBB+ citando proprio il deterioramento della qualità delle istituzioni e della credibilità della politica economica. Il deficit pubblico dovrebbe tuttavia rimanere intorno al 3% del PIL per non incorrere nella procedura per deficit eccessivo che può limitare l’afflusso dei fondi europei.
- Il fondamentali macroeconomici della Polonia sono solidi, in particolare crescita e bilancia dei pagamenti, ma il cambio di politica economica in senso meno ortodosso, la maggior conflittualità con le autorità europee, l’ultima proposta di ristrutturazione dei mutui in CHF onerosissima per le banche e l’inatteso downgrade di S&P hanno spinto al rialzo lo spread della Polonia, anche se l’impatto sui prezzi dei bond è stato più che compensato dalla discesa dei tassi. Come mostra il caso dell’Ungheria, un Governo nazionalista con politica economica non ortodossa non implica necessariamente un drastico peggioramento dei conti pubblici o della crescita economica, tuttavia la maggior imprevedibilità delle azioni di Governo alimenterà la volatilità dello spread, continuando a rendere il profilo rischio/rendimento dei bond della Polonia (soprattutto in Euro) non particolarmente attraente.
Ungheria
- Grazie ad una significativa accelerazione nel 4Q, l’economia dell’Ungheria ha registrato una solida performance nel 2015 a +2,9% rispetto al 2014, con un contributo positivo da tutti i segmenti. La domanda domestica continua ad essere trainata dalla politica fiscale e monetaria espansive, dall’utilizzo dei fondi europei, dalla riduzione della disoccupazione, dall’aumento del potere d’acquisto legata alla riduzione del prezzo del petrolio ed all’aumento dei salari. Anche se le importazioni sono aumentate, il forte legame con la produzione industriale tedesca ha ancora permesso alla bilancia commerciale di contribuire positivamente alla crescita. Per il 2016 vi sono rischi al rialzo sul target di crescita governativo del 2,5%.
- Gran parte del sostegno alla domanda domestica è legato alle politiche economiche non ortodosse introdotte dal Governo, come la conversione dei prestiti in valuta estera in fiorini ungheresi o i piani di finanziamento per le imprese della Banca Centrale. Considerando le persistenti pressioni disinflazionistiche, la Banca Centrale rimane fermamente «dovish», anche per prevenire l’apprezzamento del fiorino contro Euro. La riduzione della leva finanziaria dell’economia è ben avviata, sostenuta da forti surplus della bilancia delle partite correnti.
- Nonostante i caratteri populisti del Governo guidato da Viktor Orban e l’ampia adozione di iniziative economiche non ortodosse, il Governo ungherese ha ormai acquisito una certa reputazione di affidabilità nella gestione dei conti pubblici. Anche se la leva fiscale è ampiamente usata per sostenere l’economia, la soglia di deficit/PIL del 3% è rispettata da anni e, grazie ai tassi di crescita economica elevati, il debito pubblico continua lentamente a diminuire, pur rimanendo ad un significativo 76% del PIL.
- La view sul credito sovrano dell’Ungheria è positiva grazie ai solidi fondamentali macroeconomici ed alla credibilità del Governo sul fronte fiscale, nonostante molte iniziative paiano controverse. Ora che Moody’s e Fitch hanno un outlook sul rating positivo, è altamente probabile che l’Ungheria torni ad avere un rating investment grade da almeno un’agenzia nel corso del 2016, probabilmente Fitch in maggio. Lo spread dell’Ungheria è sufficientemente largo da compensare i fattori di rischio politico, legati principalmente alla retorica populista e nazionalista del Governo (recentemente rinfocolata dalla crisi dei migranti), e da attirare flussi alla ricerca di carry sulla scia del «quantitative easing» della BCE. Grazie al programma di funding domestico sostenuto dalla Banca Centrale, l’Ungheria non raccoglie sul mercato primario dal 2014, quindi vi è carenza di offerta. A causa dei prezzi elevati dei bond in Euro, consigliamo di posizionarsi sui bond in US$ o sul mercato primario (atteso 1 miliardi di Euro nel 2016).
Romania
- La crescita economia della Romania è migliorata fortemente nel secondo semestre del 2015, chiudendo l’anno a +3,8% rispetto al 2014: anche se la bilancia commerciale ha contribuito negativamente, l’impatto della forte espansione fiscale varata dal Governo ed il maggiore utilizzo dei fondi europei hanno spinto la domanda domestica più del previsto, in particolare i consumi, che si sono trovati nella condizione ottimale di riduzione delle imposte, aumento dei salari nominali e reali, bassa inflazione (anche grazie all’andamento del petrolio) e aumento dell’erogazione di credito dopo la pulizia del bilancio delle banche degli ultimi 2 anni. I rischi sulla crescita per il 2016 sono al rialzo, poiché nuove misure fiscali espansive sono entrate in vigore da gennaio e l’agricoltura dovrebbe tornare a contribuire positivamente dopo la siccità. Per queste ragioni la Banca Centrale mantiene un tono «hawkish» nonostante le pressioni disinflazionistiche, legate in parte anche al recente taglio dell’IVA.
- Il Governo tecnocratico attualmente al potere gode del sostegno dei principali partiti in Parlamento e del favore dei mercati finanziari e dovrebbe pertanto sopravvivere fino alle elezioni parlamentari di fine anno. In vista degli appuntamenti elettorali, la politica fiscale rimarrà altamente espansiva ma il Governo dovrebbe comunque cercare di limitare il deterioramento dei conti pubblici al 3% di deficit/PIL per non incorrere nella procedura europea per deficit eccessivo e parte da una posizione di indebitamento molto solita (debito pubblico/PIL previsto poco oltre il 40% nel 2016). Anche se l’avanzata dei partiti populisti crea rischi per un’ulteriore espansione fiscale, la sostenibilità dei conti pubblici non sembra a rischio ed i giudizi delle agenzie di rating rimangono positivi (Moody’s ha alzato l’outlook a positivo in dicembre).
- La view sul credito sovrano della Romania rimane positiva, considerando i buoni fondamentali macroeconomici ed il momentum positivo del rating. Lo spread dei bond in Euro sembra sufficientemente largo da compensare i rischi politici per la fine dell’anno e può beneficiare dell’effetto contagio del «quantitative easing» della BCE, attirando flussi in cerca di carry. La parte lunga della curva è la più attraente. Considerando i prezzi relativamente elevati dei bond, la strategia migliore è di comprare sul mercato primario, considerando che la Romania prevede di emettere 1,75/2 miliardi di Euro entro il primo semestre dell’anno.