Analisi Bulgaria e Croazia

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  • La ripresa dell’economia della Bulgaria è continuata in tutto il 2015, permettendo di chiudere l’anno con un’espansione del 3% rispetto al 2014, chiudendo in gran parte il differenziale con il resto dell’Europa Orientale. Le esportazioni sono state il principale driver, anche se la domanda domestica è tornata a contribuire positivamente nel secondo semestre, a dispetto dell’austerità fiscale, dopo che il deficit pubblico aveva sfondato il 3% del PIL nel 2014 per rimborsare i depositi di alcune banche fallite. La nostra view sul credito sovrano della Bulgaria rimane positiva poiché l’accelerazione dell’economia si aggiunge agli altri elementi di supporto (solidi conti pubblici e con l’estero, stabilità di Governo e di politica economica). Lo spread inoltre rimane elevato rispetto ad un emittente di pari rating come la Romania per via dell’esposizione alla Grecia (che crea occasionalmente volatilità) e della turbolenza del settore bancario (in via di risanamento), contribuendo a creare un profilo di rischio/rendimento interessante.
  • L’economia della Serbia è tornata a crescere nel corso del 2015 guidata dagli investimenti fissi e dall’export che hanno compensato l’austerità fiscale imposta dal piano di sostegno del Fondo Monetario Internazionale. Dopo le elezioni indette per il 24 aprile che dovrebbero confermare l’attuale Governo del Primo Ministro Vucic, la Serbia dovrebbe trovarsi nella posizione al momento piuttosto rara di essere sottoposta ad un piano dell’FMI del quale rispetta o supera i target, di avere un elettorato pro- Europa ed un Governo complessivamente pro-riforme che accompagnerà il Paese lungo tutto il percorso di ingresso nell’Unione Europea (previsto nel 2020). Sia Moody’s che Fitch hanno outlook positivo sul rating. Anche se il credito sovrano della Serbia è vulnerabile sul fronte dell’indebitamento pubblico e di eventuali ritardi nell’implementazione delle riforme, a questo livello di spread il profilo di rischio/rendimento sembra attraente.

 

Croazia

 

  • Dopo 6 anni di recessione, l’economia della Croazia è tornata a crescere nel 2015 (+1,6% rispetto al 2014): all’export ed all’afflusso record di turisti, che già avevano guidato l’economia fuori dalla recessione nel 4Q 2014, si sono aggiunti la continua discesa della disoccupazione e l’effetto positivo sul reddito privato dalla riduzione delle imposte sul reddito e del calo del petrolio, che hanno sostenuto i consumi privati. La bilancia delle partite correnti rimane in solido surplus. Peraltro la crescita della Croazia rimane ben inferiore a quella degli altri Paesi dell’Europa Orientale, dal momento il potenziale di crescita è fortemente limitato dalla debolezza degli investimenti e delle istituzioni e dal ritardo nelle riforme strutturali.
  • In gennaio si è insediato un nuovo Governo «tecnico» con un orientamento più chiaramente riformista, ma l’esiguità della maggioranza in Parlamento che lo sostiene non dissipa completamente i dubbi sulla stabilità politica. Il budget per il 2016 appena approvato prevede la discesa del deficit sotto il 3% del PIL; anche se questo target sembra troppo ambizioso, il Governo ha mostrato comunque un forte impegno ad uscire dalla procedura per deficit eccessivo della Commissione Europea con un budget complessivamente credibile e ad aumentare l’utilizzo dei fondi europei, che fino al 2015 è stato uno dei più bassi in Europa.
  • Il problema principale della Croazia rimane l’indebitamento, sia pubblico (quasi il 90% del PIL nel 2015) che esterno (100% del PIL), circa il doppio della media dei Paesi Emergenti di pari rating. Anche se la struttura del debito pubblico lo rende gestibile e non vi è il rischio imminente di crisi della bilancia dei pagamenti, la crescita economica, la continua deflazione e l’accumulo dei deficit pubblici lo pongono su una traiettoria difficilmente sostenibile nel medio lungo termine.
  • Con l’emergere dalle elezioni di dicembre della prospettiva di un Governo tecnico più focalizzato sul controllo dei conti pubblici e senza nuove emissioni sul mercato tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, i bond della Croazia hanno sovraperformato nel 1Q 2016 il resto dell’Europa Orientale. L’impegno del Governo sulla riduzione del deficit, unito al surplus delle partite correnti ed all’adesione all’Unione Europea, potrebbe sostenere ancora il credito, ma la sostenibilità del debito pubblico rimane il principale punto debole, un caso unico in Europa Orientale, e mantiene il momentum sul rating saldamente negativo (Moody’s ha tagliato a marzo il rating a Ba2 con outlook negativo, Fitch e S&P hanno mantenuto BB con outlook negativo). La crisi dei rifugiati rappresenta un rischio crescente per la Croazia, soprattutto per la stabilità politica (il turismo potrebbe invece beneficiare dalla chiusura della rotta balcanica e della maggiore tensione in Turchia). Sulla base di queste considerazioni, miglioriamo la nostra view sul debito sovrano della Croazia da negativo a neutrale.

 

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